Sapete cari lettori, è difficile scrivere un pezzo su San Valentino senza scivolare nella retorica e nella banalità. È assai complesso trattare d’amore dribblando l’ovvietà delle frasi da “bigliettino regalo”. D’altro canto è da sempre che l’uomo si confronta con tale sentimento: poeti, scrittori, artisti hanno tentato nei secoli di descriverlo, questo “amore”, studiosi e psicanalisti hanno provato a spiegarlo e i più timorosi si sono pure convinti di riuscire a rifuggirlo.
Non farò qui una dissertazione articolata su che cosa sia l’amore, né proporrò un elenco di citazioni mirate per farvi commuovere, al contrario vorrei intrattenervi raccontandovi delle origini di questa strana festività, che da tempo immemore esalta la passione amorosa.
Certo, siamo onesti, con l’avanzare dell’età tali concetti si allontanano dal podio delle questioni importanti, siamo tutti proiettati sul lavoro, sulla casa, sul portare i bambini a scuola e – soprattutto- sulle varie attività pomeridiane, siamo così sommersi dagli impegni “davvero” essenziali da non avere più tempo da perdere dietro a tali smancerie.
È materia da adolescenti questa, perché solo in quel momento dell’esistenza abbiamo la sfrontatezza necessaria per vivere appieno uno stato d’animo così totalizzante. Solo in quel lasso di vita siamo così coraggiosi da mettere ogni cosa in secondo piano, pur di stare qualche ora insieme alla nostra dolce metà. Credo allora sia giusto che i veri protagonisti di questa giornata siano i ragazzi, a maggior ragione ora, in un periodo storico così difficile, in cui non solo una pandemia ha stravolto la quotidianità della vicinanza, ma i social e la digitalizzazione sfrenata stanno distaccandoci dalla realtà e dal concreto.
Per queste motivazioni mi piace l’idea di poter scrivere di tale festa melensa, perché forse ogni tanto c’è bisogno di un po’ di retorica.
Un giorno, quello di San Valentino, dedicato a chi si vuole bene e a coloro che ancora si tengono la mano dopo tanto tempo insieme, ma soprattutto una ricorrenza rivolta a chi brucia, a chi desidera, a chi aspetta irrequieto che il telefono squilli, a chi prova quell’ “excrucior” di cui parla Catullo nei suoi impareggiabili versi.
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte, / che, come vedi, ancor non m’abbandona.” (Dante, “Inf.”,V, 103), dice Francesca del suo Paolo.
Eccole qui le eterne parole di Dante, antiche e immortali, citatissime e mai eguagliate. Eccole qui le uniche parole adatte per tale occasione.
Quelli che sono gli amanti più famosi della letteratura hanno da sempre influenzato poeti e artisti, la loro fama si è protratta attraverso le epoche come fonte d’ispirazione obbligata per chiunque voglia anche solo pensare all’argomento amoroso. La potenza dell’Opera dantesca non si leviga, non si usura, nemmeno oggigiorno quando le terzine dall’andamento anaforico vengono utilizzare per incartare cioccolatini da distribuire alle masse dei consumatori.
Tempus fugit, e siamo arrivati al giorno più romantico dell’anno. Ancora una volta, il 14 febbraio gli innamorati si regaleranno un po’ di tempo per loro, magari una cena al lume di candela o un weekend clandestino in qualche baita montana, o semplicemente qualcuno poggerà una rosa sul tavolo apparecchiato di casa, per far sorridere la persona amata di quello stesso sorriso con cui ci si innamora da adolescenti. La giornata è celebrata in quasi tutta Europa, nelle Americhe e nell’Estremo Oriente, si tratta di una ricorrenza assai vetusta, che affonda le sue radici in usanze pagane in seguito dimenticate. Per tale ricorrenza la nostra Torino offre diverse possibilità di festeggiamento: cene romantiche nei ristoranti del centro e non solo, musei con ingresso ridotto, aperitivi panoramici o ancora pernottamenti in magnifiche location appena fuori il capoluogo piemontese. Lo sappiamo, quando si tratta di “fare festa” i torinesi difficilmente si tirano indietro.
La città, per questa occasione, si tinge di rosso, negozi e locali hanno già allestito le vetrine con cuoricini e sagome di innamorati e per le vie si respira un’aria di romanticismo dilagante.
