Ieri sera è quasi passata inosservata la presenza di James Franco in città, forse per la presenza di un’altra grande stella del cinema giunta sotto la Mole, Zoe Saldana. Eppure l’attore americano, antidivo per eccellenza in tenuta casual, è stato accolto con grande calore dal numeroso pubblico accorso per incontrarlo in ben due sale al Cinema Massaua Cityplex. In compagnia del regista Claudio Giovannesi James Franco ha presentato il film Hey Joe, ambientato a Napoli, un film sulle occasioni perdute, intriso di nostalgia e del neorealismo dei grandi maestri. James Franco interpreta un veterano di guerra del New Jersey, Dean Berry, che sul finire degli anni Sessanta decide di tornare in Italia, a Napoli, dove durante la Seconda Guerra Mondiale, ha avuto una relazione con una donna del posto dalla quale ebbe un figlio mai conosciuto. Barry fa ritorno in Italia nel 1971 per poter incontrare il figlio ormai venticinquenne, cercando di recuperare voragini di assenza. Suo figlio, interpretato da un convincente Francesco Di Napoli, ormai diventato un uomo, è ormai stato completamente assorbito dagli ambienti della malavita e non sembra facile l’impresa di sradicarlo.
Giovannesi ha sottolineato il paradosso di questa storia tra padre e figlio che non parlano la stessa lingua anche se c’è un’estrema vicinanza di sangue, una storia che viene raccontata attraverso la conoscenza di due estranei che devono sforzarsi per incontrarsi, avvicinandosi ognuno alla lingua dell’altro, infatti James recita mezzo film in italiano e Di Napoli prova a parlare un po’ in inglese.
James Franco ha raccontato al pubblico come ha costruito il suo personaggio, che non è stato molto difficile immedesimarsi in un personaggio che è americano come lui, arriva a Napoli dove non conosce la lingua, il tessuto della città, quindi rimane un po’ stordito allo stesso modo, doveva recitare in una lingua che non era la sua, insomma c’era questa assonanza con il personaggio. In più prima di iniziare la lavorazione del film c’è stato un lavoro di ricerca basandosi sul libro Napoli ‘44 di Norman Lewis e in più hanno guardato tantissimi film di Rossellini per carpire un po’ il senso di quello che era la vita italiana di quel periodo. Il suo modo di recitare in questo film è completamente diverso da quello a cui siamo avvezzi, ha lavorato per sottrazione, seguendo i dettami della sua formazione quando ha iniziato la scuola di recitazione. Gli veniva insegnato che è di fondamentale importanza prima capire la vita del personaggio, sentirla dentro e solo in un secondo tempo usare le parole. Ed è un po’ quello che ha fatto in questo film rispetto agli altri film, è stato un po’ come tornare alle proprie radici, anche perché ha senso che in questo film il personaggio non parli tanto e la maggior parte di ciò che è emerge dal comportamento, dagli atteggiamenti. E il regista è stato abile nel guidarlo perché ha lasciato che fossero più gli stati d’animo ad emergere senza mai cadere nel didascalico o nel sentimentale, con l’asciuttezza che lo contraddistingue. Giovannesi ha sottolineato come “questa è una storia tra padre e figlio che non parlano la stessa lingua e questo è già un paradosso, perché c’è un’estrema vicinanza di sangue che viene raccontata attraverso la conoscenza di due estranei che devono incontrarsi avvicinandosi ognuno alla lingua dell’altro, infatti James recita mezzo film in italiano e Di Napoli prova a parlare un po’ in inglese.”
Testo e foto di Giuliana Prestipino
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE