Predicano il rispetto del (loro) diritto di espressione e poi scacciano chi la pensa diversamente. A raccontare questa storia è Mino Giachino, oggi commissario torinese dell’Udc, già sottosegretario alle Infrastrutture dal 2008 al 2011 nel governo Berlusconi e artefice della famosa manifestazione Sì Tav che portò decine di migliaia di persone in piazza Castello il 10 novembre del 2018. Il successo fu tale che, dicono le cronache, quel giorno il Cavaliere chiamò Giachino: “Confesso che ti ho invidiato”.

Ma veniamo ad oggi, allo sgombero di Askatasuna. Giachino sobbalza davanti alla tv nel vedere un giovane che parla, a nome del centro sociale, di “atteggiamento muscolare da parte delle forze dell’ordine” e “criminalizzazione del dissenso”.
“Ora so che si chiama Stefano – spiega l’ex sottosegretario – il ragazzo che la mattina di sabato 29 marzo 2025 era uscito dal palazzo occupato in corso Regina Margherita a dire a noi del gruppo Sì Tav – Sì Lavoro che eravamo lì davanti a dare volantini a favore dell’alta velocità, che era meglio sloggiare. Aveva anche un simpatico cane al guinzaglio. Tanto che gli agenti della Digos presenti ci consigliarono di lasciar perdere e ce ne andammo per evitare tensioni”.
Insomma, tutto bene per i militanti del centro sociale, finché non si sostiene un’idea diversa dalla loro e soprattutto se la si sostiene davanti all’edificio che ritenevano, almeno fino ad oggi, fosse casa loro.
“Da allora oltre alla lotta No Tav – conclude Giachino – mi pare si siano mobilitati non molto pacificamente a favore della Palestina, ad esempio assaltando La Stampa. Ora mi auguro che il Sindaco Lo Russo prenda davvero atto della situazione. Ho fatto bene a scrivere due settimane fa al Prefetto che la situazione era ormai intollerabile”.
(Nelle foto: Giachino e i Sì Tav davanti ad Askatasuna lo scorso marzo; la folla Sì Tav il 10 novembre 2018 a Torino)
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