Torino e le sue donne
Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Con la locuzione “sesso debole” si indica il genere femminile. Una differenza di genere quella insita nell’espressione “sesso debole” che presuppone la condizione subalterna della donna bisognosa della protezione del cosiddetto “sesso forte”, uno stereotipo che ne ha sancito l’esclusione sociale e culturale per secoli. Ma le donne hanno saputo via via conquistare importanti diritti, e farsi spazio in una società da sempre prepotentemente maschilista. A questa “categoria” appartengono figure di rilievo come Giovanna D’arco, Elisabetta I d’Inghilterra, Emmeline Pankhurst, colei che ha combattuto la battaglia più dura in occidente per i diritti delle donne, Amelia Earhart, pioniera del volo e Valentina Tereskova, prima donna a viaggiare nello spazio. Anche Marie Curie, vincitrice del premio Nobel nel 1911 oltre che prima donna a insegnare alla Sorbona a Parigi, cade sotto tale definizione, così come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Rientrano nell’elenco anche Coco Chanel, l’orfana rivoluzionaria che ha stravolto il concetto di stile ed eleganza e Rosa Parks, figura-simbolo del movimento per i diritti civili, o ancora Patty Smith, indimenticabile cantante rock. Il repertorio è decisamente lungo e fitto di nomi di quel “sesso debole” che “non si è addomesticato”, per dirla alla Alda Merini. Donne che non si sono mai arrese, proprio come hanno fatto alcune iconiche figure cinematografiche quali Sarah Connor o Ellen Ripley o, se pensiamo alle più piccole, Mulan. Coloro i quali sono soliti utilizzare tale perifrasi per intendere il “gentil sesso” sono invitati a cercare nel dizionario l’etimologia della parola “donna”: “domna”, forma sincopata dal latino “domina” = signora, padrona. Non c’è altro da aggiungere.
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8. Una vita in prima linea: la storia di Ada Gobetti
Dopo l’annuncio dell’armistizio, l’ 8 settembre 1943, le donne aprono le porte delle loro abitazioni ai soldati allo sbando, stravolti dal conflitto bellico. È il primo atto di resistenza femminile. Secondo i dati ufficiali dell’epoca, le donne partigiane sono state 35mila e le stime successive arrivano a contarne almeno 2 milioni. Eppure le partigiane non sfilano nei cortei insieme agli uomini, le foto mentre imbracciano i fucili per molto tempo rimangono nascoste, così come il loro coraggioso operato. È una strana contrapposizione di pensiero immaginare sul campo uomini e donne sulla stessa linea, spalla a spalla, e veder riconosciuto il valore più degli uni che delle altre, eppure, alla fine, al di sopra di ogni cosa valgono le azioni, l’unico modo che l’essere umano ha per dimostrare quanto vale. Ada Gobetti ha agito e combattuto tutta la vita e nessuno potrà mai mettere in ombra il suo mirabile e costante impegno. Ada Gobetti nasce a Torino il 23 luglio del 1902, da un commerciante di frutta svizzero originario della Valle di Blennio e da una casalinga torinese. Brillante studentessa al liceo classico Vincenzo Gioberti di Torino, collabora attivamente alle riviste “Energie nove”, “la Rivoluzione liberale” e “il Baretti” di Piero Gobetti. Con quest’ultimo si sposerà nel 1923 e da lui avrà nel 1925 il figlio Paolo. In quegli anni con Piero, Ada è testimone delle rivolte operaie del biennio rosso torinese, alle quali guardano entrambi con vivo interesse e per cui esprimono fin da subito una appassionata solidarietà. Nel 1925 Ada si laurea in Filosofia e in seguito si dedica all’insegnamento, continuando ad approfondire studi letterari e pedagogici. Nello stesso anno la rivoluzione liberale viene soppressa dal regime mussoliniano. Nel 1926 Piero Gobetti è costretto a emigrare a Parigi, dove morirà nel febbraio dello stesso anno, in un ospedale di Neuilly sur-Seine, a causa di problemi di salute aggravati da una violenta aggressione squadrista, che aveva subito due anni prima a Torino, mentre usciva dalla sua abitazione, che era anche sede della sua casa editrice. Di grande esacerbato dolore le parole vergate da Ada sul suo diario per la morte del marito: «Non è vero, non è vero: tu ritornerai. Non so quando, non importa, non importa. Ritornerai e il tuo piccolo ti correrà incontro e tu lo solleverai tra le tue braccia. E io ti stringerò forte forte e non ti lascerò più partire, mai più. È un vano sogno, tutto questo, una prova di fronte a cui hai voluto pormi: tu mi vedi, mi senti: e io saprò mostrarmi degna del tuo amore. Quando ti parrà che la prova sia durata abbastanza, tornerai per non più lasciarmi. Saranno passati molti anni ma immutati splenderanno i tuoi occhi e ritroverò le espressioni di tenerezza della tua voce. Mio caro, mio piccolo mio amore, ti aspetterò sempre: ho bisogno di attenderti per vivere».
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Nel 1928 Ada vince la cattedra di Lingua e Letteratura inglese, insegna per alcuni anni a Bra e a Savigliano. Dal 1936 è docente presso il ginnasio del Liceo Cesare Balbo di Chieri (TO). In quegli anni rafforza la propria amicizia con Benedetto Croce, che la sprona a proseguire gli studi e a compiere le prime traduzioni dall’inglese, con le quali introdurrà in Italia gli scritti di Benjamin Spock. Negli anni precedenti l’8 settembre 1943, la casa di Ada Gobetti costituisce un punto di riferimento per l’antifascismo intellettuale e per gli ambienti legati al movimento Giustizia e Libertà. Nel 1937 si risposa con Ettore Marchesini, tecnico dell’ EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). Ada continua ad essere una donna forte e decisa, politicamente attiva e schierata; nel 1942 è tra le fondatrici del Partito d’Azione (PdA), mentre nel 1943, durante la Resistenza, coordina le Brigate Partigiane e fa la staffetta in Val Germanasca e in Val di Susa, dove è attivo il figlio Paolo. Mai stanca di battersi anche su più fronti, nel 1943 è fondatrice dei Gruppi di Difesa della Donna e si prodiga per la nascita del Movimento Femminile. Terminata la guerra, il suo coraggio viene formalmente riconosciuto e viene insignita della medaglia d’argento al valore militare. Dopo la Liberazione è la prima donna a venire nominata vicesindaco di Torino, designata dal CLN, (Comitato di Liberazione Nazionale), in rappresentanza del PdA. Ricopre la carica sino alle elezioni del 1946, interessandosi e occupandosi particolarmente di istruzione e assistenza. Negli anni Cinquanta scrive su molte testate comuniste, tra cui l’Unità, sempre negli stessi anni affianca al costante impegno letterario l’interesse per la pedagogia e nel 1955 entra nella redazione di “Riforma della Scuola”. Nel 1957 fa parte della prima delegazione femminile italiana nella Repubblica Popolare Cinese. Nel 1959 fonda e dirige la rivista “Il giornale dei genitori” a cui collabora, tra gli altri, Gianni Rodari. Dopo una lunga vita avventurosa e dai molteplici interessi politici e culturali, Ada Gobetti muore il 14 marzo del 1968 nella sua casa nella frazione torinese di Reaglie È sepolta nel cimitero di Sassi a Torino, città per cui si è sempre impegnata, che ha tanto amato e che, di rimando, la ringrazia, proteggendola nel suo grembo di terra.
Alessia Cagnotto
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