Il Salone e i suoi limiti

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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Il Salone sta entrando nel pieno delle sue attività e la direzione di Annalena  Benini lo porterà al successo, anche se su alcuni aspetti bisogna meditare criticamente perché non basta sostituire Lagioia con Benini per fare del Salone l’optimum in assoluto. La pagina pubblicitaria del Salone 2025, ad esempio, indica tra gli ospiti italiani Alessandro Barbero, Donatella di Pietrantonio, Mariangela Gualtieri, Luciano Ligabue, Dacia Maraini, Roberto Saviano e Ornella Vanoni. Capisco che la  letteratura italiana d’oggi è in crisi e sia quindi  necessario ricorrere ai cantanti, ma non accetto che quelli ignorati  possano essere liquidati dalle parole “e tanti altri”. Non sto ad elencare chi avrebbe meritato di essere citato, ma credo invece  di poter dire che lo sbilanciamento politico dei nomi citati appaia del tutto evidente. Un altro fatto va messo in evidenza ed è in linea di continuità fin  con il remoto passato di Ferrero e Picchioni: la frequentazione di allievi di scuole primarie che alzano i numeri del Salone, ma non possono trarre nessun giovamento da una visita di gruppo. I gruppi di studenti contribuiscono a intasare il Salone, ma non producono alcunché in termini scolastici e culturali per gli alunni. Vedendo il diluvio di inviti sui social, si ha l’impressione che tutti, davvero tutti, salvo gli analfabeti, abbiano trovato al Salone la loro ora e mezz’ora di notorietà.   E’ giusto aprire a tutti il salone  meno opportuno fare  migliaia di eventi con protagonisti/e di carta pesta che declassano il livello della manifestazione. Chi scrive si è battuto in passato per la libera circolazione delle idee al Salone contro i divieti ideologici di Lagioia, Chiamparino e Appendino. Andai al Salone, esibendo il trattato sulla tolleranza di Voltaire. Ma qui, quest’anno, c’è troppa piccola gente che, forse pagando qualche soldo, ha l’occasione di sognare  per poco tempo la celebrità letteraria al Salone. E’ umano sognare,  ma un minimo di qualità va garantita a chi paga un biglietto  perché altrimenti più che un salone internazionale (parola troppo altisonante per Torino) c’è il rischio che diventi la fiera delle vanità frustrate. Mi piange il cuore scrivere queste parole, ma il Salone nei suoi eventi non può abbassarsi oltre un certo limite. L’oves et  boves non può valere per il Salone. La massima apertura alle idee, non può significare che i visitatori professionali a scrocco del passato che si esibivano con il cartellino, possano diventare neppure in parte minima coprotagonisti. Il dramma italiano è che ci sono pochi lettori, ma uno degli aspetti più folkloristici del Bel Paese è  rappresentato dal fatto che abbondano i poeti e gli scrittori. Sessant’anni fa  Mario Soldati  premiando con un certo imbarazzo dei poetastri ad un concorso al circolo della Stampa disse che, paragonati ai terroristi che allora  sparavano pallottole, i poeti erano di gran lunga migliori perché sparavano versi inoffensivi anche se  deludenti. E’ passato più di mezzo secolo e i poeti sono sempre più numerosi al Salone e fuori dal Salone. Per fortuna i terroristi che sparano non ci sono più o non sono ancora tornati.
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