L’isola del libro

Rubrica settinamale a cura di Laura Goria

Delphine De Vigan “Tutto per i bambini” -Einaudi- euro 19,00
Possiamo leggerlo anche come romanzo-denuncia l’ultimo riuscitissimo libro della scrittrice francese Delphine De Vigan, che mette a nudo il dorato, ma difficile, mondo dei baby influencer. Giovani stelle del web, sommerse da popolarità, soldi e giocattoli, e la cui vita viene costantemente ripresa e data in pasto ai fans.
“Tutto per i bambini” è una sorta di indagine investigativa e sociologica; analizza la deriva odierna che corre veloce sui social e su vite sfalsate da filtri. La parola d’ordine è “condividere”. Si vive per essere visti, altrimenti non si esiste.

La trama è quella di un thriller assai realistico.
Scompare Kimmy Diore, influencer di 6 anni, star del canale YouTube “Happy Récré”, in cui sono caricati continuamente video della quotidianità della bimba e del fratello maggiore Sammy.
Dietro a questo business c’è la madre dei piccoli, Mélanie, che in passato aveva cercato, ma senza successo, la notorietà nel mondo dei reality.
Poi con l’avvento dei social ha trasformato completamente la vita dei suoi rampolli. Li ha collocati al centro di un mondo virtuale, e trasformato soprattutto Kim in una baby star.
Mélanie ha aperto un canale You Tube che ha conquistato 5 milioni di iscritti e obbliga i figli a dire e fare cose precise. Li riprende in continuazione negli infiniti banali e comuni momenti della giornata, oppure li incita ad eseguire precisi format; come l’”unboxing” che implica scartare pacchi pieni di giochi, fiera del consumismo dedicato ai più piccoli.

L’autrice è abilissima nel condurre i lettori all’interno di una realtà intrisa di ostentazione ed esibizionismo, e lo fa mettendo in campo un personaggio femminile totalmente diverso da Mélanie.
E’ l’investigatrice dell’anticrimine Clara, single che si accontenta di poche cose per viaggiare più leggera nella vita, decisamente refrattaria alla pseudo- realtà di Mèlanie.
Per Clara, quello dei Dore è un mondo in cui tutto è merce e governato dal culto dell’ego, dove conta soprattutto essere visti da una pletora di follower che vivono di riflesso e per procura.

Le pagine scorrono tra fasi dell’inchiesta, dramma familiare, e con una domanda in prima linea: fin dove è lecito che un genitore possa spingersi nel gestire la vita dei figli? Che parte di colpa ha l’attuale sistema consumistico frenetico, dominato dai brand e dalle piattaforme prive di regolamentazione? Quanto c’è di sbagliato nel messaggio di cui sono portatori i baby influencer, che sembra dicano ai loro coetanei «più oggetti possiedi, più sei felice»?

Un libro magnifico che si chiude con un balzo in avanti, nel 2031: Kim e Sammy ormai sono maggiorenni che hanno tagliato il cordone ombelicale con Melanie, e cercato con immensa fatica di costruirsi una vita a loro misura…..
Pagine che inducono a riflettere più a fondo sulla deriva odierna che fa degli influencer i nuovi miti e modelli da imitare.

 

Ginevra Bompiani “La penultima illusione” -Feltrinelli- euro 19,00
L’autrice è figlia di uno dei più importanti editori italiani, Valentino Bompiani che, dopo essere stato segretario generale di Arnoldo Mondadori, ha fondato una sua casa editrice nel 1929, con una scuderia di scrittori italiani e stranieri di altissimo livello.
Ginevra in questo diario intimo racconta stralci della sua formazione: l’infanzia solitaria, la fuga dalla casa editrice paterna, l’esperienza del femminismo e gli incontri con il Gotha degli scrittori di mezzo mondo.
Il tono delle sue pagine è all’insegna dell’aplomb e dell’ironia con cui guarda al suo lontano passato, narrandoci le ferite peggiori, che però l’hanno forgiata.
Ripercorre gli anni infantili e il legame fortissimo con la sua istitutrice Stella, l’esperienza traumatica ad alto tasso di infelicità dei due anni di collegio, seguiti da una brutta depressione.
A salvarle la vita sono stati gli studi di psicologia, gli amori, la vita a Parigi per un periodo, il matrimonio a Londra con il filosofo Giorgio Agamben e il lavoro nella casa editrice paterna.

Fin da giovane si muove ai massimi livelli del mondo intellettuale internazionale, non solo a contatto di Umberto Eco (approdato quasi insieme a lei nella casa editrice Bompiani come autore e funzionario), ma anche insieme alla vedova di George Orwell, Sonia, regina incontrastata della società letteraria londinese.
Quella di Ginevra è una vita al cospetto di grandi incontri e ardue sfide, come la creazione di nuove collane Bompiani; fino alla creazione di una sua casa editrice, “nottetempo” (con la lettera iniziale rigorosamente minuscola).

Nelle pagine di questo libro la vita dell’autrice incrocia quella di N, profuga somala che le viene data in affido da quando aveva 17 anni. “La penultima illusione” vede correre in parallelo i ricordi della Bompiani e quelli di N; promessa sposa di un guerrigliero del gruppo estremista Al-Shabaab, fuggita a 13 anni a bordo di un camion per arrivare a Mogadiscio. La sua è una vita tragica che passa anche attraverso l’inferno della Libia; e mentre lei riesce a sbarcare in Sicilia, gli uomini dell’Islam si vendicano sulla madre alla quale spaccano i denti a suon di bastonate e poi le sparano alle gambe.

