Quelle “staffe perdute”… e poi ritrovate!

“Palazzo Madama” lancia un crowdfundingper l’acquisizione degli “smalti di Limoges” trafugati dal “cofano” di Guala Bicchieri

La storia avrebbe tutti gli elementi per poter essere raccontata nelle pagine di un avvincente “giallo piemontese”. Ambientato in epoca medievale. Ma anche spingendosi oltre. Si parte dalla notizia di questi giorni, in arrivo da “Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica” di Torino. Che, attraverso la sua conservatrice, Simonetta Castronovo, fa sapere che dallo scorso 28 marzo è in corso un’importante campagna di crowdfunding dal titolo “Ritorno a casa. Il cofano ritrova smalto” (per aderire c’è tempo fino a martedì 31 dicembre prossimo) per riportare alle antiche origini un “capolavoro identitario”dello stesso Museo, ovvero un prezioso “cofano” (scrigno o bauletto da viaggio con coperchio e maniglie attestato fin dai tempi più remoti come contenitore di oggetti di vario genere, spesso anche di valore) appartenuto al cardinale Guala Bicchieri o Giacomo Guala Beccaria (Vercelli,1160 – Roma, 1227), fondatore dell’abbazia di “Sant’Andrea” di Vercelli, nonché legato di Papa Innocenzo III, diplomatico, bibliofilo e collezionista. Il suddetto “cofano” sarebbe stato oggetto di latrocinio delle “cinque staffe” – elementi metallici con decoro floreale in smalto champlevé – che originariamente decoravano il coperchio o il retro del cofano ligneo, conservato a “Palazzo Madama” e decorato da medaglioni in oreficeria e smalto, con animali fantastici e scene profane.

E qui parte il nostro piccolo “giallo”, un piccolo “giallo storico” (all’Umberto Eco? Esageruma nén”), con tanto di Abbazia, monaci, un furto (non risultano omicidi, per carità!) e un mistero che tale è ancora oggi.  Cominciamo dall’inizio. L’opera in oggetto, donata dal cardinale per legato testamentario alla sua “Abbazia”, rimase a Vercelli fino al 1824, quindi entrò in una collezione privata e venne infine acquistata da “Città di Torino” e “Regione Piemonte” nel 2004. Tuttavia, alcuni degli elementi in rame e smalto che lo impreziosivano in origine risultano oggi mancanti: verosimilmente trafugati (questa è l’ipotesi) durante la permanenza dell’opera nella chiesa di “Sant’Andrea” di Vercelli, tra il XIII e il XVIII secolo. In particolare sono andati perduti i dieci medaglioni del coperchio, i dieci che ornavano il retro, oltre a diverse staffe e cantonali (elementi in rame e smalto champlevé, anch’essi con decoro floreale, che rivestivano gli spigoli del cofano). E qui entra in gioco un “personaggio chiave”. Nel 2019 un antiquario di Parigi contatta il “Museo del Louvre” per sottoporgli i “cinque smalti” in questione e subito dopo “Palazzo Madama”, cui propone in vendita le “cinque staffe”, in tutto e per tutto compatibili (fin dalle prime descrizioni) con le opere decorative del “cofano Guala Bicchieri”. L’offerta è ghiotta. Che fare, dunque? Per poter verificare tale ipotesi, il conservatore di arti decorative Simonetta Castronovo non ci pensa su tanto e si reca in sopralluogo presso la Galleria francese, organizzando nel contempo con il “Dipartimento di Chimica” dell’“Università di Torino” una campagna di indagini diagnostiche (analisi XRF), per approfondire lo studio scientifico delle staffe. Che – nessuna sorpresa! – coincidono esattamente per dimensioni e disegno degli elementi floreali con quelle ancora presenti sul cofano “torinese”. Riprese a questo punto le trattative con Parigi, a fine 2023, “Palazzo Madama” ha ben pensato di procedere, per quest’importante acquisizione, con una campagna di crowdfunding, su modello di quella compiuta nel 2013 per il servizio da tè, da caffè e da cioccolata con “stemma Taparelli” detto “Servizio d’Azeglio”, che ebbe un particolare successo permettendo al Museo di raggiungere la cifra richiesta e di acquisire l’opera nell’arco di pochi mesi. E, attenzione, il tempo stringe anche per il nostro “scrigno”, di cui pare ne esistano solo sei al mondo e che pare essere già “osservato speciale” di un Museo americano.


Per porre in atto, dunque, la “campagna di raccolta fondi”, il “Museo” di piazza Castello si appoggia alla piattaforma “Rete del Dono”, attraverso la quale sarà possibile fare le donazioni online. La “campagna” si articolerà in conferenze, video, storytelling. La cifra richiesta dall’antiquario è di 50mila euro e la scadenza per arrivare a tale importo è fissata per fine dicembre 2024. Dal sito di “Palazzo Madama”, www.palazzomadamatorino.it, è possibile accedere, tramite apposito link, alla pagina  dedicata sulla “Rete del Dono”, dove sono assicurate tutte le tipologie di pagamento.Le donazioni possono inoltre beneficiare dell’“Art Bonus”: un incentivo fiscale che consente una detrazione, fino al 65%, per chi effettua donazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano. Sono naturalmente previsti anche reward specifici per tutti i donatori: dall’iscrizione del nome sul “donor wall” del sito di “Palazzo Madama”, all’emissione di ingressi omaggio in Museo, fino alla visita guidata delle collezioni e del Palazzo, fuori orario, con il Direttore.

E il “giallo”? Certo non è stato e non sarà risolto. La polvere dei secoli ha coperto inesorabilmente volti, nomi, fatti e misfatti. Ma noi, per quanto possa interessarci, un piccolo gesto possiamo compierlo. Per riparare, almeno in parte, al maltolto. E, di certo, “Palazzo Madama” e Torino – la Torino più sensibile al valore del patrimonio artistico e culturale del territorio – ringrazieranno.

Gianni Milani

Nelle foto: Bottega orafa di Limoges, “Serie di cinque staffe” provenienti dal “cofano di Guala Bicchieri”, 1220-1225; Il “cofano” di Guala Bicchieri; Simonetta Castronovo, conservatrice di arti decorative a “Palazzo Madama”

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