redazione il torinese

Gramsci e la vulgata torinese

di Pier Franco Quaglieni *

Sono passati 80 anni dalla morte di Antonio  Gramsci in una clinica romana dopo lunghi e terribili anni di prigione nel carcere di Turi che ne avevano minato il fisico. Chiunque abbia vissuto quell’esperienza drammatica, scontando la coerenza delle sue idee, merita rispetto, anzi ammirazione. Sandro Pertini che fu suo compagno di carcere, ha testimoniato della  sua altissima  dignità e delle sofferenze  vissute da Gramsci . Sicuramente Gramsci è stato una “figura dell’Italia civile ” che ricorderò nel secondo volume del mio libro che uscirà il prossimo anno. Un conto è Gramsci e un conto sono i gramsciani , in particolare quelli torinesi. Torino è profondamente legata al nome di Gramsci che nella nostra città ha lasciato il segno della sua opera come giovane socialista, direttore dell’”Ordine Nuovo”, animatore dei Consigli operai alla Fiat nel 1920 e fondatore dell’”Unità”. Ci fu addirittura  chi non voleva che nell’edificio in cui abitò in piazza Carlina, fosse creato un albergo che era visto come una dissacrazione di quel luogo. Esagerazioni  assurde sia perché a Roma nella casa che Gramsci abitò da parlamentare, era da tempo operante un albergo, sia perché la proprietà dell’edificio, per calmare le acque,  vi ospitò anche l’Istituto Gramsci  che ha una succursale, in effetti assai poco frequentata, in Via Maria Vittoria angolo via San Massimo. Torino si è distinta più di ogni altra città nelle commemorazioni ,in particolare presso il Polo del ‘900,vera e propria cittadella della cultura a senso unico, in cui l’egemonia dell’Istituto “Gramsci” è colta persino dagli stessi ospiti del Polo.

Il valore dell’eredità gramsciana  sotto e oltre la Mole 

Benedetto Croce, leggendo le sue “Lettere dal carcere “nel 1945, disse alle figlie che Gramsci “era uno dei nostri” proprio per l’afflato umano che le lettere dimostravano  e che restano il suo capolavoro, mentre i “Quaderni” rivelano vistosamente  i limiti del tempo e l’angustia ideologica  dell’analisi gramsciana. A 80 anni  dalla sua morte, abbiamo assistito nella nostra città  all’organizzazione di solenni messe cantate in suo onore e al lancio  di  biografie che sono delle vere e proprie agiografie scritte da vecchie  zie del gramscismo nostrano con conseguenti  recensioni acriticamente  osannanti  da parte di nipoti ,se possibile ancora più  faziosi dei maestri. Le parole forse possono sembrare troppo aspre e persino ingiuste ,ma chi conosce da vicino la situazione sa che non sono esagerate. La solita vulgata gramsciana torinese  è  diventata  davvero un po’ insopportabile perché le vecchie zie e qualche nipote prediletto  non vogliono capire  che il pensiero politico di Gramsci è morto da decenni e che ,a voler essere generosi, egli  è un pensatore inattuale, datato, superato.  C’è chi pretende  di imporre la sua  “verità” ,invocando un   “ipse dixit “ abbastanza arbitrario . Non sono riuscito a leggere di un incontro criticamente  e fondatamente storico che poi sarebbe anche  il modo migliore per ricordare un uomo come Gramsci. Gramsci amava la storia  e di questo amore scriveva dal carcere al figlio Delio, esortandolo a studiarla.

