Nell’ambito dell’“Extend Programme” di “EXPOSED Torino Foto Festival”, la Galleria “metroquadro” di Torino ricorda il celebre fotografo olandese
Fino al 1° giugno
Credo di non sbagliare. All’interno dei lavori fotografici di Erwin Olaf Springveld, in arte solo Erwin Olaf (Hilversum, 1959 – Groningen, 2023), sono parecchie e insistenti le citazioni e i riferimenti (tributo) a quel senso di ovattata, triste e inquietante solitudine, propria del grande, realistico cantore dell’“Amercan Way”, Edward Hopper. Di quel profondo, spirituale, “realismo americano”, in parte sbirciante alla più “intimististica” e “romantica” (ma per Olaf meno pregnante) architettura narrativa dell’altrettanto celebre pittore e illustratore statunitense Norman Rockwell.
Di fronte agli scatti sospesi in un deserto di silenzio ed attesa, propria delle opere di Olaf raccolte in un’interessante retrospettiva (l’artista è di recente scomparso) organizzata da Marco Sassone, fino a sabato 1° giugno, nella “metroquadro” di corso San Maurizio, a Torino, non si può non andare con occhi e mente agli interni – universi senza voci e scatole del tutto chiuse all’empatia umana, fino alla celeberrima “I nottambuli” pagina aperta su una notte di solitudine a New York – opere del grande Hopper. Che pare fosse solito ripetere “non dipingo quello che vedo, ma quello che provo”. Ed Olaf “dovrebbe esserci un enigma in ogni immagine potente, che ti incuriosisca e ti inviti a guardare più e più volte”. Come dire. A te, spettatore, per ogni mia opera, la tua storia. Per la giovane nuda di colore, affogata in un oceano di tormenti e silenziosamente seduta ai bordi di un letto in una misera stanza di albergo o per la distinta signora di antica eleganza appesa al filo della memoria o ad una chiamata dal bianco telefono che sembra per lei non aver più voce … a te, spettatore, il filo della storia. Sono quattro le serie di fotografie messe insieme, nell’ambito del mese dedicato da Torino alla Fotografia, da Marco Sassone: “Rain” (2004), “Hope”(2005), Grief (2007) ed “Hotel” (2010). E proprio in quest’ultima, Olef trasmette con maggiore intensità quel senso di “distacco dal mondo esterno” che diventerà il suo massimo segno distintivo.“La serie ‘Hotel’ – diceva lo stesso artista – riguarda l’alienazione e la sottile gamma di oscure emozioni che essa provoca in una persona. Le stanze di hotel in cui dormo quando viaggio sono tutte diverse, ma la sensazione che trasmettono è sempre la stessa, ha luogo una sorta di distacco”. Camere simili a rifugi anonimi, senz’anima, in cui i personaggi (quasi sempre donne) appaiono intrappolati in un’annoiata e inquieta attesa. Scrive bene Marco Sassone: “I bellissimi nudi femminili delle foto sono avvolti in sofisticate atmosfere di velluto che evocano sottilmente le diverse città in cui le camere d’albergo si trovano. L’ambiguità e il senso di nostalgica frustrazione che le immagini trasmettono contrastano con la perfezione meticolosa dei dettagli della rappresentazione, confermando ancora una volta l’abilità dell’artista nel ricostruire il contesto e la scena fin nei minimi dettagli, con un’attenzione quasi cinematografica al trucco, all’acconciatura, all’abito, all’oggetto d’arredo, alla luce dell’ambiente”.
Se n’è andato troppo presto Erwin Olaf. A soli 64 anni, nel settembre del 2023, per un enfisema polmonare che lo aveva portato, qualche settimana prima, al trapianto di un polmone. E qualcuno afferma lo avesse predetto. Nella Galleria newyorkese “Hasted Kraeutler”, in occasione della presentazione della sua serie di “autoritratti” del 2009, si ferma davanti alla parete che espone il trittico “I Wish/I am/I Will Be” … si gira lentamente verso il giovane fotografo che lo sta ritraendo e diventa così il quarto ritratto della serie. “Ovvero un momento già passato all’interno di una storia che va avanti”.
Contemporaneamente alla retrospettiva di Erwin Olaf, prosegue, fino a sabato 22 giugno, alla Galleria “metroquadro”, la mostra “Marks and Traces” di Shinya Sakurai, che con questa rassegna (venti le opere esposte) celebra il ventennale del suo arrivo sotto la Mole. Nato a Hiroshima nel 1981e laureatosi ad Osaka in “Belle Arti”, Shinya si divide oggi fra l’isola di Honshu e la nostra (ma ormai anche sua) Torino, dove ha studiato “Scenografia” all’“Accademia Albertina”, portando avanti con parametri tutti suoi una pittura di evidente “chiave astratta”, in cui s’intrecciano, su monocrome superfici di raffinato “velluto” e in un perfetto connubio di segno e colore (olio, resine e colle traslucide), citazioni stilistiche, piacevolmente contese ed ammiccanti alla serialità neo-pop, fra cifre di matrice orientale ed occidentale, capaci di tenere ben insieme echi della tradizione e della più audace contemporaneità.
Gianni Milani
Erwin Olaf
Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/f, Torino
Fino al 22 giugno
Orari: giov. – sab. 16/19
Nelle foto: Erwin Olaf: “Hope Portrait”, 2005; “Hotel Winston Salem, Room 304”, 2010; “Hotel Paris, Feline Portrait”, 2010; Shinya Sakurai: “Marks & Traces n. 17”, tecnica mista su velluto, 2023
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