Tra memoria e storia: il viaggio in “Città sommersa” di Marta Barone

Torino tra le righe

Ci sono romanzi che non si limitano a raccontare una storia, ma scavano nella memoria, riportando alla luce frammenti di un passato personale e collettivo. Città sommersa di Marta Barone (Bompiani, 2020) è uno di questi: un’opera che intreccia la vicenda privata dell’autrice con la storia della Torino degli anni di piombo, in un viaggio che si muove tra ricerca e ricostruzione.
Finalista al Premio Strega e vincitore del Premio Fiesole Narrativa Under 40, Città sommersa è il primo romanzo per adulti di Marta Barone, già autrice di libri per ragazzi e curatrice dell’opera di Marina Jarre. Il libro nasce da una scoperta casuale: una memoria difensiva appartenente al padre della scrittrice, Leonardo Barone, medico arrestato nel 1982 con l’accusa di aver partecipato a un’organizzazione di banda armata, accusa dalla quale fu poi assolto. Questo ritrovamento innesca un’indagine personale e storica che porta la protagonista, e con lei il lettore, a immergersi in una città che esiste al di sotto della superficie: la Torino della lotta politica, delle illusioni e delle disillusioni, delle speranze e delle sconfitte.
Lo stile della Barone è asciutto, ma ricco di immagini evocative e dotte citazioni che testimoniano il suo profondo legame con la letteratura. Il romanzo si muove tra memoir e reportage, tra la ricostruzione del passato e la riflessione sulla memoria, con una scrittura che oscilla tra la precisione documentaristica e il lirismo della narrazione personale. L’autrice riesce a trasformare una vicenda familiare in un racconto universale, in cui il destino di un uomo diventa specchio di un’intera generazione, di un’epoca segnata da ideali radicali e conflitti sociali.
Uno degli elementi più affascinanti del libro è proprio il modo in cui Marta Barone riesce a restituire la complessità del padre: un uomo pieno di contraddizioni, distante eppure presente, un idealista la cui figura sfuma tra le ombre della storia. La sua ricerca non porta a una verità assoluta, ma apre nuove domande, mostrando quanto la memoria sia sempre un territorio incerto e mutevole. Attraverso documenti, testimonianze e archivi, l’autrice scava nel passato, ma ogni risposta ne genera un’altra, in un processo che mette in discussione la stessa idea di verità e di identità.
Non meno importante è l’ambientazione del romanzo, una Torino che si fa essa stessa protagonista, con le sue trasformazioni urbanistiche e sociali. La città non è solo uno sfondo, ma un’entità viva, capace di riflettere le tensioni di un’epoca, le sue lotte e i suoi drammi. La Torino degli anni Settanta e Ottanta appare come un luogo di fermento e contraddizioni, un crocevia di speranze e disillusioni che emergono nei ricordi della protagonista.
“Città sommersa” è un’opera che chiede al lettore di immergersi, di perdersi nei meandri della memoria e della storia. Un libro che non offre facili risposte, ma invita a interrogarsi sul passato e sul suo impatto nel presente. Una lettura intensa, capace di lasciare un segno, che parla non solo di una storia privata, ma di una generazione e di una città che porta ancora le tracce di quegli anni turbolenti.
MARZIA ESTINI
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