Il caso Orsini, Andrea Viglongo, il gramsciazionismo torinese 

Nicola Matteucci che conseguì la seconda laurea con una tesi su Gramsci  riteneva il suo pensiero appiattito sull’ideologia marxista. Matteucci mi disse che Gramsci era un agitatore politico  piuttosto  fanatico che incitava alla contrapposizione violenta e intollerante :l’esatto opposto di Filippo Turati che ,non a caso, venne considerato un traditore della causa del socialismo. Alessandro Orsini pubblicò  nel 2012 il bel saggio, molto documentato, ”Gramsci e Turati. Le due sinistre” edito da Rubettino. Non fu possibile presentarlo a Torino perché il linciaggio subito dall’autore da parte di alcuni studiosi torinesi, creò un clima che impedì ad altri studiosi di accettare di presentare il libro. Lo stesso autore si rese conto della situazione che si era determinata e che ancora oggi appare quasi surreale, se non fosse assolutamente vera. Orsini a Torino  venne  letteralmente messo all’Indice. Bobbio sottolineava come Gramsci fosse perfettamente allineato col marxismo-leninismo, una prospettiva politica violenta, giacobina, anche sanguinaria  che la dura lezione della storia ha travolto. Dopo la caduta del Muro di Berlino non si può più ragionare come prima. Pochi  ricordano invece che Gramsci cercò anche di contrastare lo stalinismo di Togliatti ,pagando tragicamente il proprio dissenso: incarcerato dai fascisti e perseguitato dai comunisti. Come ha ricordato e documentato Giancarlo Lenher ,in un bel libro sulla famiglia Gramsci in Russia, i suoi figli non fruirono neppure dei diritti d’autore delle sue opere che vennero incamerati dal Pci.
Andrebbe invece ricordato il redattore capo dell’”Ordine Nuovo”, Andrea Viglongo, il futuro straordinario editore  di grandi  autori piemontesi fino ad allora assai  poco valorizzati. Viglongo capì dove portava il gramscismo e scelse altre strade con coraggio. Gobetti morì e non possiamo sapere quale sarebbe stata la sua scelta definitiva e come avrebbe risolto l’ossimoro del suo liberalismo rivoluzionario e del suo rapporto con Gramsci che sembrava aver prevalso rispetto ai maestri della sua giovinezza. Giustamente il gobettiano Carlo Dionisotti sottolineò l’ossimoro gobettiano, dicendo che i liberali di norma  non sono rivoluzionari ma riformisti e i rivoluzionari sono invece, di norma , profondamente illiberali, se non proprio nemici della libertà. Sappiamo invece dove portò in termini di faziosità quello che Dino Cofrancesco,  attirandosi  l’odio ideologico di tanti intellettuali torinesi, Bobbio escluso, definì il gramsciazionismo. La miscela di intolleranza e di sudditanza ideologica ,di servilismo al Pci e di ottusità nel non denunciare le aberrazioni del comunismo russo e di quello internazionale  ebbe su Torino effetti che resero l’aria irrespirabile nelle case editrici ,nell’ateneo, nei giornali, in molte realtà culturali. Augusto Monti scrisse addirittura che il nuovo partito liberale era il Pci. La vedova di Gobetti,  affettuosamente protetta da Croce durante gli anni della dittatura fascista ,divenne vicesindaco di Torino in una Giunta egemonizzata dai comunisti ed essa stessa finì per ruotare attorno al Pci, come fece il “liberale” Franco Antonicelli diventato senatore della “Sinistra indipendente” eletto con i voti del Pci.Solo lo storico Raimondo Luraghi, medaglia d’Argento al V.M. durante la Resistenza, ebbe il coraggio di abbandonare quella compagnia e non poté mai insegnare a Torino, lui massimo storico militare, erede di diritto alla cattedra di Piero Pieri. Con un certo orgoglio ricordo che nella motivazione di un piccolo premio a me conferito a Palermo nel 2000 si parlava di “feroce egemonia gramsciana torinese” ,riferendosi  non a Gramsci ,ma ai suoi eredi. Quella  egemonia è ancora feroce, anche se “Le ceneri di Gramsci”, per dirla con un titolo di Pasolini del 1957 ,sono diventate polvere.

                                                                                  * Direttore del Centro Pannunzio

A 105 anni va al seggio da sola per votare alle primarie pd

Una donna di 105 anni si è presentata nel seggio Pd di Strada lanzo  a Torino e ha votato alle primarie. La signora Ines ha vissuto e lavorato come merciaia e ha raggiunto il seggio da sola, senza farsi accompagnare. In città sono 60 i seggi,  una decina i gazebo sparsi per il territorio, più un seggio speciale per malati o invalidi. Fra i preregistrati minorenni e cittadini esteri ci sono 200 minori e 150 stranieri.

I manoscritti torinesi di Antonio Vivaldi

L’approdo inaspettato. I manoscritti torinesi di Antonio Vivaldi. La mostra rimarrà aperta lunedì 1 maggio, con orario 8,30/13,30, all’interno della Biblioteca Nazionale Universitaria (Piazza Carlo Alberto 3, Torino). Anche durante la mattinata del 1 maggio, dunque, i visitatori  avranno la possibilità di fare un viaggio culturale unico: da 39 anni, infatti, non venivano esposte insieme le partiture autografe del Vivaldi, con la possibilità di osservare studiare il processo creativo di uno dei musicisti più rappresentativi del Settecento, di spiarne i ripensamenti, i commenti e le indicazioni minuziose.

