Monte Verità, culla dell’utopia

Ascona è un comune svizzero del Canton ticino, sul lago Maggiore. E’ lì che s’incontra “il luogo che non c’è”, la culla dell’utopia: il monte Verità. A partire dall’inizio del ventesimo secolo , su questa  collina appena sopra la perla dell’alto Verbano, tra Brissago e Locarno, si riunirono intellettuali e artisti alla ricerca di valori e modi di vita alternativi. Un’umanità varia composta da vegetariani, predicatori del ritorno alla vita rurale, sostenitori dell’utilità delle pratiche igeniste all’aria aperta (ginnastica, sole e bagni freddi) e anche da chi propagandava l’anarchia e il libero amore.

I fondatori del movimento Henry Hoendekoven, figlio di un industriale belga, e Ida Hoffmann, femminista e insegnante di pianoforte, arrivarono sulle rive del lago Maggiore dalla Germania. Vi giunsero a piedi, rifiutando le abitudini di una società sempre più materialistica, alla ricerca di uno stile di vita a contatto con la terra, la natura, la semplicità. A quel tempo il monte Verità si chiamava Monescia e i naturisti comprarono terreni e costruirono case seguendo stili precisi. All’epoca sul colle non c’era neppure l’acqua ma non per  questo si persero d’animo e per tutto il primo ventennio del ’900 il Monte Verità  diventò la “piccola patria” di pensatori, scrittori, artisti, anarchici e di chiunque fosse interessato a sperimentare in completa libertà le proposte rivoluzionarie del gruppo. Vi soggiornarono le menti più vivaci dell’epoca: Carl Gustav Jung, Erich Maria Remarque, Thomas Mann ,André Gide, Herman Hesse ( che viveva a Montagnola, nel ticinese distretto di Lugano ). E non mancarono gli anarchici e rivoluzionari come Bakunin e Lenin. I valori condivisi erano l’emancipazione femminile, il vegetarianismo, la danza di gruppo (o euritmia, spesso fatta alla luce della luna), l’abolizione del denaro con la sostitutiva pratica del baratto, l’originalissima abolizione delle maiuscole nei testi. La comunità sosteneva che la coltivazione della terra in costumi adamitici portava benefici al raccolto. Nel giro di pochi anni gli abitanti di Ascona iniziarono a guardare con sospetto a cosa stava accadendo sulla loro collina. Ma non protestarono, si limitarono a chiamare quei nudisti ballerini, agricoltori, musicisti e messaggeri dell’amore libero, con un innocuo nomignolo: i “balabiòtt”. Sarà pur bizzarra la storia del Monte Verità e dei suoi “danzatori nudi” ma, come mi disse un vecchio intellettuale ticinese e storico del lago Maggiore, “è la bellezza di questa landa libertaria dove le idee si rispettano anche quando non si condividono”.

Marco Travaglini

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