Quel che vorrei far emergere è che da sempre l’amore è esaltato e festeggiato e credo sia un bene che tale evento, seppur commercializzato e talvolta banalizzato, permanga ancora oggi, affinché rimanga viva la possibilità di ricordarci di quel sentimento che davvero ci rende uguali.
Lo spiega bene l’Amico Gufo in Bambi, tutti ci “rincitrulliamo”, l’innamoramento ha gli stessi effetti sugli scettici e sulle persone più sensibili, non dipende dall’etnia o dalla nazionalità, così come un cuore infranto non ha sesso e non ha genere, in quell’occasione piangiamo tutti allo stesso modo. La festività, istituita nel 496 da papa Gelasio I, prende il nome dal santo e martire Valentino di Terni e si diffonde prima di tutto in Francia e in Inghilterra, grazie al contributo dei Benedettini. È bene sottolineare la presenza di diversi santi denominati Valentino e non sempre la tradizione è chiara su chi in effetti debba essere preso a riferimento. La ricorrenza si sostituisce alla festa pagana dei “Lupercalia”, contribuendo allo scopo ultimo di cristianizzare le festività romane.
I Lupercalia si svolgevano a metà febbraio, considerato il mese purificatorio, durante i giorni nefasti, che vanno dal 13 al 15. I rituali sono eseguiti in onore del dio Fauno, nella sua accezione di Lupercus, cioè protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi. Proprio il 15 febbraio è indicato come giorno culmine del periodo invernale, in questo momento le belve selvatiche sentono maggiormente i morsi della fame e si spingono più di sovente vicino alle greggi, che di conseguenza necessitano di più protezione.
Sono diverse le fonti a cui si può attingere per avere un’idea di come si svolgessero tali rituali, tuttavia è nelle “Vite Parallele” di Plutarco che possiamo ritrovare una minuziosa descrizione della festa.
La ricorrenza è legata ai cicli di morte e rinascita della natura, alla sovversione delle regole e alla momentanea distruzione dell’ordine sociale. Grazie a tali attività la comunità viene purificata ed è quindi possibile la sperata “rinascita”. Vengono costituiti chiassosi cortei, i partecipanti indossano maschere e travestimenti, rimettendo in atto il caos primigenio da cui scaturisce il processo di rigenerazione. Di tali celebrazioni permangono, seppur mediate dalla morale cristiana, alcune abitudini riferibili alla tradizione del Carnevale.
Durante i Lupercalia vengono portati avanti riti specifici, tra questi è bene ricordare la peculiare usanza legata al propiziare la fertilità delle donne: le fanciulle scendono in strada e si abbandonano ai colpi vibrati delle fascine di rami stretti con spaghi, inferti dai giovani. Così gli uomini regrediscono alla condizione ancestrale e divina della libera sessualità, impersonata proprio dal dio Fauno-Luperco. Secondo le fonti, anche le donne in dolce attesa partecipano a questi momenti e, come le altre componenti, si sottopongono spontaneamente e di buon grado ai colpi inferti dagli uomini, nell’ottica di facilitare la procreazione e rendere il proprio figlio forte e di buona costituzione. Una festività ben specifica e difficile da mascherare per i cristiani, l’escamotage utilizzato da Papa Gelasio I consiste nel mantenere una sorta di richiamo all’amore, cancellandone l’aspetto carnale ed elevandolo ad “amore etereo”, in riferimento al Santo Valentino, protettore degli innamorati.
Come precedentemente accennato, non si sa con certezza quale San Valentino debba essere venerato il 14 febbraio, probabilmente Valentino di Terni, ma forse un Valentino morto a Roma nel 274. Quest’ultimo sarebbe stato giustiziato per aver celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia e il romano e pagano Sabino, secondo la storia i due giovani morirono insieme proprio mentre il Santo li benediceva, Santo che di lì a poco sarebbe stato decapitato. Che ci ricordiamo o meno di queste faccende, l’importante – questa la mia opinione – è che il giorno di San Valentino valga ancora qualcosa, almeno per quei romantici che perdurano nel credere in questa sciocchezza dell’amore, che ancora si battono per un gesto carino, per la cavalleria, che forse non sarà tanto apprezzata dalle femministe più sfrenate, ma che a me, personalmente, piace tanto.
Alessia Cagnotto
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