 

(foto: il Torinese)

Zen e funambolismo: vivere il qui e ora

Sabato 6 maggio 2017 – ore 21 torna a Cuorgnè, città dove ha vissuto e a cui è molto legato, il funambolo Andrea Loreni, che presenterà al pubblico, anche grazie alla partecipazione di I cortello parrucchieri, le sue discipline di arte e meditazione; come affronta le paure nella vita e ad alta quota; il suo progetto in Giappone, che unisce anche geograficamente il suo percorso artistico e personale.

Da dieci anni cammina su cavi di acciaio tesi a grandi altezze. Da dieci anni pratica la meditazione Zen che ha approfondito partendo proprio dall’intuizione dell’assoluto avuta camminando a grandi altezze.

È Andrea Loreni, funambolo italiano laureato in Filosofia Teoretica, che dal 2006 si dedica alla ricerca della verità artistica camminando sul cavo alto, al quale si è avvicinato frequentando le scuole di circo contemporaneo alla Scuola Flic di Torino e al Circus Space di Londra.

 

Sul cavo io vivo profondamente il momento attuale, il cavo è il luogo di morte del mio ego, dove memorie e aspettative cessano di esistere. E se non si ha paura di avere paura si può aprire la porta dietro la quale giace l’assoluto, che sta in fondo a tutte le cose.

Durante il mio ultimo sanzen, colloquio formale con il maestro, il Roshi mi ha chiesto “Sei morto completamente facendo zazen?”. “Non ancora” risposi. Allora il Roshi, immobile come un macigno, mi disse che c’è solo il qui e ora, o sei morto o non lo sei, non c’è futuro, non c’è passato, non c’è tempo per l’evoluzione della situazione attuale, c’è solo la situazione attuale.

 

È questo il tema che Andrea Loreni, unico funambolo italiano specializzato in traversate su cavo a grandi altezze, ora vuole affrontare e raccontare: la ricerca dell’essere autentico, la necessità di rapportarsi con le paure e gestirle per arrivare all’essenza.

E lui lo fa attraverso quelle che sono le arti e discipline che conosce –zen e funambolismo– che nel tempo si sono rivelate così simili e complementari.

 

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Il progetto: la traversata sul Tempio, il documentario e libro, le conferenze

 

Quando ho chiesto al maestro Shodo Harada di poter tendere un cavo d’acciaio sopra il lago del Tempio in cui pratico meditazione – continua Andrea- lui ha risposto “Dōzo”. Dōzo in giapponese significa più o meno ‘prego’. Per me quel dōzo ha significato Qui c’è un’opportunità di vita autentica, non lasciarla scappare.

 

E così il prossimo agosto Andrea tornerà in Giappone, al Tempio Sogen-ji, a Okayama, per proseguire il percorso di ricerca. Lo attende una traversata su cavo teso sopra il lago del Tempio. La camminata al Tempio sarà l’opportunità geografica di unione delle sue due discipline, il luogo in cui le sue personali strade di crescita umana si incontrano. E sarà il primo uomo a camminare su cavo all’interno di un Tempio Zen.

 

Da questa esperienza nasceranno:

– un documentario per raccontare le strade che hanno portato Andrea Loreni ad essere il primo uomo al mondo a fare un camminata funambolica in un tempio zen giapponese. Il documentario, la testimonianza condivisibile di questa straordinaria e originale via di ricerca dell’essere autentico, una declinazione personale dell’umano bisogno di assoluto. Con musiche di Julia Kent;

– un libro di pensieri e immagini, una memoria estetica, visiva e mentale di quegli istanti di assoluto presente in cui zen e funambolismo si incontrano.

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La campagna di crowdfunding

 

Per sostenere e divulgare il progetto, la realizzazione del documentario e del libro, e soprattutto le sue motivazioni/emozioni, Andrea è impegnato in un calendario di conferenze su Zen e funambolismo che tocca le principali città italiane e ha lanciato una campagna di crowdfunding per coinvolgere anche singoli privati nella realizzazione dell’evento nipponico.

