Cosa significa andare ‘oltre il bio‘?
Vuol dire coltivare utilizzando solo acqua, con gli enormi benefici che ne conseguono: stop a pesticidi e sostanze chimiche e, di conseguenza, agricoltori e consumatori non esposti ai loro effetti nocivi per la salute, piante più sane e resistenti, prodotti più buoni e nutrienti, impatto inquinante sull’ambiente azzerato.
Stregoneria, utopia? Assolutamente no, e vi raccontiamo alcune delle realtà che ne stanno beneficiando attualmente.
L’acqua, infatti, possiede questa curiosa capacità di conservare in memoria l’impronta delle sostanze con le quali entra a contatto per un po’ di tempo, a condizione che le sue molecole siano rese stabili.
Inoltre, qualsiasi cosa nel mondo emette frequenze elettromagnetiche; non serve, quindi, che l’acqua entri in contatto con l’elemento stesso, ma bensì con la sua frequenza.
Le testimonianze positive dell’impiego di acqua magnetizzata con frequenze aumentano di giorno in giorno.
Tuttavia, Luciano Gastaldi, ricercatore scientifico della Ied Bioe Italia e ideatore del metodo, ha deciso di fare un passo in più.
“È giusto che i consumatori, dopo aver constatato l’intenso sapore dei prodotti coltivati con questo metodo, siano al corrente anche della loro purezza. Ci occupiamo di controllare la crescita delle piante, permettendo loro di difendersi dai parassiti in maniera naturale. Per questo motivo andiamo oltre il bio, i nostri prodotti non hanno traccia di trattamenti chimici”, spiega entusiasta Gastaldi.
Da qui l’idea di fondare il marchio “oltre il bio“, per permettere ai consumatori di riconoscere la nobile origine dei prodotti sia nei ristoranti, che dai produttori stessi. Il tutto, inoltre, è visibile sulla mappa presente nel sito della Bioe Ied Italia.
Un padre, contadino ed enologo: l’esperienza con “oltre il bio”
Tra queste, l’azienda agricola “Le more bianche” è guidata con esperienza dal proprietario Alessandro Bovio. Il suo approccio al lavoro in vigna è sempre stato di grande rispetto nei confronti della natura.
“Nel 2013 sono diventato padre, ed è stato l’amore per mia figlia a guidare le mie scelte. Ho deciso di gestire la vigna come una volta, con rame e zolfo, dicendo basta ai prodotti chimici e di sintesi”, spiega Bovio.
Questo dolce passo ci porta a un’inevitabile riflessione. Prima ancora dei consumatori, sono proprio i contadini stessi, e le relative famiglie, a subire l’impatto nocivo di pesticidi e prodotti chimici. Inoltre, lavorare con tute di protezione e maschere, non è mai piacevole, specialmente quando in estate si sfiorano punte di 40°C.
Ed ecco che nel 2020 nasce il sodalizio con Luciano Gastaldi e il suo innovativo metodo per coltivare “oltre il bio“.
“Stiamo cercando di utilizzare l’acqua informata per contrastare la flavescenza dorata che ha colpito alcune delle nostre piante”, spiega Bovio. Questa malattia, trasportata da una cicalina, porta all’ostruzione dei canali linfatici della pianta, causandone la morte. Per avere un’idea più chiara del processo, basti pensare ai problemi causati da un trombo nel corpo umano.
“Contrastare questa malattia è di primaria importanza. Se si perde anche solo il 5% del proprio campo, i danni sono ingenti, sia per l’anno stesso, sia per i 5 successivi in cui le nuove piante non potranno generare frutti, e quindi fatturato”, afferma Bovio.
Tuttavia, l’acqua magnetizzata, irrorata con le frequenze in grado di allontanare questo insetto, sta dando ottimi risultati.
Inoltre, è in corso una piccola sperimentazione. “In botte sta fermentando del vino ricavato da grappoli che sono coltivati esclusivamente con quest’acqua: il sapore è di gran lunga più dolce e aromatico“.
Tuttavia, bisogna ancora attendere. “Dobbiamo aspettare per capire se tali variazioni dipendono da fattori climatici che hanno caratterizzato questa annata, o se questo rivoluzionario metodo, più vicino alla natura, influisce positivamente anche sul sapore”, conclude Alessandro Bovio.
Le pere di una volta: il gusto della semplicità
Non lontano dai vigneti di Bovio, spicca un’altra di queste brillanti e promettenti realtà: la cascina Rundavì dei fratelli Bo.
