Sino a domenica 4 dicembre, sul palcoscenico del Gioiello
Chi l’ha detto che non si può, per un attimo, nell’esistenza dell’intramontabile Sherlock Holmes, tralasciare gli spazi chiusi e drammatici dello “Studio in rosso” o le distese oscure e nebbiose del “Mastino dei Baskerville”, per addentrarsi nelle strade più semplici, ma per questo non meno insidiose, del divertimento e della comicità, rigirando il famoso detective in un alter ego che stia a metà tra la dabbenaggine dell’ispettore Clouseau e le punte schizofreniche del Kranz del televisivo Paolo Villaggio?
È quel che hanno fatto Valerio Di Piramo e Cristian Messina (in triplice veste, aggiungendovi pure quella di veloce regista e interprete di uno spassosissimo Joseph Lastrada, più o meno capace di risolvere ogni intrigo, quanto presuntuoso, nelle sue vesti di Vice ispettore capo aggiunto di Scotland Yard) nel costruire i due atti di “Sherlock Holmes e il mistero di Lady Margaret”, sino a domani pomeriggio sul palcoscenico del Gioiello, con una raffica di tutti esauriti.
Negli ultimi mesi del 1899, il detective e il suo fidato assistente Watson sono stati chiamati a Old Artist, non lontano da Londra, un luogo di soggiorno per artisti a riposo, dalla proprietaria Miss Elizabeth, al fine di garantire la sicurezza di Miss Margaret Flower, carattere esuberante e imperioso, possessiva nei confronti della povera Scarlet, sua preziosa collaboratrice, invitata a trascorrere là alcuni giorni. Una sicurezza rivolta sì alla sua persona, quanto più alla preziosissima collana di smeraldi, di inestimabile valore, regalatale dalla regina Vittoria personalmente, che la grande attrice porta sempre con sé. Alloggiano a Old Artist pure sir Henry, vecchio attore, e Oliver Plum, vanaglorioso cantante lirico, ambedue in un passato ormai piuttosto lontano frequentatori delle scene e della vita e delle stanze della diva, con gli antagonismi necessariamente d’obbligo. A cui s’aggiungono quelli di Clarissa Glimmer, eterna rivale in più di una occasione. Lettere anonime, flaconi di medicine, perlustrazioni notturne, smemoratezze, piccoli indizi sparsi qua e là in bella costruzione, soluzioni a portata di mano e improvvise sorprese, morti annunciate e rinascite inspiegabili, travestimenti per mescolare meglio le acque. Chiaramente, nella divertente scrittura, pronta a tener d’occhio uno humour tutto britannico, battute glaciali immancabili ma ben piazzate, la soluzione finale è assicurata e il divertimento per il pubblico ricco di applausi non può non mancare.
Certo non è soltanto l’impianto a farti trascorrere quel paio d’ore allegre di cui il pubblico oggi sente il sacrosanto bisogno, lasciando a casa i problemi di vario tipo. Gli attori tutti, negli eleganti abiti di Linda Lingham e nella scena fissa d’antan di Monica Cafiero, macinano divertimento, dall’eccellente Holmes di Mauro Villata al Watson di Mario Bois, dal trio pettegolo e vendicativo Alfonso Rinaldi, Angelo Chionna (sue anche le spiritose musiche dello spettacolo) e Anna Cuculo, viperina antica collega che sa mettere un bel po’ d’esperienza nella sua Clarissa, Maria Occhiogrosso, direttrice dell’Old Artist in cattive acque finanziarie. Last but not least Margherita Fumero (un fan all’uscita continuava a ripeterle “grande grande grande”, quasi le cantasse Mina) che sa benissimo come si fa ad appropriarsi di un personaggio, a metterlo in primo piano, a far suo l’intero pubblico, a guardare negli angoli di lady Margaret per scoprirne appieno tutte le risorse di spessore e allegria.
Elio Rabbione
Nelle immagini di Nicola Casale, alcuni momenti di “Sherlock Holmes e il misteri di lady Margaret: Margherita Fumero con Gina Perrucci e Maria Occhiogrosso; Mauro Villata e Mario Bois; Maria Occhiogrosso e Mauro Villata.
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