TFF, quindici film in concorso provano a raccontare la precarietà delle vite di oggi

Al via la 37ma edizione del Torino Film Festival

“Prendete posto. Inizia il film”. Ovvero Torino apre le porte al Cinema. Il concerto di inaugurazione questa sera alle 21 al teatro Regio di “Torino Città del Cinema 2020” dispiegato in “Un film lungo un anno”, venti brani sotto la direzione del maestro Alessandro Molinari e ricavati da colonne sonore che hanno contribuito a costruire la storia della nostra settima arte, unite alle immagini dei film prescelti, da “Profondo rosso” di Dario Argento al felliniano “Amarcord”, dai “Compagni” di Monicelli a “Caro diario” di Moretti, dal “Postino” con cui Massimo Troisi si congedò dal suo pubblico a “Profumo di donna” di Dino Risi alla “Finestra di fronte” di Ferzan Ozpetek.

 

Ma pure l’occasione per dare il via, con una serata d’anticipo (aspettiamo domani per inaugurare i red carpet che come ormai si sa da anni lasciano volentieri il passo alle discussioni e alle normali code ai botteghini, con la seriosa cancellazione delle facce arcinote con relative spese e gli arrivi in pompa magna) alla fitta settimana che sarà occupata dalla 37ma edizione del Torino Film Festival, ancora una volta diretto da Emanuela Martini (l’ultima? o qualcuno avrà qualche ripensamento?), ancora per l’occasione (troppo?) legata alle “notti horror” e ai brividi di contorno, disseminati sotto diversa e più o meno intensa veste in ogni sezione, Cristina Comencini a capitanare la giuria del concorso, una fitta rete di titoli – 44 opere prime e seconde, 45 anteprime mondiali, 28 anteprime internazionali, 64 anteprime italiane -, un budget che può contare su un milione e 900 mila euro.

L’apertura è affidata a Jojo Rabbit firmato da Taika Waititi, interpreti Scarlett Johanson e Sam Rockwell, una satira sferzante e spiazzante del nazismo e dei suoi miti, la storia di un ragazzino di dieci anni nella Vienna del nazismo, capace di inventarsi un amico immaginario, che è Hitler stesso, mentre la mamma nasconde in casa una ragazza ebrea; mentre il film di chiusura è Knives out di Rian Johnson, con Daniel Craig, Jamie Lee Curtis e Christopher Plummer (in uscita sugli schermi il prossimo 5 dicembre con il titolo Cena con delitto), dove un detective indaga sull’apparente suicidio di un ricco scrittore di romanzi gialli, morto quando tutti i suoi congiunti, in odore di plausibile movente, sono riuniti a festeggiare il suo ottantacinquesimo compleanno. Quindici i film del concorso, 18 i paesi partecipanti, produttori e coproduttori: Argentina, Canada, Cile, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Taiwan e Tunisia. Se la musica con le aspirazioni di una giovane musicista è al centro del francese Le choc du futur (la musica si specchia anche nel tedesco Prélude di Sabrina Sarabi, la dedizione assoluta di un giovane pianista, il sogno di vincere una borsa di studio, l’apparizione di una ragazza che scuote la fragilità di David), se l’argentino Fin de siglo offre ad una coppia l’occasione per duplicare il “breve incontro” di vent’anni prima, se le schermaglie prima e la complicità poi legano tra gli argini del Polesine Giuseppe Battiston e Stefano Fresi in Il grande passo di Antonio Padovan, nei dintorni degli incubi ci si ritrova con El hoyo dello spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia, dove un uomo un bel mattino si risveglia in una prigione verticale, e con un vecchio vicino di letto, fatta di piani con due prigionieri ciascuno attraverso cui una volta al giorno scende una piattaforma zeppa di cibo: più si è sopra e più ci si abbuffa, mentre più si scende più restano le briciole.

Da tener d’occhio Now is everything, opera prima di Riccardo Spinotti (papà Dante produce e fotografa) e Valentina De Amicis, un giovane fotografo di moda diviso tra la morte del fratello minore e la scomparsa della fidanzata: nel cast Ray Nicholson, figlio di Jack, e Anthony Hopkins; mentre dagli Usa arriva Ms. White light di Paul Shoulberg in cui la giovane Lex sa entrare in empatia con le persone che muoiono, cosa che non le riesce con il resto del mondo che la circonda, dalla Gran Bretagna Tom Cullen (il maggiordomo di Downton Abbey, al suo debutto nella regia) porta Pink Wall, sei anni nella vita di Jenna e Leon, raccontati in sei momenti della loro relazione, e dalla Tunisia ecco la storia drammaticamente forte di una donna che ha il marito in carcere e un amante di cui è follemente innamorata (Le rêve de Noura di Hinde Boujemaa). E ancora altre storie, tra famiglie che si dilaniano, donne in cerca di uno stabile futuro, giovani in cerca di un successo che continua a sfuggire, contrasti, false amicizie, ambizioni e povertà, il vivere e il lasciarsi vivere, tutto a raccontare le nostre esistenze.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, Giuseppe Battiston e Stefano Fresi in “Il grande passo” di Antonio Padovan (in concorso), “Jojo Rabbit” film inaugurale del festival e “Pink Wall”, opera prima di Tom Cullen (in concorso)

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