È online fino al 12 maggio, sulla piattaforma Eppela – la principale in Italia per la raccolta fondi online reward based (basata sul sistema delle ricompense)– la campagna Zen e funambolismo, lanciata da Andrea per coinvolgere il pubblico nella realizzazione della sua impresa spettacolare.

Link alla campagna: www.eppela.com/zenefunambolismo

 

 

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Il progetto Zen e funambolismo è realizzato grazie al sostegno di Flic Scuola Circo e ha ricevuto il Patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Osaka e del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, Università degli Studi di Milano-Bicocca. Il progetto è l’oggetto del lavoro di ricerca della dottoranda Giulia Schiavone incentrato sull’incontro tra pedagogia e funambolismo. Inoltre è materia di studio per il gruppo di ricerca di Pedagogia del Gioco e di Pedagogia del Corpo (Prof.ssa Francesca Antonacci dell’Università degli Studi Milano-Bicocca). GRP è media partner dell’iniziativa.

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Andrea Loreni

Nato nel 1975 a Torino, laureato in filosofia teoretica con Giuseppe Riconda all’università di Torino. Nel 1997 inizia a fare teatro di strada. Dal 2006 si dedica alle camminate su cavo a grandi altezze. L’intuizione dell’assoluto avuta camminando a grandi altezze lo avvicina alla pratica della meditazione Zen, che approfondisce sotto la guida di Shodo Harada Roshi al tempio Sogen-ji a Okayama, in Giappone.

 

Nel 2011 Andrea ha stabilito il record italiano nei cieli di Pennabilli, in Romagna, percorrendo 250 metri a 90 di altezza tra i colli di Penna e Billi; mentre a Rocca Sbarua, in provincia di Torino, ha passeggiato a 160 metri da terra.

 

Speaker per: Università di MilanoBicocca, TeD x Lecce sul Coraggio; TeD x Bocconi sulle Percezioni; Eni Petroli sul Rischio; Festival Le parole della montagna sulla Vertigine; Pending Culture, Le murate PAC, Firenze, sulla Sospensione. Ospite di diverse trasmissioni televisive, tra cui Vertigo gli abissi dell’anima e Super Quark Speciale Equilibrio, protagonista del video musicale di Niccolò Fabi per la canzone Solo un uomo. Funambolo su cavo infuocato nella scena finale del film di Matteo Garrone, il Racconto dei Racconti.

 

Ha camminato nei cieli di Torino, Roma, Locarno, Belgrado, Modi’in (Israele), Bologna, Firenze, Venezia e Milano; ha camminato sopra l’acqua o immerso nel verde delle montagne, per il cinema e la televisione, in piano e in pendenza, in silenzio o accompagnato da suoni che hanno vibrato insieme alla corda.

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Per info:

www.ilfunambolo.comwww.facebook.com/andrealoreni

Primarie Pd, il giorno del verdetto. 399 seggi in Piemonte per eleggere il segretario nazionale

In occasione delle primarie del Pd sono stati allestiti in Piemonte 399 seggi di cui 209 nella provincia di Torino e 60 nella città. Sono 3 mila  i volontari di cui 2 mila  presidenti di seggio e scrutatori.  Nei 12 collegi della regione sono state presentate 164 candidature nelle liste collegate ai tre big candidati alla segreteria nazionale del partito: 70 per Renzi, 69 per Orlando e 25 per Emiliano. Ne saranno eletti 70. Sono ammesse al voto tutte le persone con più di 16 anni, iscritte o non iscritte al Pd, anche straniere. Chi è minorenne e coloro i quali  che votano fuori sede hanno il vincolo della pre-registrazione online. In via Matteo Pescatore e in corso Belgio i seggi dedicati ai fuori sede, mentre una commissione itinerante  si reca al domicilio delle persone che non possono muoversi. Al momento del voto è necessario presentare il documento di identità e la tessera elettorale e i non iscritti al Pd sono inoltre tenuti a versare 2 euro e a firmare un documento per esprimere la propria condivisione dei valori del partito. In serata i risultati ufficiosi e lunedì 1 maggio saranno diffusi i dati ufficiali con la proclamazione degli eletti.

