Le campane della Turandot

Un colpo secco, dato con ispirazione e manualità collaudata, e un suono intenso, pieno di vibrazioni profonde e cangianti, riempie l’atelier di Alessandro Sciaraffa, architetto, performer e artista di Torino, classe 1976.

Per questo tocco il Maestro ha utilizzato un martello speciale, fatto di legno, ferro e cuoio compresso, costruito da mani artigianali sapienti e ormai di altri tempi. Sciaraffa raccoglie e inventa strumenti a percussione di ogni sorta dal 2002, ma cerca suoni provenienti da ogni genere di fonte: dai mangiadischi Anni Sessanta agli scarti di alluminio, dalla sintesi via software a vecchi altoparlanti da circo, a radio malsintonizzate, in una commistione continua di tecnologia moderna e artigianato materico e senza tempo. Da molti anni gira il mondo a portare le sue atmosfere altrove, e altrove trova suoni nuovi, mille “sturie”, come le definisce lui, portandosi a casa ogni volta suggestioni e idee. Il mondo lo segue nella tasca del suo zainetto e nella sua memoria, attenta a tutto. Il suono, appena prodotto di fronte a me (di cui abbiamo realizzato una registrazione professionale, data l’unicità di questa occasione), durerà più di otto minuti, in autonomia, e ancora durerà, ma percepibile solo sfiorando con le dita lo strumento, ancora vivo, quasi fosse in grado di autogenerarsi.

A vibrare è un lungo e pesantissimo tubo in ottone di quasi due metri di altezza, e non un tubo qualunque, ma una delle due campane tubolari che la Fonderia Tronci di Pistoia costruì nel 1926 per la “prima” della Turandot di Giacomo Puccini, tratta da un racconto di Carlo Gozzi con libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, avvenuta al Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926 sotto la direzione di Arturo Toscanini (la dirigerà solo questa volta e mai più). Il grande lucchese era mancato un anno e mezzo prima, a Bruxelles, lontano da casa e gravemente malato per le troppe sigarette, e il suo capolavoro non lo poté ascoltare, e neanche il suono delle sue campane tubolari. Questa canna di ottone che, mentre prendo appunti,continua a suonare, produce un suono irripetibile anche per motivi fisici, materiali: è una sola fusione in ottone destinata ai cannoni dell’esercito, per cui si presenta con uno spessore di poco inferiore al centimetro e con una rigatura interna elicoidale. Questa combinazione costruttiva genera battimenti (rinforzi ciclici del suono) lunghi e intersecati variamente tra loro. La campana più lunga fa coppia con una seconda leggermente più corta dall’intonazione poco più acuta. Sciaraffa ha ricevuto questo strumento, con altri, dall’amico Luigi Tronci, il titolare della Fondazione Tronci di Pistoia e fondatore della UFIP, Unione Fabbricanti Italiani Piatti, nata nel 1931 e ben conosciuta dai percussionisti di tutto il mondo. Si tratta di una collezione privata che, dal 2008, conta oltre ottocento strumenti musicali, per lo più a percussione, extraeuropei e delle tradizioni popolari europee e italiane, con sculture sonore, macchine rumoristiche da teatro, organi, macchine e strumenti della fonderia, molti dei quali rari e di grande valore storico. L’ amicizia tra Sciaraffa e Tronci dura da vent’anni e ha dato luogo a una fruttuosa collaborazione artistica e costruttiva. Questo prestito non è casuale, quindi, ma ha lo scopo preciso di far suonare e risuonare di nuovo questi pezzi di Storia, perché questi metalli, questi legni e queste pelli, non possono davvero stare fermi, ma devono suonare e suonare ancora! Qualche giorno fa, le due campane tubolari della Turandot e altri strumenti della Fondazione e dell’artista, sono partiti per Venezia e hanno allestito una piattaforma galleggiante, la Zattera Sonora, posizionata di fronte a Giudecca,il 16, 17 e 18 settembre scorsi, permettendo alle improvvisazioni di Sciaraffa di correre lungo l’acqua e di essere ascoltate a distanza; ma la zattera ha ospitato anche il pubblico (giunto via mare con delle barche predisposte), libero di suonare, oltre che ospiti musicisti di grande livello.

Tubi e piastre hanno suonato non solo appesi, ma anche parzialmente immersi nell’acqua, diffondendo le loro vibrazioni per chilometri, variando eventualmente l’intonazione percepita col variare dei movimenti del musicista nell’immergerli. Derive Meditative per un Paesaggio Veneziano, il titolo della performance.  Immancabili, nello strumentario del Maestro, i suoi grandi gong elettromeccanici, controllati da computer e sensibili alla prossimità del musicista (che ne varia il carico capacitivo), definiti Totem Sole.

I Totem, sollecitati in vario modo, producono un suono intenso e arcaico – precisa AlessandroSciaraffa – non fanno solo vibrare l’aria, ma mettono in vibrazione altro e di più sottile, appartenente alla sfera percettiva e forse spirituale dell’ascoltatore. Vibrazioni, che in qualche modo,ci uniscono a qualcosa di invisibile, ma presente.  Il Maestro porta per il mondo la Torino sperimentativa e intellettualmente curiosa e aperta di sempre, e porta il mondo da noi. Attendiamo la prossima performance, la prossima invenzione, come io attendo che la campana di Turandot smetta di vibrare. Sempre che, picchiettata da una mano invisibile e con un profumo di sigaro uscito da chissà dove, lo voglia fare davvero.

DAVIDE FICCO

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