Questa azienda agricola, anch’essa a conduzione familiare, integra i valori della tradizione con moderne tecniche agronomiche. La filosofia dell’azienda emerge chiaramente dal loro motto:” Il rispetto dell’ambiente e della natura porta sempre ai risultati migliori“.
Il prodotto di punta è la pera madernassa, autoctona della zona del Roero, ed è costantemente in pericolo.
“Dobbiamo contrastare il colpo di fuoco batterico, l’alternaria, la psilla e molto altro. Purtroppo non possiamo lasciare che le piante crescano per conto loro, anche se ci piacerebbe, o rischiamo di non vedere frutti“, spiega Mauro Bo, contadino e proprietario dell’azienda.
Per specificare, il colpo di fuoco è causato da un batterio in grado di disseccare una pianta in poco tempo, quasi come un incendio, da questo il nome che ne deriva. L’alternaria è un fungo che, in determinate condizioni, fa marcire le pere sulle piante. La psilla è un insetto che mangia le foglie del pero, è in rapida espansione poichè molti pesticidi hanno eliminato i suoi predatori naturali.
“È sufficiente un piccolo quantitativo di acqua magnetizzata da diluire e miscelare in acqua normale, lasciando che il tutto riposi alcune ore“, spiega Mauro Bo.
L’evidenza del fatto che si tratti solamente di acqua si ha con le rilevazioni dei residui di sostanze chimiche.
“I nostri frutti sono, da sempre, molto al di sotto della soglia massima di presenza di residui chimici, ma quelli coltivati con quest’acqua non permettono neanche al rilevatore di segnalarne la presenza, sfuggono dal suo spettro di osservazione”, spiega entusiasta Mauro Bo.
Inoltre, sempre lui, spiega come le pere coltivate con questo metodo siano più dolci, e i costi per produrle molto simili a quelle trattate con qualche elemento chimico.
“I numerosi vantaggi mi rendono fiducioso: proverò man mano ad allargare questo metodo a tutta la mia produzione. Inoltre, il gusto dolce e intenso ricorda quello delle pere di una volta, quelle che nessuno è più abituato a mangiare”, conclude Mauro Bo.
La “oltre il bio-social catena” di Cuneo
I prodotti “oltre il bio“, coltivati con cura, vengono infine cucinati e serviti ai clienti, chiudendo il percorso della filiera da produttore a consumatore.
Sede di una ex bocciofila che da poco tempo inizia a ospitare campi da paddle, questo ristorante mostra come il sapersi rinnovare sia uno dei suoi punti di forza.
La sua clientela è già abituata alla cucina piemontese di molti prodotti a chilometro zero. Tuttavia, insieme a Luciano Gastaldi, nasce l’idea di proporre nel menù dei piatti la cui materia prima sia di derivazione “oltre il bio“.
“Siamo soddisfatti di aver implementato queste proposte nel nostro menù. I clienti sono entusiasti e sono molti i commenti positivi“, spiega Gabriella Ramondetti.
“Prodotti dal sapore intenso, ma anche sani per chi produce e chi consuma, rispettosi per ambiente, non possono che far parte della nostra proposta”, continua.
A breve comparirà nel menù una spiegazione di come questi prodotti siano coltivati, di cosa voglia dire “oltre il bio”, ma Gabriella Ramondetti spende sempre qualche minuto per informare le persone che si siedono a tavola.
“Se vogliamo sopravvivere alle multinazionali della ristorazione dobbiamo cooperare. Bisogna pensare all’intera filiera come a un singolo elemento. Un legame forte che unisce i ristoratori e i produttori, è l’unico modo per creare una solida economia nella nostra zona, in grado di mantenere alti livelli qualitativi a prezzi accettabili“, spiega Ramondetti.
Queste parole possono ricordare la social catena descritta da Giacomo Leopardi nella poesia “La Ginestra”. Ma, questa volta, al posto della Natura nemica descritta dal poeta, vi sono i pesticidi, le sostanze chimiche, l’aumento dei prezzi, l’abbassamento degli standard qualitativi, la smoderata importazione di prodotti fuori stagione, da contrastare cooperando.
Tuttavia, queste realtà a conduzione familiare, se unite, potranno davvero continuare a proporre il meglio ai clienti, con orgoglio e passione.
