Il 30 settembre scorso, nell’ambito delle consuete attività di contrasto al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, personale della Squadra Mobile della Questura di Torino ha tratto in arresto un cittadino italiano, di anni 39, responsabile della detenzione di kg. 14,5 di marijuana e kg 1 di hashish.
Il successivo 15 ottobre, il medesimo Ufficio ha tratto in arresto un altro cittadino italiano, di anni 22, responsabile della detenzione di kg 16,5 di marijuana e kg 1,250 di hashish.
I due arresti, sebbene non maturati nell’ambito di attività investigative strutturate e non collegati tra loro, hanno evidenziato che, da qualche tempo, il mercato torinese delle sostanze stupefacenti fa registrare la comparsa di un nuovo tipo di marijuana.
Le analisi effettuate dalla Polizia Scientifica hanno infatti permesso di accertare che la marijuana sequestrata in entrambe le narrate occasioni risulta addizionata con un cannabinoide sintetico, denominato MDMB-4en-Pinaca, appartenente ad una classe di sostanze che posseggono caratteristiche analoghe a quelle dei cannabinoidi naturali (come, in particolare, il THC) e sono pertanto in grado di elevare l’effetto stupefacente della marijuana.
La diffusione di marijuana adulterata non rappresenta una novità ed è principalmente correlata alla necessità, per chi la commercializza, di amplificare l’effetto psicoattivo della cannabis di scarsa qualità; un esempio è costituito dalla marijuana comunemente nota come “amnésia”, ottenuta da canapa indiana trattata con sostanze (come, ad esempio, metadone o ammoniaca) capaci di aumentarne l’effetto dopante.
I pericoli insiti nella diffusione di marijuana additivata con cannabinoidi sintetici sono quindi dello stesso tipo di quelli evidenziati a seguito della comparsa della “amnésia”: in entrambi i casi, infatti, l’adulterazione viene generalmente effettuata attraverso la nebulizzazione di un’apposita soluzione sulla matrice vegetale e questo processo, che si conclude con l’essicazione, non è assolutamente idoneo a garantire una distribuzione omogenea delle sostanze adulteranti; pertanto, la marijuana così trattata risulta potenzialmente più pericolosa per gli assuntori, non essendovi la possibilità di verificare dove siano eventualmente presenti maggiori concentrazioni dei prodotti sintetici aggiuntivi, con incremento non calcolabile del principio attivo, neppure per chi effettua il trattamento di adulterazione del narcotico.
(foto archivio)
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