“Fa quel che può, quel che non può non fa”

La prima didattica a distanza di più di 60 anni fa, in tv/ La “buona scuola” del maestro Manzi, dove non era “mai troppo tardi” per imparare 

Di Alberto Manzi la mia generazione ha un ricordo in bianco e nero. Era il maestro dell’aula in tv, quello di “Non è mai troppo tardi” che, tra il 1960 e il 1968,  insegnò a leggere e scrivere a milioni di italiani. Anch’io, grazie a lui e prima delle elementari, ho imparato la magia lieve dei segni sulla carta con un pennino che intingevo nella boccetta dell’inchiostro. La trasmissione – pensata per contrastare l’analfabetismo – andava in onda  nel tardo pomeriggio, prima di cena, e la Tv appariva come una scatola magica e misteriosa. Manzi utilizzava un grosso blocco di carta montato su cavalletto sul quale scriveva e disegnava, con un carboncino, parole e  lettere. E si faceva capire benissimo. Manzi, di cui si è tornati a parlare un paio d’anni fa grazie alla fiction trasmessa su Rai Uno, iniziò  insegnando nel carcere minorile Gabelli di Roma e per vent’anni, ogni estate, impiegò le sue vacanze per viaggiare in America Latina e fare scuola ai contadini dell’Ecuador e del Perù. Apparteneva  alla stessa generazione che espresse educatori come Mario Lodi, Danilo Dolci, Gianni Rodari, don Lorenzo Milani. Tutti nati negli anni Venti del secolo scorso, e non a caso. Tutti convinti che la didattica non è solo trasmettere una serie di contenuti e saperi già fatti, ma offrire una testimonianza personale di etica, di cultura. E stimolare una tensione continua alla curiosità e alla ricerca. Alberto Manzi era un educatore che insegnava prima di tutto se stesso.  Fece scalpore, nel 1981, quando si rifiutò di redigere le appena introdotte “schede di valutazione“, con le quali si sostituiva la pagella. Manzi si rifiutò di scriverle perché non intendeva “ bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest’anno, l’abbiamo bollato per i prossimi anni”. Quella “disobbedienza” gli costò la sospensione dall’insegnamento e dalla paga. L’anno dopo il Ministero della Pubblica Istruzione fece pressione su di lui per convincerlo a scrivere le attese valutazioni. Manzi fece intendere di non avere cambiato opinione, ma si mostrò disponibile a redigere una valutazione riepilogativa uguale per tutti tramite un timbro; il giudizio era: “fa quel che può, quel che non può non fa“. Il Ministero si mostrò contrario alla valutazione timbrata, al che Manzi ribattè: “Non c’è problema, posso scriverlo anche a penna”.. Scrisse anche  diversi libri: dal più famoso  (Orzowei, del 1955), fu tratta l’omonima serie per la Tv dei ragazzi. Ma il ricordo che abbiamo di lui resta legato a “Non è mai troppo tardi”, protagonista di una tv “buona maestra” che portava la cultura di base nelle case.

 

Marco Travaglini

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