La proposta di rilancio del progetto europeo mediante l’istituzione di un Bilancio separato dell’Eurozona, con la nomina di un Ministro del Tesoro europeo (nell’ambito della Commissione), è stata ripresa da molti think-tank europei, da autorevoli economisti e dallo stesso Presidente Macron, e va sostenuta con convinzione.
Ma la necessità di raggiungere l’unanimità tra gli Stati membri dell’UE, la complessità dei meccanismi decisionali dell’Unione, le reazioni nazionalistiche in molti Stati e quelle dei cittadini (spesso provocate da interessati agitatori) di fronte al fenomeno migratorio, allontaneranno nel tempo ogni buon proposito che sottragga potere agli Stati per rafforzare il ruolo della Commissione. Mentre il processo di unificazione europea richiede risultati in tempi brevi, che vadano incontro alle aspettative dei cittadini.Fermi restando gli obbiettivi a medio termine, si può sperare, dopo le elezioni in Germania, nella stipula tra gli Stati più avanzati dell’Eurozona di un “Patto per l’Europa” che adotti una serie di provvedimenti da realizzare immediatamente, con strumenti nazionali, per avviare a soluzione quei problemi comuni che affliggono, in misura diversa, tutti gli Stati europei e che sono ostacolati dalla mancanza di risorse finanziarie aggiuntive, necessarie allo scopo.
Si dovrà, in sostanza, utilizzare la farina del diavolo (gli accordi intergovernativi) per migliorare la cooperazione tra gli Stati partecipanti e rendere possibile la progressiva istituzione del bilancio separato dell’Eurozona, per ambire poi a obbiettivi più ambiziosi (che rimangono il vero scopo dei federalisti), su alcuni temi fondamentali.Sicurezza interna ed esterna – Va ribadita l’adesione al programma dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini per quanto riguarda la creazione di un servizio integrato di “intelligence” europeo, la costituzione di un consistente Eurocorpo, con partecipazione diretta dell’Italia, nel quadro di misure organiche di difesa comune attraverso lo strumento principe, previsto dal Trattato di Lisbona, della cooperazione strutturata permanente. Sviluppo economico e lotta alla disoccupazione – Fatta salva la necessità di rispettare le norme del Fiscal Compact, realizzando il riequilibrio del disavanzo di bilancio, secondo le indicazioni della Commissione (avviando, progressivamente, la riduzione del debito pubblico), maggiori risorse europee per investimenti, accanto ai proventi da attivare con un’adeguata “spending review” e un’agguerrita lotta all’evasione fiscale, faciliterebbero gli Stati più in difficoltà a far fronte ai loro impegni.
È inoltre necessaria una forte riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle imprese produttive europee e sul lavoro dipendente, riducendo il “cuneo fiscale” (troppo elevato in tutti i Paesi UE e in particolare in Italia). Si migliorerebbe così la produttività del lavoro, dando fiato alla domanda interna di beni e servizi, ormai asfittica per mancanza di capacità di spesa e per la crisi di fiducia nei cittadini. In Italia una riduzione del cuneo fiscale compresa tra 8/10 miliardi di euro, all’anno, sosterrebbe adeguatamente la ripresa economica in atto e la domanda interna. Non si può prescindere dall’aumento sia degli investimenti pubblici e privati nel settore delle infrastrutture, nell’innovazione tecnologica, nella formazione del capitale umano, nella produzione di beni pubblici sia degli investimenti necessari per un Piano Marshall europeo per l’Africa, diretto a stimolare nei Paesi africani uno sviluppo endogeno, per raffreddare le spinte migratorie e stabilire con essi nuove relazioni, su un piano di parità. Esistono già il Fondo europeo per gli investimenti strategici del Piano Juncker, lo European Emergency Trust Fund for Africa e il Piano europeo per gli investimenti esterni (recentemente istituito), gestiti dalla Commissione, tramite la Banca Europea degli Investimenti, e sotto il controllo, democratico, del Parlamento europeo. Dotati di adeguate risorse, possono essere segmenti del futuro bilancio separato dell’Eurozona.
Lotta al riscaldamento climatico – Dopo le dichiarazioni di Trump di volersi sottrarre agli accordi di Parigi sulla riduzione del riscaldamento climatico è necessario che l’UE, come dichiarato da molti suoi leader, accentui i suoi impegni, assumendo ancora una volta la funzione di guida nella difesa dell’ambiente che le è stata unanimemente riconosciuta (a partire dal Summit di Rio de Janeiro e dal Rapporto Brundtland). Tutti gli indicatori sulla salute ambientale del Pianeta portano a considerare che l’evoluzione del clima medio terrestre e le sue conseguenze siano ancora peggiori di quelle assunte dall’ONU a Parigi ed evidenziate in passato dai climatologi dell’IPCC. Nonostante la riduzione del prezzo del barile di petrolio verificatosi nel 2016/2017, con l’introduzione di una carbon tax il sorpasso nella convenienza nei costi di produzione di energia “pulita” rispetto a quella di origine fossile, sarebbe netto e indiscutibile. Facendo rientrare, progressivamente, negli introiti programmati il gettito addizionale proveniente dai settori ancora soggetti a ETS (Emissions Trading System), il gettito complessivo potrebbe oscillare per i paesi dell’Eurozona da circa 126 miliardi a 150 miliardi all’anno.
Deve essere richiesta, poi, l’istituzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie e modificata l’imposizione sui proventi delle compagnie informatiche (quali Google, Facebook, Apple, ecc.) ora prevalentemente basati sul luogo di residenza del soggetto o della sua stabile organizzazione invece che sul luogo di origine dei ricavi, riguardanti beni immateriali. Si tratta di realizzare una consistente riduzione progressiva, in un arco pluriennale, dell’imposizione diretta sulle imprese produttive e sui lavoratori dipendenti per trasferire il carico fiscale sulle imposte indirette, di consumo dei carburanti, sulla speculazione finanziaria e sui prodotti realizzati nell’economia digitale, fino ad ora sottratti a tassazione. A fronte di una consistente detassazione di legittimi profitti delle imprese e dei salari, il cittadino sopporterebbe un modesto rincaro del prezzo della benzina alla pompa (stimabile in 10 centesimi di euro al litro) e nel costo dell’energia, destinato a ridursi per la maggior efficienza ed economicità degli impianti. Ritengo quindi possibile un “Patto per l’Europa” tra un gruppo di paesi dell’Eurozona – con funzione di “magnete” per gli altri – realizzabile mediante normative nazionali, ma coordinate, aventi lo stesso contenuto o contenuto analogo (ad esempio, la carbon taxintrodotta nell’ordinamento nazionale potrebbe tenere conto del diverso carico sulle accise già esistenti). Dette misure avrebbero un orientamento europeo, finalizzato alla realizzazione di un Bilancio separato dell’Eurozona, da istituire non appena le condizioni socio-politiche lo consentiranno.
*Membro del Consiglio Direttivo e già Presidente del Centro Studi sul Federalismo |
Un patto per il rilancio dell’Europa
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