Referendum, un tema che riguarda la sola sinistra

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

La prossima consultazione referendaria è una pratica, come si suol dire, che riguarda
prevalentemente se non quasi esclusivamente il ‘campo largo’ o l’ex ’campo largo’ che sia.

Ovvero, il comportamento politico delle varie sinistre. Promosso dalla Cgil di Landini che ha
l’obiettivo, e neanche tanto nascosto, di egemonizzare definitivamente ed irreversibilmente il
fronte delle componenti progressiste del nostro paese. Ovvero, quella radicale e massimalista
della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle e quella estremista del trio Fratoianni/
Bonelli/Salis. Del resto, la stessa impostazione iniziale della campagna referendaria riflette questo
obiettivo definito e chiaro. Landini ha immediatamente incontrato i capi delle varie sinistre e con
quelli ha concordato la pianificazione dell’intera campagna elettorale del prossimo giugno.

Ora, e al netto della legittimità di questo obiettivo squisitamente politico, emergono tre elementi
quasi oggettivi che non possono non essere evidenziati.

Innanzitutto la conferma, per i pochissimi che non lo sapessero ancora, che lo storico sindacato
rosso della Cgil ormai gioca un ruolo decisamente ed esclusivamente politico/partitico. Un ruolo
che lo porterà ad essere quasi sicuramente il riferimento politico per eccellenza del ‘campo largo’.
Cioè delle tre sinistre riunite. Ed è, questo, uno dei motivi determinanti per cui l’offensiva
referendaria è riconducibile ad una questione che riguarda la sinistra italiana.

In secondo luogo la persin plateale indisponibilità politica del leader della Cgil a coinvolgere altri
settori della società e della politica italiana su queste battaglie identitarie delle sinistre. Quasi che
la partita fosse rivolta ad una parte, peraltro largamente minoritaria, della società italiana per
misurare il peso elettorale delle varie leadership che si muovono all’interno di quel campo politico.
Un risultato abbastanza deludente per chi ha l’ambizione di candidarsi a guidare l’intero paese.
In ultimo, la conferma che la cultura riformista e di governo da quelle parti è alquanto minoritaria
se non addirittura marginale. E la conferma, puntuale come sempre, arriva dal ruolo
sostanzialmente inutile giocato dai cosiddetti “riformisti” all’interno dell’attuale coalizione di
sinistra e progressista. Mi riferisco, nello specifico, ai riformisti del Pd – cioè a tutti coloro che non
si riconoscono appieno nella leadership radical/massimalista della Schelin – e al partito personale
di Renzi che deve giurare fedeltà quotidiana al Pd e ai 5 stelle per essere ammesso nel recinto
dell’alleanza.

Ecco perchè proprio la prossima consultazione referendaria offere uno spaccato di particolare
importanza su ciò che capita attualmente nel campo della sinistra italiana. E, al riguardo, non
stupisce affatto che sia proprio un esponente con il profilo politico e culturale come Landini ad
ambire a guidarlo. Sia sotto il versante politico e sia su quello organizzativo. È di tutta evidenza,
infine, che tutto ciò che attiene alla cultura riformista da un lato e, soprattutto, alla cultura di
governo dall’altro non può che guardare altrove.

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