Il cervello umano è uno fra gli organi più complessi esistenti in natura e, pur studiato ed esaminato con attrezzature sempre più sofisticate, nasconde ancora un mistero, a cui le neuroscienzededicano senza posa i loro complicati studi. Nell’ultimo decennio abbiamo appreso più elementi sul cervello umano che in tutta la restante storia dell’umanità grazie anche allo sviluppo di tecnologie come le macchine a risonanza magnetica, oltre a varie ricerche mirate e meta-studi sull’argomento, ovvero un insieme di metodi matematico statistici in grado di integrare i risultati di differenti studi clinici. Grazie all’utilizzo di computer sempre più potenti, questa metodologia di studio ha permesso di ottenere risultati relativi alla comprensione del suo funzionamento impensabili nel passato. Sappiamo che è costituito da 2 emisferi cerebrali, destro e sinistro, uniti tra loro dal corpo calloso, un intricato incrocio di fibre, e dal cervelletto, una sorta di piccolo cervello arcaico presente alla base cranica responsabile dell’equilibrio; questo, da solo, contiene 100 miliardi di neuroni, le “unità di comunicazione” del cervello, che formano una intricata rete capace di condurre gli impulsi nervosi ovunque nell’organismo, in tempi brevissimi ed in modo molto preciso. È lubrificato dal liquido cefalo-rachidiano, che svolge un ruolo protettivo, nutritivo e di smaltimento delle tossine che si accumulano nella comune attività metabolica ed è delimitato da tre sottili involucri, le meningi, che svolgono un ruolo protettivo. Sappiamo che utilizza dal 15 al 20% dell’energia prodotta dal corpo umano, impiegando come principale sostanza nutritiva il glucosio, è fittamente vascolarizzato e quindi molto ossigenato.
È un organo di dimensioni contenute, pesa mediamente circa 1,4 chilogrammi, è largo mediamente 14 centimetri, alto 13 centimetri e rappresenta solo il 2% del peso corporeo, e anche se è piccolo contiene tutte le informazioni della nostra vita e richiede un notevole dispendio energetico per svolgere la sua attività occorrendogli dal 15 al 20% di quanta ne produce l’organismo.
Ha una elevata attività metabolica, infatti, nonostante rappresenti il 2% del peso corporeo, consuma un quinto di tutta l’energia a disposizione dell’intero organismo. È composto dal 73% di acqua, è l’organo a maggior contenuto di grasso del corpo, ha una consistenza gelatinosa, molle elastica, e può contenere più di 86 trilioni di cellule cerebrali. Per cercare di comprendere la sua complessa struttura è sufficiente pensare che un minuscolo frammento di cervello, delle dimensioni di un granello di sabbia contiene fino a 100.000 neuroni, di cui esistono 10.000 tipi specifici. L’esame della sua struttura con la RMN, Risonanza Magnetica Nucleare ha permesso di identificare in modo preciso molte delle aree dedicate al controllo e alla attivazione di numerose funzioni permettendo di venire a conoscenza quali siano le zone cerebrali che vengono messe in azione nel momento in cui gli organi periferici sono sottoposti ai più svariati stimoli. Però, nonostante i notevoli progressi compiuti, gli studiosi sono ancora molto lontani dall’essere in grado di spiegare quale sia il suo esatto modo di funzionare, in particolare quale sia la modalità che consente la formazione dei pensieri e delle emozioni connesse a questi.
Da studi specifici e sofisticate sperimentazioni si suppone un meccanismo molecolare attraverso il quale si formano i pensieri primari che, una volta generati, vengono registrati e codificati nel cervello nelle innumerevoli reti neuronali, portando alla formazione della memoria di tutto quello che riceviamo dal mondo esterno. Oggi il suo funzionamento viene assimilato da numerose scuole ad un computer molto potente; da quando si è avuta l’enorme diffusione planetaria dell’informatica e delle attrezzature a questa connessa, si è giunti sempre più a immaginare una sorta di ispirazione reciproca tra i campi delle neuroscienze e dell’informatica.
Il caso più tipico è rappresentato dalle reti neuronali artificiali, alla base degli incredibili progressi che osserviamo oggi nel campo dell’Intelligenza Artificiale, ma questo non è ancora sufficiente a spiegare tutto quanto vi è di misterioso in quest’organo, responsabile dei progressi inarrestabili della nostra società. I neuroscienziati, ispirandosi ai modelli informatici, hanno potuto realizzare vere e proprie reti neurali che, almeno entro certi limiti, possono simulare il funzionamento del cervello e che sono anche in grado di apprendere e memorizzare alcune funzioni. I risultati sono senza dubbio strabilianti, ma dal confronto con la funzionalità encefalica, restano sempre ben lontani dall’ottenere i risultati clamorosi che caratterizzano la genialità e la personalità di un individuo il cui cervello non è un semplice computer, ma una sorta di meccanismo che presuppone la presenza del desiderio e la consapevolezza insita in ogni essere umano, peculiarità non presenti in macchinari che tentano di imitare il funzionamento del cervello, e che, almeno per il momento sono privi di quelli che, genericamente vengono definiti “sentimenti”. Una macchina resterà impassibile, al contrario di quanto succede ad un individuo, durante l’esecuzione di un brano musicale la cui intensità può commuovere, quale ad esempio il “Requiem” di Mozart, potente strumento in grado di evocare una intensa risposta emotiva. Un computer non si innamorerà di chi lo utilizza, pur trascorrendo buona parte del suo tempo con lui, o con lei.