“Le idee buone vanno coltivate, e noi vogliamo farlo con l’acqua”
Nella periferia di Torino, incastonata nel delizioso quadro dell’arco alpino, sorge la cascina Grange Scott, gestita con passione da Lucia Dentis e dalla figlia Giulia.
La loro clientela è già abituata a prodotti di un certo tipo.
Per esempio, la carne leggermente scura, è indice della frollatura, il processo naturale di ‘maturazione‘ della carne per renderla più morbida e gustosa. Questo aspetto è rilevante: per acquistare prodotti di qualità, occorre essere informati sull’argomento. Per questo motivo, qui vengono anche proposti corsi educativi per grandi e piccini, esperienze interessanti e formative.
“Ancora non produciamo oltre il bio, abbiamo conosciuto il signor Gastaldi da poco, ma ci piacerebbe coltivare mais e soia con questo metodo il prossimo anno. Il fine sarebbe quello di usarli per produrre mangimi e, chiudendo il ciclo, arrivando a produrre carne oltre il bio“, spiega Lucia Dentis.
Nel negozio della loro cascina, tuttavia, sono già esposti dei prodotti “oltre il bio” della cascina Rundavì di Mauro Bo.
“I clienti sono incuriositi, e chiedono che cosa significhi quel bollino che riporta la dicitura. Noi glielo spieghiamo, sottolineando come, purtroppo, il bio sia spesso solamente una facciata. Infatti, anche quei prodotti, sono coltivati con numerosi trattamenti chimici. Qui, invece, si va oltre, proprio come dice il logo stesso”, spiega la figlia Giulia.
“In questo periodo stiamo provando a inserire nei nostri cesti natalizi dei prodotti “oltre il bio”. Pensiamo sia una gesto affettuoso poichè proponiamo un prodotto sano al massimo, molto buono, ed eticamente rispettoso per l’ambiente“, affermano entrambe soddisfatte.
Il riscontro della clientela arriverà, probabilmente, dopo le feste, quando le persone avranno tolto gli addobbi e scartato da un pezzo i tanto attesi regali sotto l’albero, ma una cosa è certa: il giudizio più importante è già arrivato.
“La nostra filosofia è semplice: se proponiamo un prodotto, dobbiamo essere testimoni della sua qualità. E siamo sinceramente stupite, pur essendo abituate a consumare la sana frutta del nostro giardino, dalla bontà di questi prodotti“, continuano entrambe.
“Si dice che le idee buone vadano coltivate, ebbene, noi scegliamo di farlo con l’acqua“, conclude sorridente Lucia Dentis.
Il modello agricolo del futuro?
Luciano Gastaldi si dice fiducioso riguardo al futuro dei prodotti “oltre il bio“.
Tuttavia, è un peccato che una realtà di questo tipo, non sia ancora molto conosciuta. Del resto, qualcuno potrebbe affermare che “le cose buone richiedono tempo“. Infatti, sono serviti 15 anni di test e prove pratiche per ottenere la certificazione scientifica di questa tesi, ottenuta ad aprile 2022 al congresso internazionale del “World Water Forum” svoltosi a Dakar in Senegal.
Tuttavia, per capire le ragioni del presente, è opportuno fare un passo indietro.
Nel periodo del dopoguerra, l’agricoltura è progredita notevolmente. L’impiego di prodotti chimici corrispondeva a incrementare esponenzialmente la produzione, preservando i campi da malattie e parassiti.
Il futuro, in quest’ottica, ci comunica che è necessario un ritorno al passato, per poter restituire la natura alla natura stessa.
Infatti, dopo svariati anni di trattamenti chimici, le piante sono come ‘assuefatte‘. Serve tempo affinchè possano riabituarsi a difendersi autonomamente. Proprio come coloro che, al primo mal di testa, si imbottiscono di farmaci; a lungo andare le difese immunitarie si saranno abbassate, e il corpo avrà addirittura bisogno di quella medicina.
Tutto questo dove ci ha condotti? Possiamo consumare quello che vogliamo, quando vogliamo, ma non abbiamo la minima idea del sapore e delle sostanze nutritive presenti nei frutti di una volta.
Sarebbe forse opportuno tornare ad alimentarsi ricercando la qualità nella sostanza, più che nell’estetica.
Tuttavia, questa potrebbe rimanere un’utopia finchè, nella la società odierna, sarà importante apparire più che essere.
Umberto Urbano Ferrero