Compie 30 anni il Day Hospital alcologico dell’ospedale Mauriziano di Torino per l’identificazione delle patologie da alcol. In aumento il numero delle donne e degli adolescenti che fanno uso di alcol. Nonostante i disturbi da uso di alcol coinvolgano in Italia almeno 650.000 famiglie, i dati dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano come soltanto 71.000 persone ricevano oggi un trattamento da parte del Servizio Sanitario Nazionale. E’ preoccupante osservare sia il crescente numero di donne che usano alcol, nonostante una loro maggiore suscettibilità al danno rispetto agli uomini, sia come il consumo si stia diffondendo fra gli adolescenti: oggi l’età di inizio dell’uso di alcol è scesa a 12 anni. Tra i giovani inoltre va diffondendosi il fenomeno del “binge drinking”, specie nei fine settimana, equivalente al bere in poco tempo elevate dosi della sostanza fino a raggiungere lo ”sballo”. Questa pratica può produrre rilevanti danni cerebrali. Oltre alle strutture sanitarie territoriali, ed a poche strutture di ricovero per riabilitazione alcologica, a Torino è attivo da 30 anni (dal 1989) un Day Hospital Alcologico, associato al reparto di Medicina diretto dal dottor Claudio Norbiato nell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino. Nel Day Hospital, condotto dal professor Sarino Aricò, si possono eseguire indagini per l’identificazione delle patologie da alcol (fegato, pancreas, cuore, cervello), sottoporsi a terapie per il superamento dell’astinenza fisica da alcol, attivare colloqui individuali e famigliari, essere avviati ad un trattamento di gruppo. Gruppi di trattamento molto efficaci sono quelli coordinati dall’Associazione Club Alcologici Territoriali (ACAT) di Torino Centro. Uno di questi Club si riunisce dal 1991 tutte le settimane presso l’ospedale Mauriziano di Torino. I volontari di questa Associazione sono inoltre molto attivi nel diffondere le conoscenze sull’alcol, presso le scuole, i medici, la popolazione generale. Oggi si sono imposte nuove parole per descrivere il fenomeno: si parla di “Disturbi da Uso di Alcol” (D.U.A.), mentre vanno abbandonati termini quali alcolismo – abuso – etilismo. Questa nuova terminologia, proveniente dagli U.S.A., ben si adatta alla crescente consapevolezza del ruolo preminente che ha la predisposizione genetica ereditata dai nonni, sia nel determinare l’appetito patologico verso l’alcol (“craving”), sia nel predisporre uno tra gli organi del nostro corpo ad ammalarsi per consumi che per altre persone sono innocui.
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