Il problema che pur riuscendo a riprodurre in minima parte, per adesso, una efficace simulazione di reti neuronali, non si sa ancora come ricostruire alcuni componenti insiti fra le circonvoluzioni cerebrali responsabili delle emozioni e della nascita di pensieri. I neuroscienziati hanno individuato l’amigdala, una minuscola area dell’encefalo, di forma ovalare, situata all’interno del lobo temporale di cui esistono numerose prove in grado di dimostrare come l’amigdala sia correlata all’elaborazione emotiva, come il riconoscimento delle emozioni e il giudizio emotivo in generesenza che sia ancora stato individuato il completo ed esatto modo di agire. Un piccole esempio di quanto sia complicato lo studio del funzionamento cerebrale, di quanta strada vi sia ancora da percorrere in argomenti di complessità tale da affascinare l’uomo fin dai tempi più remoti, che si interroga da sempre dove e come nascano i suoi pensieri, la cui origine è oggi ritenuta da più di una scuola nella corteccia prefrontale, un vero e proprio raffinato centro di controllo capace di agire sulla rete tentacolare di 100 miliardi di neuroni con almeno un milione di miliardi di connessioni, le sinapsi. Oggi le neuroscienze ritengono che da questa sede vengano a prendere vita le nostre facoltà cognitive, da noi conosciute come “pensiero” e “mente”.
Abbandonando temporaneamente gli studi canonici riguardo questa problematica, ci possiamo imbattere in altri interpreti della manifestazione che siamo soliti chiamare “vita” che guardano al pensiero con occhio filosofico sostenendo che, come la luce preesistente fu la causa della formazione e del sofisticato sviluppo dell’occhio, al pari di questo meccanismo, il pensiero fosse preesistente al cervello, che l’abbia costruito e ancora lo sta costruendo per sua espressione.
Teoria cara ai Rosacroce suggerita nel trattato di Max Heindel, dal titolo “La Cosmogonia dei Rosacroce” in cui è anche indicata un’altra via a cui guardare riguardo il mistero dei nostri pensieri, quello delle “Forme Pensiero”, in cui viene fatto notare come un oggetto esista in primis nella mente di chi lo progetta, che lo immagina per la prima volta e lo può esaminare in ogni sua sfaccettatura dando vita appunto ad una forma pensiero che, invisibile a tutti, ma non al progettista, viene da lui concretizzata sulla carta, dando vita ad un progetto le cui indicazioni saranno lette da abili artigiani specializzati in grado di realizzare fisicamente l’oggetto immaginato. Questo, divenuto solido e visibile a tutti, corrispondente in ogni particolare all’idea del progettista, avrà una vita limitata, come tutto sul nostro pianeta, potrà essere distrutto dai più svariati eventi, ma del manufatto sopravviverà la forma pensiero che, secondo l’autore citato, non potrà più essere distrutta nemmeno da chi l’ha ideata ed a cui sopravviverà anche dopo la sua morte. La caratteristica più intrigante di tale teoria che, questa forma pensiero, potrà essere recuperata da coloro che hanno la capacità di leggere nella memoria della Natura, potendo avere la capacità di ricreare l’oggetto progettato un tempo che può essere anche assai remoto, migliorandolo alla luce delle conoscenze in cui tale evento si verifica.
Fantasie? Chi lo sa.
L’argomento esula dalla Sapienza medica tradizionale, ed entra in campo in cui vi è comunque un notevole fermento di studi, quello del Paranormale, in particolare della Chiaroveggenza, a riprova che la nostra vita, nonostante gli indubbi progressi di cui andiamo giustamente fieri, rimane ancora un mistero, lasciandoci solo intuire che l’esplorazione del cervello è equiparabile a quella dell’Universo, essendo il nostro piccolo e delicato organo contenuto nella scatola cranica, equiparabile a ciò che è il cosmo nell’infinitamente grande di cui, di generazione in generazione, grazie al progredire della tecnica, riusciamo a sollevare appena il velo che ci nasconde le sue infinite meraviglie.
Rodolfo Alessandro Neri
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