 

(foto: il Torinese)

Cannabis parade in piazza

Erano migliaia di giovani scesi in piazza a Torino per la Cannabis Parade, svoltasi per le vie della città e conclusasi alla Pellerina, con musica e danze. L’iniziativa è stata promossa  dal network nazionale antiproibizionista Fine del Mondo Proibizionista. Presenti il leader radicale torinese Silvio Viale e alcuni consiglieri comunali pentastellati. “Nella città delle mafie e del perbenismo – dicono gli organizzatori – squarceremo i veli dell’ipocrisia proibizionista per ricordare tutte le sue vittime: nel 2016 oltre 13 mila denunciati, uno sforzo repressivo enorme e senza effetto”. E’ già polemica politica: “Noi Fratelli d’Italia proponiamo l’obbligo di analisi mediche obbligatorie per gli amministratori pubblici eletti nel Consiglio Regionale, nei Consigli Comunali e di Circoscrizione, con la pubblicazione dei risultati su internet nell’anagrafe degli eletti, accanto alle informazioni sul reddito: per questo abbiamo pronta una proposta di legge regionale” annunciano Augusta Montaruli e Maurizio Marrone, Consigliere FDI-AN in Regione, che spiegano :“Così come è previsto l’obbligo di analisi del sangue per verificare la dipendenza o meno da stupefacenti per professioni delicate come tassisti, piloti e atleti, altrettanto dovrebbe valere per amministratori eletti alla guida di enti pubblici.”

 

“Anna che custodì il giovane mago”

“E’ stata davvero un’esperienza emozionante. Non avrei mai immaginato che il mio vestito avrebbe potuto fare il giro d’Italia con un libro”. A parlare è Marisa Giachero, pinerolese doc. Suo, infatti, è l’abito che la graziosa Maria Vittoria Amelotti, la studentessa casalese che interpreta Anna d’Alencon, indossa nella copertina del libro di Maura Maffei, scrittrice monferrina che ha come filo conduttore di tutti i suoi romanzi l’Irlanda, ad eccezione dell’ultimo ambientato lontano dall’Isola di Smeraldo, ma tra Casale Monferrato, il Sacro Monte di Crea, con un finale a Curtatone (Mantova) al tempo del passaggio della signoria monferrina, da Paleologo, la cui linea maschile si era ormai estinta ed i Gonzaga di Mantova. “Anna che custodì il giovane mago” è stato presentato a Casale Monferrato, sabato 30 aprile, in modo itinerante, il Palazzo intitolato alla Marchesa, cugina del Re di Francia, e la chiesa di Santa Caterina che insiste su piazza Castello. Al centro della trama letteraria c’è un 15enne, che proviene dall’Irlanda, con una lettera di Francesco I di Francia: è Gearçid Mac Gearailt, figlio dell’ultimo vicerè irlandese d’Irlanda, da anni braccato dai sicari di Enrico VIII Tudor. L’iniziativa è andata al di là della semplice presentazione libraria, con una contaminazione di danza e musica, che hanno fatto rivivere le atmosfere di corte. Nel cortile dello storico palazzo che porta il nome della marchesa, sul sagrato della chiesa ed all’interno della stessa, l’autrice, stimolata dalle domande dei giornalisti Luigi Angelino e Massimo Iaretti e con il supporto di Manuela Meni, archivista della Diocesi di Sant’Evasio, ha anticipato, senza svelarne la trama, la struttura dell’opera, evidenziando che il racconto si articola soprattutto tra Casale e Crea, dove si svolge il momento culminante della storia. “Ho dovuto curare con molta attenzione l’ambientazione – ha detto – cercando di ricostruire la Casale e la Crea del tempo di Anna, una donna sicuramente di temperamento e di ingegno nel secolo difficile in cui viveva. Potrà apparire paradossale ma mi sono mossa con meno difficoltà nello scrivere cose d’Irlanda”. Alla “prima” ufficiale del romanzo, che ha avuto il patrocinio dell’associazione Santa Caterina Onlus hanno assistito una novantina di persone, tra cui il vice sindaco di Casale, Angelo Di Cosmo ed il past sindaco, oggi consigliere, Giorgio Demezzi. “Anna che custodì il giovane mago”, Edizioni della Goccia di Davide Indalezio, farà anche da “ambasciatore” del Monferrato in terra mantovana. “Il 28 maggio prossimo, nell’ambito delle iniziative del Comune di Curtatone, in cui è stato edificato dai Gonzaga il Santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie, con cui è stato siglato lo scorso novembre un protocollo d’intesa dal parte dell’Unione dei comuni della Valcerrina – spiega il consigliere delegato al turismo dell’Unione, Massimo Iaretti – avremo un spazio dedicato alla Valcerrina ed ai suoi prodotti. Accanto a questo ci sarà la presentazione del libro di Maura Maffei perché è proprio basandoci da questo che si sta lavorando a costruire un percorso devozionale e turistico che colleghi l’Irlanda e le terre dei Gonzaga passando attraverso Casale ed il Monferrato”.

