Natale è sempre Natale. A questo Natale ci siamo arrivati “faticanti “. In questa realtà fatichiamo. Guerre, morti sul lavoro e femminicidi e salariati che perdono il posto di lavoro. Ma arriva in soccorso il ricordo.
Più è in là questo ricordo, più è dolce come il miele dAcacia. 65 anni fa. 3 anni. Come faccio a ricordarmi. Francamente non so.
Sono cose ancestrali e sinceramente sono frammenti, frammenti di vita, “visioni frasi spezzettate si affacciano alla mia mente…” non sono mie parole e per i pochi che non le conoscono: sono di Francesco Guccini. E per me Natale erano i trenini Marklin. Soprattutto era costruire l’insieme.
Passaggi a livello. Stazioni e tunnel con i binari e relativi scambi. C’era una punlsantiera da dove si governava tutto. Secondo la complessità dei plastici da sei bottoni da pigiare in su. Erano bottoni colorati in diverso modo ed ognuno con funzioni diverse.
Il bello era ogni anno aggiungere nuove parti “allargando” ogni volta le dimensioni del plastico. La base era di compensato pressato. Ed era divertente accompagnare mio padre dai falegnami. Si trovavano in via Baltea oltre corso Vercelli. Mio padre dava la metratura e tempo 15 minuti era pronto il tutto. Larghe 1metro e cinquanta e lunghe fino a tre metri. Poi mio padre si caricava il tutto fino in via Cherubini 64. Poi quattro piani senza ascensore ed eravamo arrivati.
E l’erba sintetica. Sono dopo si cominciava a fissare i binari. E per l’appunto ogni anno si ingrandiva e almeno ogni due anni si cambiava base. Montato il tutto….sai quanti sogni ci ho fatto sopra. Dopo alcuni anni sono comparsi gli omini. Il capo treno o i passeggeri. Sintesi tra realtà e sogno diventato un film. E dovevi avere tanta ma tanta fantasia. Non potevi e non dovevi ripetere quella del giorno prima. Ti saresti sentito banale e ripetitivo.
Segnando il tempo che passava. Avevi tanto tempo davanti che si chiamava futuro.
Lo immaginavi e poi…diciamocelo…altro che telefonini. La televisione aveva al massimo due canali e dovevi aspettare le 17 40 per i primi cartoni animati.
Ed il ricordo si trasforma in rimpianto.
Sapevi aspettare. Sapevi costruire. Sapevi inventarti delle storie. O perlomeno ci tentavamo. Qualcosa di indispensabile magari non sufficiente ma sicuramente necessario. La facevano da padrone le storie tra indiani a cowboy. Ed oltre alla stazione paesi del far West con il Saloon.
Assalti ai treni. Erano i cattivi mentre tu eri sempre dalla parte dei buoni. Ovvio no?
Così Natale tra l’attesa dei giochi e la fantasia che ti riempiva la vita. E poi …dai …si cresceva e la contentezza durava fino all’Epifania. E ci ritroviamo qua 65 anni dopo.
Non è da poco. Addirittura amiche ed amici di allora non ci sono più. Morti troppo presto.
E dopo 65 anni capisci che quei trenini erano una metafora, in fondo, della vita, della mia e nostra vita. Tra il viaggio per cercare qualcosa o qualcuno al costruire per essere.
Ma bando alle tristezze. Per tutti un buon Natale. Per tutti il diritto di un futuro migliore del presente.
PATRIZIO TOSETTO
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