“Welcome to Electric Ladyland”. La visionaria informalità dell’americana Monique Rollins

In mostra alla “metroquadro” di Torino

Fino al 16 novembre

Quando l’amico gallerista Marco Sassone ebbe ad invitarmi all’inaugurazione, negli spazi della sua “metroquadro” di corso San Maurizio a Torino, della mostra dell’americana di Wilmington – Delaware (oggi residente fra States e Italia, in Toscana) Monique Rollins, subito mi colpì il titolo  dato dall’artista alla rassegna: “Welcome to Electric Ladyland”. Opperbacco! Quel titolo non mi è nuovo! E subito ecco a tempestarmi le meningi (è ormai un frequente cadeau frutto degli anni che scorrono) per tentare di far luce su quelle quattro “benedette” parole in inglese che eppure … si dài … io le ho già sentite, ma dove? … Dove caspita le ho sentite? Stavo per cedere e chiedere aiuto al mio terrifico amico-nemico google, quando in prezioso soccorso – un attimo prima di varcare la soglia dei consueti improperi o, per essere più eleganti, “francesismi”  – mi arrivò agli occhi la prima riga della bellissima presentazione alla mostra di Roberto Mastroianni, in catalogo monografico edito da “Prinp Edizioni d’arte”. ‘Electric Land’ – scrive Mastroianni – può essere considerato il capolavoro di Jimi Hendrix”. Eccallà! E io, “rimba” che sono, proprio io che stavo incollato (ai tempi che furono) ai vinili del mitico Johnny Allen Hendrix, in arte “Jimi” – il più grande chitarrista nella storia della musica rock – sono caduto bel bello “dal pero”. Come non ricordarmene al volo! 1968: “Electric Ladyland”, doppio vinile fra i più grandi della storia rockettara, un grandioso intreccio di rock, psichedelico, blues e melodia. Have you ever been, to Eletric Ladyland? Sei mai stato all’Electric Ladyland? Cantava Hendrix. E aggiungeva The magic carpet waits for you /So don’t you be late/ Il tappeto magico ti aspetta/ Quindi non fare tardi. Musica e parole che sono pura magia. Che t’incantano, ti portano in altri mondi e universi, dov’è atto di strabiliante follia dar di forza alle ali, per scoprirne segni e immagini. Ebbene “incontrare le opere di Monique Rollins – ancora il salvifico Mastroianni – fa lo stesso effetto che sentire una canzone di Hendrix: ci si trova davanti a immagini che sono un’alchimia di colori e forme, di suggestioni ed emozioni e che hanno una profonda musicalità”.

Parole sante! Sia per Hendrix, sia per Monique, che quando Butch(soprannome dato a Hendrix da molti suoi colleghi) fu trovato morto soffocato, da un mix di alcool e tranquillanti, la mattina del 18 settembre 1970, nell’appartamento affittato al “Samarkand Hotel” di Londra, non era neppur nata. Eppure anche su di lei e sulla sua arte Jimi deve aver esercitato un certo misterioso fascino. Sia pure come eco lontana, per un’artista comunque attratta dalle magiche visionarietà dell’espressionismo astratto americano (quello di De Kooning, in paricolare, nelle “linee caotiche e violente tese a smarrire ogni definizione della struttura”), senza mai dimenticare, però, la delicata magia del colore, ispirata dai toni del Rinascimento italiano,veneziano in particolare (sua specializzazione nel percorso di studi di storia dell’arte compiuti in Italia), e da quel “rosa Tiepolo” – come ancora si sottolinea in catalogo – utile a smorzare in toni più soft e più aggraziati gli indefiniti labirinti cromatici delle sue tele. Quelle forme e colori che ti imprigionano in scompigliati itinerari della mente, simili a “mappe” ingannevoli che quando sembrano aver esaurito la loro preziosa scorta verso improbabili e, a prima vista, irraggiungibili storie, d’improvviso ti rifanno cambiare rotta verso nuove, altrettanto improbabili, storie. E il gioco é senza fine. Ma fascinoso e irrinunciabile. E’ il magico “gioco” delle opere di Monique. Quelle soprattutto della sua più recente produzione artistica (il ciclo “Mixed Media” del 2024), affiancata alla “metroquadro”, oltre che da oli, acrilici, disegni a carboncino e collage di carta su tela, da lavori che, accanto ai più differenti  medium, introducono l’uso materico del “tessile”. E proprio sull’utilizzo del “materiale tessile”, Monique Rollins, insieme all’artista visiva potoghese Joana Vasconcelos e all’“EstateVivienne Westwood” (stilista e attivista britannica, “Madrina del Punk”, scomparsa due anni fa a Londra) sta preparando per il 2026 un progetto che vede impegnate otto artiste donne di fama internazionale accomunate appunto dall’utilizzo del “tessile” e che le porterà ad esporre negli States ed in Europa, per smuovere le menti “sulla condizione delle artiste che, oltre alla vita professionale, svolgono anche il ruolo totalizzante delle madri”. Situazione comune a tante donne, certo.

Cui forse potrà dare migliore asilo l’hendrixiana “Electric Ladyland”. Là dove, Electric women waits for you and me /Le donne elettriche aspettano te e me e là dove The angels will spread their wings/Gli angeli spiegheranno le ali …  while electric love penetrates the sky/ mentre l’amore elettrico penetra il cielo. E allora, forza “Welcome to Electric Ladyland”! Fino a sabato 16 novembre.

Gianni Milani

Monique Rollins. “Welcome to Eletric Ladyland”

Corso San Maurizio 73/F, Torino;328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 16 novembre

Orari: dal giov. al  sab. 16/19

Nelle foto: Monique Rollins “Donna Fenomenalmente”, olio e tessuto su tela, 2024; Monique Rollins con Roberto Mastroianni (curatore mostra) e Marco Sassone (gallerista); Monique Rollins “Suona la mia campana”, olio su tela, 2018

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