 

 

 

Il Toro in casa non vince più

LA GALLERIA FOTOGRAFICA COMPLETA SU: WWW.FOTOEGRAFICO.NET

di Claudio Benedetto

Brutta partita e brutto Toro stasera al Grande Torino. Juan Manuel Iturbe salva sì il risultato ma la prestazione dei granata, che in casa non riescono proprio più a fare bottino pieno, rimane sicuramente deludente.

Primo tempo con il Toro che attacca subito, sembra un buon  inizio, Ljalic due volte e Baselli vanno vicino al vantaggio nei primi 10 minuti. Ma è la Samp che passa con l’ormai solito Schick: gran tiro a giro sotto l’incrocio, Toro 0 – Samp 1.

Il Toro prova a reagire ma Iago Falque sbaglia malamente una facile palla gol sotto porta. Il primo tempo regala ancora qualche occasione ai granata con la Samp che però sfiora il raddoppio.

La ripresa parte molto lenta, si infortuna subito Schick, che esce dal campo, la Samp cerca di addormentare il gioco e il Toro, e con lui anche Belotti, pare assai confusionario nel cercare la via della porta.

Mihailovic le prova un po’ tutte, inserisce prima Iturbe e poi Maxi Lopez per provare a dare una scossa. Ed è proprio l’ex giocatore di Verona e Roma che, al 33′, trova il varco giusto per battere Puggioni, gran staffilata appena dentro l’area e 1-1!

Il Toro prova ancora a chiudere i blucerchiati nella loro area ma senza essere mai troppo pericoloso, partita che si chiude con il pareggio, il quarto consecutivo in casa per il Toro, e classifica che resta praticamente invariata.

Per i granata si apre una settimana importante, nel ricordo del Grande Torino morto a Superga e nell’attesa del Derby allo Stadium del prossimo week-end… i tifosi sperano che la serie di risultati positivi in trasferta continui!

Tutte le foto di Claudio Benedetto su: http://www.fotoegrafico.net

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Terrorismo. Un’accusa forse esagerata, ma certo esistono, documentate da filmati, le prodezze non proprio gandhiane  dei No Tav. Anche la violenza verbale e i danni arrecati alle cose sono fatti incontestabili. Gli stessi blocchi dell’autostrada sono stati atti di illegalità per troppo tempo tollerati

