“ASA NISI MASA”, le grandi sculture di Giuseppe Maraniello

 

I Musei Reali di Torino tributano un omaggio dal titolo “Asa-nisi-masa” all’artista napoletano Giuseppe Maraniello con le sue sculture allestite in piazza Castello e alla Galleria Sabauda

I  Musei Reali di Torino rendono omaggio dal 30 maggio al 16 settembre prossimo  a uno dei protagonisti dell’arte italiana degli ultimi decenni, Giuseppe Maraniello, nativo di Napoli nel 1945. E lo fanno con  una mostra realizzata  da Nicola Loi Studio Copernico e curata da Francesco Tedeschi, dal titolo “Asa-nisi-masa”. L’esposizione presenta una serie di quattordici opere scultoree e ambientali, che dialogano con gli spazi storici e monumentali circostantI. Cuore della rassegna il Giardino di Levante,  ritornato l’11 aprile scorso  alla completa fruizione da parte del pubblico dopo i lavori di riqualificazione realizzati con i fondi del Pnrr.

“’Asa nisi masa’ è  molto più  di un  titolo evocativo – dichiara Mario Turetta, delegato dei Musei Reali di  Torino – è una chiave che ci invita a entrare nel linguaggio simbolico , stratificato e visionario dell’artista. Dalla Piazzetta Reale ai Giardini  Reali e al primo piano della Galleria Sabauda, le sue  sculture tracciano un percorso  che attraversa la memoria, il mito e la materia, in continuo equilibrio tra forma e mistero. Sono figure enigmatiche, materiali recuperati, strutture che sembrano emergere da un tempo sospeso. Tutto nelle sue opere parla un linguaggio che non si lascia tradurre, ma si offre solo allo sguardo come esperienza, come soglia da attraversare. Con questa mostra i Musei Reali di Torino rinnovano il proprio impegno nel dare spazio all’arte contemporanea,  promuovendo una visione  del museo come laboratorio aperto, dove le espressioni del presente possono confrontarsi  con la storia e nutrirsi di essa”.

Per l’artista la frase scelta come titolo della mostra non significa nulla. È  la frase che, nel film “Otto e mezzo” di Federico Fellini, Marcello Mastroianni scrive su di un foglietto trasmesso dal mago a Mademoiselle Maya, che non comprende il significato preciso delle parole, ma lo percepisce.

Le opere di Giuseppe Maraniello, che sono andate definendosi progressivamente attraverso la combinazione di tele, materiali di recupero ed elementi scultorei in bronzo e ferro, si sviluppano  secondo diverse soluzioni, sia a parete, sia nello spazio architettonico e paesaggistico, secondo una sintesi tra la memoria di temi e immagini  e l’elaborazione dei materiali.

Nelle sculture di Maraniello, anche quelle di grande formato, allestite in Piazzetta Reale e nei Giardini Reali, le figure del suo mondo fantastico prendono forma in situazioni di forte impatto visivo. Qui si incontrano demoni, come il diavolo alato che riporta alla mente le immagini del Cimitero Monumentale di Pisa, centauri della mitologia greca che si combattono in duello, in una sorta di allegoria dell’uomo che lotta contro se stesso, figure ibride, di funamboli, di ermafroditi, figure che alludono ai miti, riletti con estrema ironia. Sono presenti nelle sue opere scultoree alambicchi, otri, borracce che ricordano certe forme disseminate in molti dei dipinti di Hieronymus Bosch. Di particolare rilevanza è  l’opera intitolata “Il Nido”, un luogo che accoglie la ragnatela dei sogni e delle fantasie possibili, dalla struttura esile di rami derivate dalle colate di fusione che, come altri materiali di recupero, diventano parte delle sue composizioni.

“Ecco che scatta – spiega Sandro Parmiggiani – in chi si sofferma davanti a queste opere l’invito a immergersi, almeno in parte, in una sorta di mistero, sulle tracce delle ignote  associazioni che, nella fantasia dell’artista, li hanno generati, cercando di svelare qualcuno dei significati profondi che vi sono racchiusi e  che ancora non sono venuti alla luce”.

Il percorso espositivo si conclude con tre sculture al primo piano della Galleria Sabauda, precisamente con una scultura dal titolo  “Il gatto dorme rotondo” del 2009 in marmo statuario e oro a foglia su bronzo e due mosaici con inserti in bronzo e ferro, dal titolo “Tueio” (2005) e “L’occhio di Narciso” ( 2009).

Mara Martellotta

 

foto IGINO MACAGNO

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