Nell’ottobre del 2015 moriva Ferruccio Maruffi, amico di Primo Levi e memoria storica della deportazione nei lager nazisti.
Ferruccio aveva 91 anni ed era stato il testimone gentile e fermo del “grande orrore” della deportazione nei lager. Conservava come reliquia non solo i personali e dolorosi ricordi di quella tragica esperienza, marcata indelebilmente come i numeri sulla pelle, ma anche un ricordo del caro amico Primo Levi: la sua “divisa” da deportato nel lager di Auschwitz. Era presidente onorario della Casa della Resistenza di Fondotoce, testimone instancabile del dovere di fare memoria per impedire che l’oblio allontanasse ricordi e dolore, facendo dimenticare a chi è venuto dopo cos’è stato il sistema concentrazionario nazista. Raffaele Maruffi era nato il 4 marzo 1924 a Grugliasco (To). Appartenente a una famiglia medio-borghese di orientamento antifascista, disegnatore meccanico, entrò nella Resistenza nelle formazioni Garibaldi attive in valle di Lanzo con il nome di battaglia “Ferruccio”. Arrestato l’8 marzo del ’44 nel corso di un rastrellamento a Bracchiello, una frazione di Ceres, venne imprigionato prima a Lanzo e poi a Torino , alle carceri Nuove. Trasferito a Bergamo , fu deportato a Mauthausen. Nel lager nazista austriaco, a poca distanza dalla città di Linz, venne classificato come Schutzhäftlinge (prigioniero per motivi di sicurezza) e ricevette il numero di matricola 58973. Di professione si dichiarò disegnatore tecnico. Imprigionato nei sottocampi di Gusen I (dove lavorò alla costruzione di Gusen II), Schwechat e Floridsdorf ( un distretto di Vienna), venne trasferito nuovamente a Mauthausen e , infine, a Gusen II. Dopo la liberazione del campo da parte delle truppe americane il 5 maggio 1945, rientrò in Italia un mese dopo. All’arrivo a casa apprese della morte del padre Giuseppe, partigiano garibaldino trucidato dai nazi-fascisti il 20 dicembre 1944 nel cuneese, a Robilante. Costretto per anni a curare le malattie contratte durante la deportazione, nel dopoguerra partecipò alla fondazione dell’Aned (l’Associazione Nazionale Ex Deportati) e intraprese un’intensa opera di testimonianza che prosegui per tutta la vita, come presidente dell’Aned di Torino. E’ a lui che si deve l’impulso alle iniziative rivolte agli studenti e all’organizzazione di viaggi nei luoghi della deportazione, dei quali ha scritto in molte occasioni e soprattutto nei volumi Laggiù dove l’offesa. Rivisitando i luoghi della memoria e Fermo posta Paradiso (Lettere nell’aldilà). Quest’ultimo libro comprende una lettera a ciascuno dei settantasette amici morti nei vari campi nazisti, quaranta lettere scritte ai compagni sopravvissuti ai lager e morti dopo il ritorno in Italia e le testimonianze delle vedove di coloro che furono portati in Germania con la forza e non tornarono più. Con voto unanime il Consiglio comunale di Torino, nell’ottobre 2005, conferì a Ferruccio Maruffi, il Sigillo Civico. L’onorificenza, che in passato era stata assegnata anche a Norberto Bobbio e Alessandro Galante Garrone , gli venne consegnata nella Sala Rossa di Palazzo Civico per il “suo impegno sociale e la passione civile antifascista”. Ma l’attestato più importante, per Ferruccio, era quello che gli veniva riservato dagli studenti, dalle ragazze e dai ragazzi che accompagnava nelle visite ai lager e che da lui e dai suoi racconti ricevettero idealmente il testimone della memoria.
Marco Travaglini
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