IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Quando conobbi il giovane John Elkann trassi l’ impressione positiva di un giovane a modo consapevole che lo zio Umberto Agnelli, succeduto a Gianni, era il Capo. In effetti Umberto fu costretto a vivere all’ombra del fratello senza poter svolgere quel ruolo che Gianni non si rivelò all’altezza di affrontare, prigioniero tra Romiti e Ghidella. L’unico vero protagonista della storia della Fiat fu Vittorio Valletta che non viene riconosciuto, se non nella biografia di Piero Bairati. Adesso, dopo il disastro di Stellantis, dare un giudizio su Elkann e il suo degno amministratore delegato dimissionario – un nuovo genere di “portoghese” abilissimo nel prendere soldi – appare inutile tanto vistoso è il fiasco imprenditoriale. Gli Elkann dovrebbero andarsene dall’Italia e tornare da dove sono arrivati, volendo noi essere gentili con loro. Il danno prodotto è gigantesco. Ma la debacle rivela anche l’assenza di ogni politica industriale italiana almeno dall’epoca di Prodi e delle privatizzazioni, che hanno distrutto il patrimonio industriale italiano passato in altre mani con tante aziende chiuse o delocalizzate.
C’è stato un alto tradimento perpetrato contro l’Italia che è diventata succube ruota di scorta. Di questo disegno si è reso complice anche l’ultimo rampollo Agnelli. Il penultimo, dopo la gestione non felice della Juve, è scomparso. La liquidazione al portoghese Tavares è l’ultimo episodio scandaloso che offende Torino e gli operai che stanno per perdere il lavoro. La politica e soprattutto il sindacato bisbiglia un dissenso indecente forse dovuto a connivenze passate. Guardate la fotografia di Elkann in ultima posizione e ad una certa distanza da Umberto Agnelli . Se fosse rimasto li’ o avessero lasciato Montezemolo, forse non saremmo dove siamo. Espressione drammatica della situazione odierna sono la lettera di Elkann ai dipendenti a cui vorrebbe infondere fiducia e speranza e la rivolta parolaia di Landini che fa rigirare nella tomba Luciano Lama. La situazione industriale italiana richiederebbe la mano pesante della Magistratura perché ci sono troppe oscurità.
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Mi pare che il giudizio su Elkann sia anche troppo indulgente.
I Grandi Marchi italiani ridotti a poco più di nulla da incompetenti che non nessuna idea di cosa fare perché dei suddetti marchi nulla hanno capito. Le auto bisogna farle fare a chi brucia di passione per l’auto, non ai “geni” del marketing (vedi quelli che di sono pensati la 500 Abarth elettrica con il 95% dei clienti che compra la vettura termica per elaborata e che mai potrebbero fare lo stesso col motore elettrico) o ai ragionieri che pensano che fare prodotto sia cercare di risparmiare € 0,20 sulla componentistica.
Con la morte di Marchionne il gruppo si è consegnato nelle mani dei francesi senza che nemmeno la politica facesse nulla (vero Conte?).
Elkann sta solo cercando di sfilarsi da questo disastro incolpando Tavares, il quale ha solo eseguito ciò che gli veniva detto di fare: smantellare il “sistema Italia dell’automotive” creando dividendi per gli azionisti che non rispondevano a successi di mercato ma solo a speculazioni sui soldi pubblici.
Una vergogna.
Oggi Elkann è alla ricerca di un nuovo capro per finire l’opera e ritengo significativo che De Meo (ex Marchionne boys) abbia già declinato l’invito, avendo ben compreso la vera natura del “ragazzo” che dei grandi del passato (sia pure non esenti da colpe nemmeno loro) non ha nulla, nemmeno un sussulto d’orgoglio.
Zero totale.
Elkann è l’ennesima dimostrazione che le dinastie imprenditoriali nascono e crescono con la prima generazione, si sviluppano con la seconda, declinano con la terza e poi si estinguono.
Per gli Agnelli, dopo la morte di Edoardo per incidente, la seconda è stata validamente sostituita da Valletta. Poi con l’avvocato, uomo di grande carisma e personalità, che dialogava con i grandi del mondo di allora, ma non un imprenditore in senso stretto, è iniziato il declino.
Marchionne ha solo ritardato la fine, già segnata prima del suo arrivo. Elkann si è limitato a vendere a PSA per mantenere una quota di rilievo in ottica più finanziaria che industriale.
Purtroppo, anche come finanziere non brilla e come leader manca totalmente di carattere e carisma per reggere il timone.
Umberto e suo figlio Giovanni Alberto non hanno potuto per ragioni diverse svolgere un ruolo in prima linea, che forse avrebbe almeno in parte cambiato la traiettoria.
Di tutto ciò Torino sconta e scontera’ a lungo le conseguenze, non essendosi mostrata capace di adeguarsi al cambiamento epocale, a differenza di Milano, unica città italiana di rilievo europeo. Credo che tutti noi torinesi, o almeno quelli che avevano gli strumenti per capire e una minima capacità di agire, dovremmo fare un pò di mea culpa per l’accaduto.
Vorrei solo conoscere chi a suo tempo, dalle pagine di giornali esaltava la figura del Giovin Signore, se dopo i disastri perpetuati da quando l’impero, creato da Giovanni Agnelli il Senatore, è passato a colui che nulla a che vedere con una mentalità piemontese imprenditoriale illuminata.
Non so perché, ma ora ho la certezza che nel primo incontro, esattamente ad un congresso nel quale ho potuto ascoltare l’intervento di Jackie, la sensazione è stata pessima quasi scostante.
Sicuramente un personaggio non legato alla cultura industriale e delle origini famigliari.
Forse Villar Perosa, Torino, l’Italia intera è troppo stretta per lui liquidando uno dopo l’altro i gioielli affidatigli.
Sicuramente colpe enormi hanno politici, boiardi di stato, sindacati, giornalisti prezzolati e tutti coloro che non hanno voluto aprire gli occhi per propri interessi.
Il danno è enorme e sperare che la persona che ha voluto questo possa ritornare ad essere il faro di una nuova economia è a questo punto masochismo puro.
Povera Italia
….una meschina imprenditorieta’ che non s’ addice alla piemontese fantasia del saper fare, difficile cambiare rotta e faide intestine familiari.
Riemergere si può e si deve, basta uno scatto d’ orgoglio di torinesita’ e….magari un piatto di plin al 🌶 peperoncino.Sveglia, né?
penso che il peggio sia stato fatto. I sordi non sentono la sveglia e neppure, se avvenisse, i consigli positivi e di rinascita. In Italia i padri creano ed i figli distruggono. Anche perché non si insegna e si fa provare cosa siano i sacrifici. DE PROFUNDIS…….