LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
La storia non torna mai uguale a se stessa. Quasi mai, però. A volte, inaspettatamente, ne
ritornano le sembianze culturali. E anche il profilo politico. È il caso, nello specifico, del ritorno del
vecchio e glorioso Pci. Certo, non esistono più la falce e il martello, il rapporto organico e
scientifico con l’Unione Sovietica com’è stato per l’intera prima repubblica, non c’è più Berlinguer
e il centralismo democratico. Eppure, al di là dello scorrere inevitabile del tempo e la
trasformazione profonda degli strumenti politici ed organizzativi, si ripropone – in modo quasi
scientifico e dogmatico – lo stesso blocco sociale con le stesse percentuali elettorali. Pare un
paradosso, eppure è così. E l’alleanza secca tra le tre sinistre italiane – quella radicale e
massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle di Conte e quella estremista
ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis – coordinati dall’ormai partito della Cgil di Landini
ripropongono, mutatis mutandis, il peso, il ruolo, la mission e il consenso del vecchio Pci. Un
blocco sociale, politico, culturale e forse anche etico molto unito e compatto. Appunto, un blocco
sufficientemente granitico che, ieri come oggi, è largamente minoritario nel paese ma competitivo
sul terreno politico perchè unito da una cultura comune e da una precisa visione della politica e
della società. È del tutto evidente, ma lo ricordo solo per ragioni di cronaca, che tutto ciò che è
riconducibile al Centro, alla cultura centrista, alla ‘politica di centro’ e ad una cultura di governo
centrista sono del tutti esterni ed estranei a quel blocco. E la conferma quotidiana arriva, per fare
un solo esempio, dal comportamento di Renzi che è costretto ad insultare un giorno sì e l’altro
pure il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per cercare di accreditarsi presso il vertice
dell’alleanza di sinistra e progressista. Ma, al di là di questa banale considerazione, è del tutto
ovvio e scontato che da quelle parti la cultura politica di centro non condiziona affatto la
costruzione del progetto complessivo di quella coalizione. Oltre alla vicenda referendaria che
stiamo vivendo in queste settimane, ne è prova, in modo persin plateale, il ruolo dei cosiddetti
riformisti prevalentemente di matrice cattolica all’interno del Pd della Schlein. Un ruolo simile, anzi
uguale, a quello esercitato dagli “indipendenti cattolici eletti nelle liste del Pci” negli anni ‘70 e ‘80.
Dove il peso politico è praticamente nullo se non per confermare che il partito, o la coalizione – il
che non cambia la natura e nè il profilo – è plurale e quindi deve contenere anche i centristi. Intesi
come una sorta di “quote panda”. Ieri nel Pci e oggi nel Pd.
Ma, al di là ancora del ruolo dei centristi, il dato politico di fondo che non si può non rilevare è che
è rinato, in una stagione del tutto post ideologica e a tratti anche post politico, un vecchio blocco.
Un blocco che si trasforma in alleanza e poi in coalizione. Auspicabilmente di governo. Un dato,
comunque sia, è certo. Da un lato abbiamo il neo Pci – cioè il blocco della nuova sinistra unita – e,
dall’altro, una coalizione che probabilmente è destinata ancora a cambiare in corso d’opera ma
che è semplicemente, e politicamente, alternativa alla sinistra ideologica, classista, populista,
estremista e tardo sindacale.
Ecco perchè, per tornare all’inizio di questa riflessione, a volte la storia si ripete. In forme diverse e
molto più articolate, come ovvio, ma sempre con il medesimo obiettivo politico e culturale. E forse
è anche un bene che, grazie a chi guida queste sinistre, finalmente abbiamo un quadro politico
molto più chiaro e trasparente. Anche in vista delle prossime elezioni politiche nazionali.