Ultimo atto e, per una memoria "storica", …alcuni ricordi

Si è conclusa ieri l’avventura, almeno sul campo, di una squadra di basket di Torino in serie A

I tifosi, come me, hanno vissuto una serata triste e senza allegria e piena di commozione per momenti di basket che non si sa se torneranno. Il livello della serie A è un livello alto, anche se in Italia il livello non è sicuramente il migliore,… ma non è paragonabile a quello delle serie inferiori. Ci si era abituati, e adesso sarà dura, se tutto verrà confermato o peggio.

Odi ed ovazioni a persone che ci hanno accompagnati fanno parte del rituale degli “sconfitti” gloriosi, di coloro che perdono ma vogliono trovare un motivo di consolazione tanto nel “dimenticare” le cose meno belle quanto nel demonizzare qualcuno e con questo sfogare rabbia e impotenza nei confronti di una situazione ineluttabile in cui ci si rende conto di non poter far nulla. Il mondo del basket torinese era rimasto addormentato per più di vent’anni e poi, d’improvviso (…) si è ritrovato catapultato in una realtà di vertice grazie ai soldi e al mecenatismo di qualcuno. Poi, dopo cori di immensa gratitudine, qualcosa si è rotto e frantumato in mille pezzi. La memoria è corta di chi non ricorda i cori dedicati a qualcuno di… “un presidente…c’è solo un presidente…ecc…”di soli pochi mesi fa…alla deposizione di una corona… e che ieri ha visto in cosa si sono mutati. Sono stati commessi errori più o meno gravi, ma di questo se ne occuperà qualcun altro, ormai. La memoria è corta dalle nostre parti e Torino è una città strana, così come l’Italia “sportiva” se così la si vuol chiamare: se vinci sei un eroe e siamo noi, se perdi sei da insultare e siete voi. In particolare, nel calcio, non sembra il caso di commentare su come sia in discussione chi da otto anni vince tutto… .

Ma Torino è anche questa: si fa portare via ogni cosa, non si unisce ma si blocca sulle sue posizioni. Non fa quadrato per difendersi ma mette mine all’interno del proprio recinto. Peccato. Si cercano eroi, si evocano santi, per non vedere la realtà, di cui in realtà poco ci interessiamo, visto che nel mondo dei social chi ha più contatti vince e influenza l’opinione, giusta o sbagliata che sia. Non crediamo giusto allora esaltare troppo ciò che sembra vero così come demonizzare l’esatto opposto. La verità sta nel mezzo, anche se per qualcuno il punto di mezzo è proprio dove lui si è collocato… . E’ stata una stagione triste, piena di sconfitte che hanno ragioni anche tecniche e non solo economiche o giudiziarie. La conduzione della squadra, al di là del cuore, ha realizzato 32 sconfitte, non proprio da esserne felici ed orgogliosi dal punto di vista tecnico.

Giocatori se ne sono visti tanti, in questi anni. Una squadra ideale?

Diante Garrett, Jerome Dyson, Dallas Moore come guardie.

Lamar Patterson, Sasha Vujacich tra le guardie – ali

Deron Washington, Dorington Hobson, Jamil Wilson (di quando gioca bene) e Stefano Mancinelli tra le ali.

Deejay White e Mam Jaiteh come pivot.

Discutiamo pure sugli altri da inserire, ma, in ogni modo, a Torino abbiamo visto tanti bei giocatori e simpatiche presenze quali Trevor Mbakwe (sfortunato come Chris Wright per gli infortuni), Ndudi Ebi per simpatia, Valerio Mazzola e Valerio Amoroso, storici ognuno a modo proprio, Poeta che come giocatore ha messo l’anima, e non ultimi anche pivot della nazionale in declino e astri nascenti al momento fermi per motivi di salute, quali David Okeke a cui auguriamo di poter riprendere a giocare. In ogni caso a Torino si è visto tanto, nel bene e nel male sportivo, perché è di questo che si parla e si dovrebbe parlare. Perché se si volesse entrare in ambito di conduzione aziendale il discorso cambierebbe, ma non è nelle corde dei tifosi. I tifosi dovrebbero ricordare. Ricordare, come un bambino, che a scuotere troppo il giocattolo va a finire che alla fine si rompe, e non sempre c’è qualcuno che ce lo ricompra. A Torino abbiamo avuto un bellissimo giocattolo. Nomi di chi è stato bravo o cattivo non ha senso farne quando si viaggia a simpatie o antipatie. L’unica cosa certa è che il giocattolo si è rotto. A tutti coloro che avessero la possibilità di regalarcene un altro facciamo un appello. Noi tifosi, quelli che piangono, non quelli che urlano, siamo molto tristi. Siamo disposti a tutto pur di tifare di nuovo da quegli spalti, anche a cambiare nuovamente colori da seguire. Da gialloblù della cintura torinese a gialloblù di parco Ruffini a rossi a pois verdi di qualsiasi altra zona della città o di nuova composizione. Il tifoso di basket a Torino ora sembra orfano. Ha bisogno di un qualcosa che lo renda felice, anche un piccolo regalo. Purché non perda la memoria, eventualmente tra qualche anno, di chi o coloro che magari costruiranno questo nuovo giocattolo.

Avanti Torino, noi siamo qua.

Paolo Michieletto

 

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