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L’eroismo stoico di Chicco
 La scrittrice Elisabetta Chicco,appena uscita dal pronto soccorso,molto provata e visibilmente  sofferente, ha affrontato la presentazione del suo nuovo libro “Nietzsche. Psicologia di un enigma”.Ha fatto un lucido intervento  di un quarto d’ora,dimostrando un vero e proprio eroismo stoico. Il folto pubblico l’ha applaudita a lungo.E ovviamente ha ascoltato la presentatrice,la brillante  docente di filosofia   Carla Barbero , ed ha discusso con lei . Si è anche intrattenuta con i lettori ,firmando molte copie del libro. Alla fine è uscita a fatica dalla sala sorretta dal marito.Mi è capitato di dover supplire all’ improvvisa assenza di relatori che, per una minima indisposizione, danno forfait.  Addirittura ho conosciuto relatori che ambivano quasi esclusivamente  ad  ottenere il loro nome nel panel , vere prime donne viziate e poco serie. Potrei citare ,ad esempio, il compianto Nico Orengo che si faceva notare per le sue assenze neppure anticipate da una telefonata  e per la sua smemoratezza indisponente.
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Il Guazzaloca torinese che non ci fu 
E’ morto Giorgio Guazzaloca,il macellaio colto di Bologna che nel 1999 riuscì a farsi eleggere sindaco di Bologna che sembrava una roccaforte comunista inespugnabile. Fu un segnale importante. Non saprei dire se fu un buon sindaco.  Un Gazzaloca torinese non ci fu. Costa andò  molto vicino a superare nel ballottaggio  Castellani ,Rosso riuscì a portare Chiamparino,subentrato a Carpanini morto all’inizio della campagna elettorale,al ballottaggio. A riuscire vincitore nella contesta poteva solo Enzo Ghigo, presidente della Regione Piemonte  per dieci anni,uomo capace,con i piedi per terra, radicato e stimato a Torino e in Piemonte per il suo buongoverno.  Il centro-destra con Rocco Buttiglione candidato sindaco scelse il suicidio e fece trionfare Chiamparino al primo turno. E’ strano che il centro-destra non sia riuscito a trovare un candidato torinese credibile,se se si eccettua la candidatura di testimonianza dell’assessore regionale Michele Coppola. Nell’ultima tornata elettorale si è addirittura diviso con tre candidati diversi in corsa. Il risultato non poteva che essere pessimo. Eppure c’erano professionisti e professori che avrebbero potuto essere alternativi al centro- sinistra. Alcuni non ebbero il coraggio di accettare,altri non furono mai interpellati. Un ricambio democratico al “sistema Torino” avrebbe evitato il successo grillino, come è accaduto a Milano l’anno scorso nello scontro tra Sala e Parisi .Ma, in effetti, il sistema Appendino è in linea di continuità con il sistema Chiamparino ed a molti questa continuità fa molto comodo.Fassino resta un’altra cosa,anche se fu imprigionato dal sistema consolidato nei decenni  e dai debiti contratti dal suo predecessore. Anche solo l’idea   di candidare il prof. Buttiglione, che a Torino fece un anno di liceo al “d’Azeglio” quando il padre era questore, fa accapponare la pelle:sarebbe bastato un macellaio come Guazzaloca, senza andare a cercare il candidato a Gallipoli.
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Vanna Chirone Wick        
 Venerdì gli amici hanno accompagnato al cimitero Vanna Chirone Wick,mancata a 92 anni dopo lunga malattia. Era la vedova del prof. Giancarlo Wick, scienziato di fama internazionale,figlio di Barbara Allason, liberale torinese antifascista,amica di Benedetto Croce .Giancarlo era stato uno stretto collaboratore di Enrico Fermi. Una volta venne al “Pannunzio” a parlare dei “ragazzi di via Panisperna” e del suo  maestro. Ho a lungo frequentato Vanna e Giancarlo Wick che abitavano al 35 di Via Maria Vittoria. Una coincidenza che mi ha offerto l’opportunità di conoscere un uomo che superava anche il celebrato Tullio Regge che fu deputato al Parlamento Europeo. Wick amava la riservatezza di una vita appartata. Vanna gli è sopravvissuta per un quadro di secolo. Parlava poco con le persone ,ma più volte mi ha raccontato la sua vita. Wick e mio padre erano ricoverati in due stanze vicine nello stesso  repartino delle Molinette. Avemmo tante volte occasione di parlare in momenti difficili per ambedue nell’anno horribilis 1992. Era ricoverato anche il prefetto Carlo Lessona.  Non voglio scrivere dei nostri dialoghi  che continuarono negli anni ,perché forse  Vanna non gradirebbe .Voglio però ricordarla come una grande donna colta e raffinata che viveva con la stessa dignità della grande suocera scrittrice e germanista  che nella villa di Pecetto dava ospitalità alle riunioni clandestine degli antifascisti.  Era gente fuori ordinanza con una signorilità innata. A Torino simile a lei ho conosciuto solo Edoarda Fusi e l’avvocato Maria Adelaide  Zammitti Dal Piaz . Che differenza con le donne torinesi più in vista che Montanelli chiamava “madamazze”  e sono poco di più che delle “madamine”, che Gozzano descrive da Baratti a mangiare pasticcini.
 
