Evacuation è la parola d’ordine

LIBRI /FOCUS INTERNAZIONALE 

di Filippo Re
Quando la realtà si avvicina alla trama del romanzo. L’allarme delle sirene, la corsa disperata ai rifugi, ambulanze che sfrecciano, carri armati nelle strade, soldati con le tute antigas, tutti pronti all’esodo

Evacuation è la parola d’ordine. In una Tel Aviv assediata dalla guerra, raggiunta da missili e razzi, l’esercito ordina alla popolazione di evacuare la città. Su tutti i canali televisivi si invitano gli abitanti a chiudersi nelle “stanze sigillate” che sono state allestite in ogni abitazione in vista di un possibile conflitto. È come se la vita di Tel Aviv, principale centro economico del Paese, si fermasse di colpo per giorni o per settimane. Ma il vecchio Saba, nonostante gli appelli diffusi con gli altoparlanti, decide di scendere dall’autobus su cui era stato fatto salire per essere portato al sicuro, insieme al giovane nipote Naor e alla fidanzata Yael. I tre iniziano un tour clandestino e pericoloso nelle strade di Tel Aviv, nel cuore di una metropoli deserta dove si può morire da un momento all’altro. Il romanzo “Evacuazione” di Raphael Jerusalmy (La nave di Teseo) descrive il dramma di una città laboriosa, piena di vita e di giovani che sprofonda all’improvviso in uno scenario di guerra. Il libro di Jerusalmy preannuncia ciò che potrebbe accadere in caso di guerra tra Israele e i Paesi arabi o tra Gerusalemme e Teheran. La guerra sembra lontana ma poi un razzo lanciato da Gaza sorprende e trapassa la “cupola di ferro”, il sistema difensivo “Iron Dome”, centrando il kibbutz Mishmeret, nell’area di Kfar Saba, a pochi chilometri a nord di Tel Aviv e a km 80 da Gaza, ferendo sei persone, come è accaduto di recente. La paura si diffonde tra la popolazione e paralizza ogni movimento. Dopo il razzo caduto sulla città è a rischio anche l’Eurofestival della canzone che si dovrebbe svolgere a maggio al Centro Congressi. Tel Aviv era stata colpita anche dieci giorni prima ma in quel caso i razzi erano stati intercettati e distrutti in volo. L’aviazione israeliana ha risposto con una pioggia di missili contro postazioni di Hamas e della Jihad Islamica. Scenari di guerra che si avvicinano a quelli descritti nel libro. Ma le intimidazioni a Israele non vengono solo dai gruppi jihadisti. Il regime siriano ha più volte minacciato di colpire l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv se non si fermeranno gli attacchi israeliani contro obiettivi iraniani e di Hezbollah in Siria. Non è la prima volta che Tel Aviv viene presa di mira dai missili. Già nel 2012 e nel 2014 in città era risuonato l’allarme antimissile. Non accadeva dal 1991, al tempo della guerra del Golfo, con 41 vecchi missili scud lanciati da Saddam Hussein contro Israele. Anche oggi, come ai tempi del rais di Baghdad, Israele si scopre debole e vulnerabile. In casi di guerra con l’Iran le autorità israeliane dovranno evacuare gli abitanti di Tel Aviv e sistemarli in altre aree, come nel deserto del Negev. Tre milioni di persone che vivono tra Tel Aviv e i numerosi sobborghi, tutti molto popolati, sono pronti a lasciare le loro case. Durante la guerra fra Israele ed Hezbollah nel 2006, il movimento sciita libanese lanciò 4000 razzi contro la Galilea, obbligando migliaia di israeliani a fuggire verso sud. Oggi ci si chiede cosa potrebbe accadere in caso di conflitto con l’Iran? Temendo una pioggia di missili dall’Iraq nel 2003, durante l’invasione americana, l’esercito aveva progettato di sistemare l’intera popolazione di Ramat Gan, la più popolosa zona di Tel Aviv, in tende allestite su un terreno individuato fra Kiriat Gat ed Ashkelon, nel sud del Paese. Chi non riuscirà a lasciare la città dovrà cercare riparo nei rifugi sotterranei, sotto teatri, cinema, scuole e ospedali. I missili di Hamas, Hezbollah e della Jihad islamica hanno già paralizzato diverse città israeliane, molto più piccole di Tel Aviv. Le immagini della casa in fiamme colpita da un razzo nei dintorni di Tel Aviv hanno impressionato l’opinione pubblica. Non si può tollerare un missile contro un aereo civile in fase di decollo o in atterraggio. Tzahal è pronto a rispondere.

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