Non rullano più i Tamburi della Pioggia

Se n’è andato pochi giorni fa all’età di 88 anni Ismail Kadarè, scrittore e poeta albanese che denunciò la repressione della dittatura filosovietica e fu costretto all’esilio in Francia. Diversi suoi romanzi sono stati banditi dall’Albania: il più famoso è “Il generale dell’armata morta” pubblicato da Longanesi. Kadarè ha scritto anche storie e leggende dell’Albania nelle quali ha spesso criticato il regime comunista. Tra i romanzi che hanno contribuito alla fama di Kadarè ricordiamo La città di Pietra, Aprile spezzato, La Bambola, Il Palazzo dei sogni, Tre canti funebri per il Kosovo, I Tamburi della pioggia, edito da Longanesi, Tea, Corbaccio e Fabbri. E proprio su quest’ultimo vogliamo soffermarci, un grande romanzo storico. I Tamburi della Pioggia, una vicenda del Quattrocento, l’epopea del leggendario eroe Skanderbeg contro gli invasori turchi che combatterono in Albania una delle più lunghe e sanguinose guerre della storia. È la storia dell’Albania e del suo popolo: l’inizio del conflitto con l’impero ottomano, l’inizio di una lotta pluridecennale, ben 25 anni, la prima di 24 spedizioni dell’esercito del sultano contro il Paese delle aquile. Nel maggio del 1449 un immenso esercito turco pone l’assedio a Kruja, difesa da un piccolo presidio. Skanderbeg, il cui vero nome era Giorgio Castriota, mette al riparo sui monti i vecchi, parte delle donne e i bambini e con le sue forze resta al di fuori della cinta dell’assedio lanciando a più riprese e a sorpresa attacchi dall’esterno contro i turchi. Gli albanesi difesero strenuamente per 25 anni la propria libertà dalle ricorrenti invasioni della superpotenza ottomana. Decine di migliaia di soldati tentarono invano di scalare i bastioni ma dopo aver fatto di tutto per conquistare la cittadella di Kruja le forze turche furono obbligate a ritirarsi. Sul campo di battaglia rimase un quinto dei soldati ottomani. La cittadella di Kruja, capitale dell’Albania, sottoposta a un assedio fiaccante, diventò ben presto il simbolo della resistenza albanese. Di fronte alle sue mura il potente esercito turco è costretto a fermarsi, stroncato dal caldo torrido e indebolito dagli attacchi di Skanderbeg. L’autunno si avvicinava e il rimbombo dei “tamburi della pioggia” stava per segnare la fine di ogni speranza di vittoria. Kruja rifiuta di arrendersi. Gli assalti notturni di Skanderbeg terrorizzano i nemici. Basta il suo nome per far fuggire i turchi. La spedizione ottomana è un inferno. I tamburi della battaglia e della pioggia tormentano il comandante turco. I tamburi che annunciano la pioggia segnano la fine di un lungo cruento assedio. “Cominciò a piovere il 13 settembre, all’alba. In una parte dell’accampamento turco rullavano i tamburi della pioggia. Il loro campo appariva stranamente lugubre in quel mattino d’autunno. Eccolo, dunque, il più grande esercito del nostro tempo, il più temibile mostro della nostra epoca è ai nostri piedi, a inzupparsi di pioggia. Sembra che la prima stagione di guerra volga al termine. Altre ci attendono”.
Filippo Re      
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