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Tempo di asparagi
Gli asparagi di Santena,ma anche quelli di Poirino,sono tornati sulle nostre mense e nei menu dei ristoranti. L’”asparagiata”  tradizionale è però un retaggio del passato. Ai giovani non piace.
Io ricordo quando a Santena c’era “Pinin” quasi di fronte al castello dove riposa Cavour.
Faceva il rappresentante di tessuti e nei fine settimana si occupava del suo ristorante, celebre perché sembra frequentato dallo statista. Si metteva sulla strada con un tovagliolo bianco ad attirare l’attenzione di chi passava in macchina. C’erano contadini che vendevano asparagi appena colti.Festeggia i 70 anni di vita la Proloco di Santena ,che  ha avuto un ruolo importante nel difendere il prodotto tipico locale ,con la ripubblicazione  in anastatica  di una storia di Santena scritta nel 1961 dal parroco e dall’arciprete di Revigliasco.  Adesso tuttavia  è tutto diventato più difficile.  Forse si salva ancora la semplicissima trattoria della” Pace” a Santena. Anche il bel ristorante “Cacciatori” di Cambiano ha chiuso da tempo. La verità è che a Santena i terreni agricoli coltivati ad asparagi sono diventati edificabili e invece degli asparagi sono cresciuti i casermoni. Ci sono anche ,e sono sempre più rari,gli asparagi violetti di Albenga,una prelibatezza servita al Quirinale e alla Corte inglese. Slow Food ha creato i  suoi presidi quando gli asparagi quasi non c’erano più. Anche ad Albenga sui terreni migliori per la coltivazione degli asparagi direttamente sul  mare, hanno edificato palazzi già trent’anni fa. Bisogna stare attenti perché molti asparagi arrivano da altre zone: Sardegna,Campania ed altre regioni. L’obbligo di indicare la località di provenienza dei prodotti è diventato un optional. Ma non riguarda certo solo gli asparagi. 

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Vittimismo No TAV

Sabato scorso ,andando a comprare le famose fragoline di Nemi (quelle di San Mauro non si trovano più)al mercato di piazza Madama Cristina, un’attivista No Tav ,una bella ed esile ragazza, anche un po’  impacciata e timida,mi ha dato con gentilezza un volantino che vi invita ad una proiezione sulle presunte violenze da parte della Polizia nei confronti di manifestanti no Tav in Valle di Susa “nelle operazioni di ordine pubblico”. Il volantino non fa cenno alle illegalità commesse dai manifestanti,alle violenze in cui sono distinti  che hanno portato , in alcuni casi, all’accusa di terrorismo. Un’accusa forse esagerata,ma certo esistono,documentate da altri filmati,le prodezze non proprio gandhiane  dei No Tav. Anche la violenza verbale e i danni arrecati alle cose sono fatti incontestabili. Gli stessi blocchi dell’autostrada sono stati atti di illegalità per troppo tempo tollerati. Di questi aspetti gravissimi si tace. Dopo aver letto il volantino con attenzione,avrei voluto dirlo alla ragazza,ma non sono più riuscito a rintracciarla nella bolgia dei banchi in cui operano indisturbati borsaioli e ladri di ogni tipo e colore. Le fragoline potrebbe subire,ad esempio, il sovrapprezzo del costo di un cellulare. Ma di  questo i vigili in servizio pare non si accorgano.
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LETTERE (scrivere a quaglieni@gmail.com)

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Nella sua rubrica  ha citato Saverio Vertone, considerandolo “un po’ volubile” Non è stato troppo generoso? 

                                      Gianni Cusano 

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Ho conosciuto Vertone quand’era comunista duro e puro,l’ho frequentato quando si staccò dal Pci e scriveva sul “Corriere della Sera” ed anche quando fu deputato di FI.Quando passò con Dini e poi con la Margherita,tornando addirittura con i comunisti italiani,rallentai i nostri rapporti. Era un uomo complicato,colto,contraddittorio,aspro. Era anche di rara intelligenza. I suoi articoli ed i molti suoi saggi appaiono pregevoli. Ha creduto nel Pci,in Craxi, in Berlusconi  e poi lentamente è tornato alle origini.E’ passato troppo poco tempo dalla sua morte per dare giudizi.Figlio di un colonnello dell’Esercito caduto in Russia,era stato anche nella Repubblica sociale italiana. Definirlo volubile mi è sembrato inevitabile. Seppe andare controcorrente. Aveva l’ambiguità del laico che aveva abiurato le certezze del marxismo.Su di lui invoco una sospensione di giudizio che mi pare doverosa. C’è una parte dei suoi saggi destinati ad andare oltre le sue (discutibili) scelte politiche. Lo chiamavano professore,ma non era neppure laureato. E’ stato uno dei pochi intellettuali che Torino abbia avuto.E l’intellettuale ha il diritto- dovere di contraddirsi. Il politico molto meno.

PFQ