Quanto hanno contato Giuseppe Pellizza e Angelo Morbelli per Giacomo Balla

ARCO BALLALa mostra di Balla in corso ad Alba alla Fondazione Ferrero evidenzia i rapporti iniziali dei Futuristi con il Divisionismo, poiché determinante fu l’incontro di Balla con Pellizza all’Accademia Albertina nel 1891 presentati dal fotografo Oreste Bertieri.

 

 

In quei giorni il pittore di Volpedo, soggiornando a Torino, preda di nostalgia del paese natale, scriveva “Qui mi sento un uccello in gabbia, mentre in campagna tutto mi parla d’amore” ma in compenso si sentiva fortemente partecipe del clima di socialismo unitario caldeggiato in città da Giovanni Cena ed Edmondo De Amicis. Il successivo incontro nel 1895 a Roma, dove Sibilla Aleramo e lo stesso Cena stavano organizzando scuole per i contadini analfabeti dell’Agro Pontino, resero ancora più intensa la loro amicizia, accomunati dall’ afflato umanitario verso emarginati, poveri, derelitti e umili lavoratori, soggetto dei loro dipinti.

 

I temi proposti da Balla ne” Il polittico dei viventi” (giornata dell’operaio, il mendicante, la pazza, il contadino) dipinti poco dopo il “Quarto Stato” di Pellizza del 1901 e pure “Venduta”,” Bambina malata” e “Per ottanta centesimi” di Morbelli sono affini per tecnica e contenuti anche se Angelo, pur partecipe emotivamente, è più realistico, meno polemico e utopistico.

 

Altro motivo di unione d’intenti è l’amore per la fotografia: Balla era fotografo come il padre, Pellizza dava spesso tagli in diagonale alle opere, Morbelli riteneva questo mezzo indispensabile supporto da tenere sotto gli occhi per completare il dipinto in sostituzione dell’ausilio degli schizzi en plein air.

La prova dei rapporti tra il Divisionismo e gli anni iniziali dei Futuristi è soprattutto esplicita se confrontiamo” Il sole” di Pellizza e “Lampada ad arco” di Balla: stessi i colori divisi per dare una luminosità colta con mescolanza ottica secondo la tecnica del neo impressionismo, diverso lo spirito contenutistico e simbolico.

 

Nell’uno la luce è solare, pensata attraverso il lirismo panteistico della natura e, come asseriva Primo Levi, ” metafora del sole dell’avvenire di giustizia sociale” mentre nell’altro, ormai firmatario del Manifesto dei pittori futuristi del 1910, è esaltazione delle invenzioni moderne che, all’insegna della dinamicità, come auspicava Marinetti, “uccidono il chiaro di luna” inteso come passatismo.

Però il ricordo dei primi anni divisionisti ritornerà in qualche modo ancora in Balla, dopo l’euforia modernista, quando si dedicherà ancora al figurativo che aveva abbandonato per una trentina d’anni.

 

Cristiano Bussola.

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