LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Diciamocelo con franchezza. Il trasformismo dei populisti sta diventando sempre più simpatico e
divertente. Certo, non c’entra nulla con la politica, con la cultura politica e men che meno, con
qualsivoglia cultura di governo. Perchè attiene rigorosamente ai disvalori più profondi della
politica. Ovvero, il trasformismo, l’opportunismo e a tutto ciò che è riconducibile solo e soltanto
alla logica del potere più spietato. Sono considerazioni, queste, che emergono in modo quasi
naturale dopo avere appreso l’assoluzione da parte del tribunale morale dei 5 stelle del candidato
dello schieramento di sinistra Ricci a Presidente della Regione Marche.
Ora, al di là e al di fuori delle vicende che attengono al candidato della coalizione della sinistra
marchigiana – un fatto che riguarda esclusivamente Ricci – quello che merita di essere rilevato ed
approfondito sotto il versante politico sono le motivazioni che spingono il partito populista per
eccellenza, i 5 stelle appunto, a fare queste valutazioni di merito sulle singole questioni giudiziarie
che attengono le persone che si devono candidare nei vari livelli istituzionali. E l’assoluzione
preventiva del capo dei 5 stelle è destinata a fare scuola, come si suol dire, perchè si applicano
risposte diverse ed alternative a seconda delle convenienze del partito, dei candidati e della
situazione concreta che si prospetta di volta in volta. Certo, è un ginepraio dove è difficile
districarsi per un normale e disinteressato osservatore politico. Ma la regola di fondo, ricorrendo
ad un antico adagio, si potrebbe riassumere così: è il trasformismo bellezza. E cioè, quello che
vale per te non può valere per l’altro. E quello che vale per l’altro non può valere per te. Contano,
cioè, le convenienze, le situazioni, i candidati e il contesto. I principi? I valori? I solenni
pronunciamenti? Le dichiarazioni di fede? I proclami pubblici? Le invettive violente e dissacranti
nei confronti dei nemici? Ma quando mai. Sono tutte stupidaggini utili per i gonzi ma che poi
vanno utilizzate a seconda dei casi, a seconda delle opportunità e delle concrete utilità di partito.
Ora, e al di là del caso marchigiano, questo fatto evidenzia e per l’ennesima volta – per chi non
l’avesse ancora compreso – che il vero rischio per la qualità della nostra democrazia, per la
credibilità delle nostre istituzioni democratiche e per la stessa efficacia della nostra azione di
governo risiede, ieri come oggi, in una sola prassi: il populismo. Perchè è proprio nel populismo
che si racchiudono i rischi mortali per la nostra democrazia repubblicana: e cioè, il trasformismo,
l’opportunismo, il giustizialismo e l’incoerenza come fatto sistematico e strutturale. Ovvero, i
disvalori più profondi e più nefasti che attraversano una società democratica. Ed è per queste
ragioni che chi stringe alleanze con i partiti populisti accetta, di fatto, quella visione e, soprattutto,
quei disvalori. Al di là delle chiacchiere e della propaganda ridicola e grottesca sul “ritorno della
dittatura, sulle torsioni illiberali e sulla compressione delle libertà democratiche e costituzionali”. Il
populismo è l’antitesi della democrazia. Lo era ieri e lo è oggi. Chi lo sposa semplicemente lo
condivide. Punto.