Vera Quaranta. “Votivo”, “ceramiche mariane”

La “Fondazione Giorgio Amendola” ospita le dodici “ceramiche mariane” realizzate, con singolare bizzarra maestria, dall’artista torinese

Fino al 3 dicembre

In catalogo troviamo, fra le altre, una mirabile citazione dalla “poetessa dei Navigli”, Alda Merini. Citazione dedicata alla Mamma celeste: “Quando il cielo baciò la terra nacque Maria che vuol dire la semplice, la buona, la colma di Grazia. Maria è il respiro dell’anima, è l’ultimo soffio dell’uomo”. Parole semplici, che arrivano per strade a noi sconosciute a toccarti il cuore e che ben si prestano a “raccontare” la suggestiva mostra “Votivo” (o “statue devozionali”) dedicata, fino al 3 dicembre prossimo, dalla “Fondazione Giorgio Amendola” di via Tollegno alle dodici “Madonne” realizzate nell’arco di un anno dalla torinese (allieva di Italo Cremona) pittrice-scultrice-ceramista, Vera Quaranta. Estrose nella geniale minuzia dei particolari. Leggere, filiformi ma fiere e potenti nell’esibizione esteriore della “voce” e dei corpi, affidati nella loro matericità alla “consacrazione del fuoco”, cui si deve quel “bianco prevalente” e perfetto che va “oltre le naturali cromie”. Dodici in tutto. Come i mesi “o meglio – suggerisce Pino Mantovani, curatore della rassegna – come le lunazioni”. Sono ceramiche che per la dovizia degli “accessori”, ognuno con una propria identità e funzione, sono state ispirate all’artista torinese  dall’interesse in lei suscitato da una bella e ricca monografia sulle antiche “Madonne lucane” pubblicata dalla stessa “Fondazione” di via Tollegno nel novembre del 2006. Terre di grande devozione  religiosa, legate in particolare al culto delle Vergine Maria, i piccoli borghi lucani sono ancora oggi – con la presenza di innumerevoli Santuari “mariani”, di tradizioni di profonda fede legata ai pellegrinaggi, così come alle tante processioni che vedono portare in trono la Madre del Cristo Risorto – testimonianze concrete di una religiosità popolare che si perde nella notte dei tempi. E che mai ha dimenticato Prospero Cerabona, presidente della “Fondazione” (che è anche “Associazione lucana in Piemonte”), mentre mi racconta delle “ceramiche” esposte, con l’affettuosa sensibilità di un uomo che ha galoppato lungo gli anni senza mai perdere la passione e l’amore per la sua potentina Sant’Arcangelo, nelle valli dell’Agri. Ecco: le “Madonne” di Vera Quaranta di lì traggono ispirazione. Tema centrale, ricorda in catalogo Pino Mantovani, “la donna, verticale e potente come una colonna, unitaria e plasticamente caratterizzata in ogni sua parte, che si completa con una testa di classica bellezza, ‘mobile’ nel senso di autonoma dal resto del corpo … monumentale pur nelle ridotte dimensioni, piena di grazia severa, espressa, oltre che nel portamento, nel dialogo con il figlio portato sul ventre, al fianco, perfino in spalla, come naturale proliferazione dal tronco di una gemma, di un ramo, di una foglia, di un fiore, di un frutto”. Maternità nell’assoluta pienezza del termine. Che non esclude la pochezza dell’umano, pur nella marcata attrazione (elementi distintivi) di certi simboli ornamentali, tanto cari all’artista. Sue le parole: “Mi ha sempre affascinato l’uso criptico dei simboli nella civiltà arcaica”. Da osservare, allora, con attenta curiosità: la “Madonna con Bambino n. 8”, con l’inserimento fotografico di un particolare della “Natività” del Ghirlandaio e applicazioni di incisioni del marito pittore Giuseppe Grosso. Non meno interessante, per restare in tema, la “Madonna delle Grazie” liberamente ispirata alla “Madonna” lignea del “Convento di San Francesco d’Assisi” di Pietrapertosa in Basilicata , arricchita con bigiotteria di stampo Liberty, accanto alla “Madonna con Bambino” con decorazioni in oro zecchino, il cui richiamo va alla “Madonna” del “Chiostro del Monastero” di Poblet in Catalunya. E ancora: orecchini di antica fattura e forma, parti meccaniche di un vecchio orologio e ali fatte d’argento. Ricerca, creatività, bizzarrie gustose e inaspettate, ma ben ferme sul corpo di una matrice artistica di profonda e attrattiva solidità.

Da segnalare, nella seconda Sala del Centro, la Collettiva “Sguardi ravvicinati”, con una selezione di opere appartenenti alla stessa “Fondazione” a firma di artisti di forte spessore storico e artistico, quali, per citarne alcuni, Giacomo SoffiantinoEugenio BrogginiGiuseppe GrossoFrancesco Casorati e Nino Aimone. Di quest’ultimo è in parete uno stupendo “Giorno e notte”, olio su tela del ’95, dove l’acceso cromatismo e la geometrica semplificazione delle forme fanno ricordare e approvare– parole del maestro Felice Casorati – come Aimone sia stato “ il più anarchico e ortodosso dei suoi figli d’arte”.

 

 

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Gianni Milani

Vera Quaranta. “Votivo”

“Fondazione Giorgio Amendola”, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970 o www.fondazioneamendola.it

Fino al 3 dicembre

Orari: dal lun. al ven. 9,30/12,30 e 15,30/19,30

Nelle foto: immagini da “Votivo” di Vera Quaranta; di Nino Aimone “Giorno e notte”, olio su tela, 1995

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