Riforma della Giustizia: pro e contro

PERCHÉ DICO NO

Di Enzo Grassano *

No alla separazione delle carriere: il PM deve restare libero
La proposta di separare le carriere tra magistrati giudicanti e pubblici ministeri è pericolosa per la giustizia e per la democrazia. Oggi il pubblico ministero è un magistrato indipendente, libero di indagare ovunque ci siano ipotesi di reato, senza pressioni politiche. Separare le carriere significa avvicinare il PM al potere esecutivo, trasformandolo in un “avvocato dell’accusa”, indebolendo la sua autonomia.
La Costituzione italiana garantisce l’unità della magistratura proprio per assicurare un sistema giudiziario libero e imparziale. Modificare questo equilibrio, come propone il referendum confermativo, rischia di compromettere la libertà delle indagini e la giustizia per tutti.
Per questo diciamo con forza: no alla separazione delle carriere, no al referendum. Il PM deve restare libero.

* Già membro del Partito Democratico

PERCHÉ DICO SI’

Di Nicola Carlone *

Mentre il Parlamento affronta una delle riforme costituzionali più rilevanti degli ultimi decenni, quella dell’ordinamento giudiziario, non mancano le polemiche, spesso strumentali. Alcuni settori della sinistra, infatti, si sono lanciati in accuse pretestuose, parlando di sottomissione della magistratura al potere esecutivo e di un presunto attacco allo Stato di diritto. Scene da commedia, più che da confronto parlamentare.
La verità, tuttavia, è sotto gli occhi di chiunque voglia leggere il testo della riforma: O si preferisce non
affrontarne il merito per meri calcoli politici, oppure vi è chi difende uno status quo che da tempo mostra crepe evidenti.
Ed è legittimo porsi una domanda: queste resistenze derivano forse dalla volontà di tutelare interessi consolidati all’interno della magistratura, che la Costituzione, peraltro, vieta di organizzare in correnti politiche?
Al contrario di quanto sostenuto da alcuni, la riforma non introduce alcuna subordinazione della magistratura al Governo. Al contrario, interviene per rafforzarne l’autonomia concreta, rimuovendo quei meccanismi di cooptazione interna e spartizione delle nomine che hanno indebolito la fiducia dei cittadini nella giustizia.
I contenuti tecnici della riforma (fonte Adnkronos)
Il testo della riforma costituzionale interviene su punti cruciali dell’ordinamento giudiziario, introducendo due principi fondamentali:
La separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti;
La creazione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura, ciascuno autonomo, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica.
La composizione di tali Consigli è costruita su criteri di trasparenza e imparzialità:
Un terzo dei componenti sarà estratto a sorte da un elenco di professori ordinari di materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di attività, selezionati dal Parlamento in seduta comune;
I restanti due terzi saranno estratti a sorte tra i magistrati delle rispettive categorie (giudicanti o requirenti), in modo da impedire concentrazioni di potere e logiche correntizie.
Ciascun Consiglio eleggerà il proprio vicepresidente, sempre tra i componenti non togati. I mandati avranno durata quadriennale e non saranno rinnovabili. Durante l’incarico, i membri non potranno esercitare attività professionali né ricoprire cariche politiche.
Tra le altre novità, si prevede l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, competente per i procedimenti a carico dei magistrati. Sarà composta da 15 membri con composizione mista, anche in questo caso scelta in parte per sorteggio e in parte per nomina, sempre tra soggetti dotati di qualificazione giuridica elevata.
Questa riforma non è una provocazione né un’azione punitiva nei confronti della magistratura, ma una risposta concreta a criticità note e denunciate da tempo. Le degenerazioni correntizie emerse clamorosamente nel caso Palamara sono solo l’ultima evidenza di un sistema autoreferenziale, che rischia di trasformare l’autonomia della magistratura in una forma di irresponsabilità.
La separazione delle carriere garantirà una equidistanza tra il giudice e l’accusa \ difesa. Questo eviterà che i rapporti lavorativi e personali nati in un ambiente di lavoro unitario, possano compromettere il corso di un processo.
Vale la pena ricordare che alcune delle soluzioni oggi proposte, proprio come la distinzione delle carriere furono già suggerite da Giovanni Falcone, il quale metteva in guardia dai pericoli di una magistratura chiusa, poco trasparente e refrattaria a ogni forma di controllo.
La previsione di un organo disciplinare realmente indipendente, in grado di giudicare anche gli errori gravi dei magistrati, risponde a un’esigenza profonda di giustizia ed equità. Troppe volte nel passato abbiamo assistito a sentenze sbagliate, carcerazioni ingiuste, vite spezzate da decisioni affrettate e mai rimesse in discussione. Una giurisdizione che non risponde dei propri errori mina la fiducia stessa nelle istituzioni.
È giunto il momento di valutare questa riforma per ciò che realmente è: un passo avanti verso una giustizia più imparziale, più responsabile e più vicina ai cittadini. Le polemiche ideologiche e gli allarmismi infondati servono solo a difendere un sistema bloccato, dove il potere si conserva nel silenzio e nell’opacità.
L’appello che rivolgo è semplice: non fermatevi ai titoli o agli slogan. Leggete i testi, informatevi, giudicate nel merito. Solo così potremo davvero contribuire a costruire uno Stato più giusto, dove l’equilibrio tra i poteri sia garantito non solo a parole, ma nei fatti.
Riformare la giustizia non è un atto di ostilità, ma un atto di responsabilità. Verso i cittadini, verso le vittime di errori giudiziari, e verso quei principi di legalità e trasparenza che devono rimanere il fondamento della nostra democrazia.

 

«Il processo accusatorio presuppone che accusa e giudice non siano in alcun modo assimilabili. Occorre avere il coraggio di riconoscere che le due funzioni sono e devono essere distinte, e che questa distinzione deve riflettersi anche sul piano ordinamentale»
(Giovanni Falcone, dichiarazioni del 1991 – tratte da “Cose di Cosa Nostra”, conversazioni con Marcelle Padovani)

* Coordinatore del circolo Fratelli d’Italia Rivoli

 

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