Al 31 dicembre 2022 imprese femminili artigiane in Piemonte 19.766 (+0,6% rispetto al 2019)
Imprese artigiane giovanili femminili 2.715
3.179 imprese artigiane straniere femminili
la dinamica delle imprese femminili artigiane è migliore (+0,6% rispetto al 2019) delle imprese femminili totali (-0,1%)
Sara Origlia (Presidente di Donne Impresa di Confartigianato Piemonte):” Occorre ri-pensare il ruolo della donna nella società, nell’ambiente di lavoro e in famiglia attraverso un salto culturale che sappia riposizionare i diversi ruoli in un contesto nuovo e dinamico”.
Al 31 dicembre 2022 le imprese femminili artigiane con sede in Piemonte ammontavano a 19.766 (totali 95.593), in diminuzione di 11 unità (-0,1%) rispetto a quanto registrato nel 2021 e 119 unità in più (+0,6%) rispetto al 2019.
Da questi dati si evince che la dinamica delle imprese femminili artigiane è migliore (+0,6% rispetto al 2019) delle imprese femminili totali (-0,1%).
A livello territoriale, al 31 dicembre, le 19.766 imprese femminili artigiane erano così suddivise: 10.055 a Torino, 2858 a Cuneo, 1927 ad Alessandria, 1693 a Novara, 915 ad Asti, 834 a Biella,821 a Vercelli e 663 nel Verbano-Cusio Ossola.
Al 31 dicembre 2022 in Piemonte le imprese artigiane giovanili femminili ammontavano a 2.715 con una variazione di -14 unità sul 2021 e -101 unità sul 2019.
Le imprese artigiane straniere femminili a fine dicembre ammontavano a 3.179 con una variazione di +125 unità rispetto al 2021 e +419 unità rispetto al 2019.
“Questi dati, commenta Sara Origlia, Presidente di Confartigianato Piemonte Donne impresa, documentano una vivacità dell’imprenditoria dell’artigianato femminile che ha dimostrato forti doti di resilienza. Ha resistito, infatti, durante l’onda d’urto causata dalla pandemia e dimostra, ogni giorno, una forte capacità di adattamento e di inventiva. Particolarmente performante è il settore delle imprese artigiane straniere femminili che hanno registrato un incremento di 419 unità rispetto al 2019”.
“Sul fronte lavoro, però, c’è ancora molto da fare per sostenere e valorizzare le imprese femminili -continua Origlia- e fornire opportunità e strumenti per le donne che vogliono fare impresa. Occorre favorire le imprenditrici che vogliono diventare madri, senza essere penalizzate sul piano professionale e tessere quella rete di assistenza e di servizi attraverso un welfare che sappia supportare e conciliare la professione dell’imprenditrice con la famiglia. Occorre ri-pensare il ruolo della donna nella società, nell’ambiente di lavoro e in famiglia attraverso un salto culturale che sappia riposizionare i diversi ruoli in un contesto nuovo e dinamico”.
Secondo diverse analisi statistiche le donne lavorano di meno e, soprattutto, sono meno valorizzate sul posto di lavoro rispetto agli uomini. In Italia, siamo all’ultimo posto nell’Ue per il tasso di occupazione, pari al 58,1%, delle donne tra 25 e 49 anni in coppia con figli a carico; inoltre, e il 71,2% dei “neet” under 35 è rappresentato da 651 mila giovani donne che non studiano, non lavorano e non cercano occupazione. Tra il 2019 e il 2022, il lavoro indipendente femminile è diminuito del 5,8%.
Nonostante i diversi ostacoli, le donne italiane sono tra le più intraprendenti d’Europa: il nostro Paese conta, infatti, 1.469.000 imprenditrici e lavoratrici autonome, il numero maggiore tra i Paesi Ue, con un grado di istruzione superiore ai colleghi maschi. Per sostenere questa propensione delle donne a fare impresa sono necessari interventi che facilitino loro l’accesso a strumenti per investire e creare occupazione, che consentano di conciliare lavoro e famiglia, che eliminino le disparità di trattamento tra lavoro autonomo e lavoro dipendente.