Il lettore viene condotto tra pagine che narrano l’impegno di Ginevra a volere il bene per chi ne ha bisogno, «per il suo bene e non per il proprio»; in questo caso quello di N, che però non trova pace neanche a casa della donna che l’ha accolta e che si è avvicinata con empatia al difficilissimo mondo dell’emigrazione.

 

Benedetta Craveri “La contessa” -Adelphi- euro 24,00
Virginia era solo il primo di ben 7 nomi della Contessa di Castiglione, nata a Firenze il 22 marzo 1837, figlia del marchese Filippo Oldoini e della marchesa Isabella Lamporecchi. Con il matrimonio diventò Virginia Verasis di Castiglione, l’italiana che nell’800 fu una celebrità a Parigi e conosciuta in tutta Europa.
Personaggio di spicco e parecchio controverso, ritenuta «La più bella donna del secolo».

Benedetta Craveri ci conduce nei meandri della vita di questa donna, sulla scorta di approfondite ricerche d’archivio e delle 2000 lettere che segnarono la corrispondenza tra la Castiglione e uno dei suoi alleati principali, il principe Giuseppe Poniatowski, nipote dell’ultimo re di Polonia. Musicista e già amante della madre di Virginia. Il principe fu forse il solo a contare davvero per la nobildonna, certamente l’unico con cui poteva essere pienamente se stessa.

Ed ecco la biografia romanzata della vita di Virginia.
A 15 anni è già consapevole della sua bellezza e dell’uso strategico che può farne. Sa anche cosa vuole: andare a Parigi dove la vita è più interessante e le conoscenze altolocate sono a portata di mano di tanta beltà e fascino.
La sua è una personalità da narcisista estrema: cinica, scaltra, enigmatica e sfuggente, stravagante e imprevedibile.
Dimostrò un notevole fiuto politico che le permise un’innegabile ascesa. Seppe usare la seduzione, collezionò una pletora di amanti e, su istruzioni del cugino, il conte Camillo Benso di Cavour, conquistò in un attimo Napoleone III, e si fece strada presso la corte del Secondo Impero.
Le nozze erano state il trampolino di lancio e, oltre agli intrighi politici, sfruttò gli amanti anche per concludere affari lucrosi.

Aveva capito in fretta che mettere le sue capacità di seduzione e la sua intelligenza al servizio della politica e del Paese, le avrebbe consentito l’affrancamento dalle rigide convenzioni sociali.
Quando i conti di Castiglione giungono a Parigi nel 1856, Virginia -18enne al massimo del suo splendore- irrompe con successo nella società e nelle feste spettacolari del Secondo Impero.
In un mese avrà ai suoi piedi l’imperatore, la corte e la stampa. Cavour dietro le quinte l’aveva arruolata nelle fila della diplomazia e indicato le conquiste che avrebbero aiutato il suo paese.
Tra le trovate geniali della Contessa c’è l’uso sapiente della fotografia; intuì subito la portata delle immagini come mezzo ideale per valorizzare la propria persona e diffonderne il prestigio e l’importanza.
Affidandosi a Pierre –Louis Pierson, diede una svolta al genere fotografico del ritratto, inventando l’autobiografia fotografica come mezzo accattivante per narrare la sua vita incentrata sulla sua bellezza.

 

Eduard von Keyserling “La sera sulle case” -L’orma editore- euro 18,00

Torna ora in libreria questo romanzo pubblicato per la prima volta nel 1914, racconto raffinato della decadenza delle famiglie di sangue blu e proprietarie terriere. Stirpe alla quale apparteneva l’autore, il tedesco Eduard von Keyserling, nato nel 1855 e morto nel 1918, uno dei maestri del primo Novecento.
In questo romanzo il tema centrale è lo scontro generazionale; da un lato gli anziani che perpetuano regole e riti obsoleti, dall’altro lo spirito di ribellione dei giovani.
La trama gira intorno ad un fidanzamento e a un adulterio, usati per rappresentare il dramma di una generazione che cerca di sfuggire all’aria opprimente dei castelli di famiglia.
La baronessa Fastrade von der Wharte torna al castello di Paduren, e rientra nella schiera della generazioni dei figli dell’aristocrazia terriera della Curlandia (l’antica regione baltica dei cavalieri teutonici che corrisponde all’attuale Lettonia).
Keiserling descrive l’esistenza opaca e lenta degli anziani possidenti, che trascorrono le giornate tra scambi di visite, passeggiate, gite e battute di caccia. Dall’altro lato i giovani vorrebbero ribellarsi e anelano alla libertà.
Di fatto entrambi falliscono. I giovani protagonisti del romanzo detestano il passato e le tradizioni, ma nessuno di loro riesce davvero ad allontanarsi. Oppure tenta di prendere le distanze, ma poi viene massacrato dalla vita.

Un esempio è il destino della figlia del barone Port, Gertrud, che si trasferisce a Dresda con il sogno di diventare cantante, salvo poi rinunciare alle ambizioni artistiche e tornare sotto l’ala paterna.
Un altro casso è quello di Dietz che, anelando la ribellione, riesce solo a dilapidare al gioco il patrimonio di famiglia. Oppure Fastrade che se ne va per fare l’infermiera, poi rientra per prendersi cura del padre sul viale
del tramonto. Ma nessuno di questi giovani è capace di opporre una valida alternativa ai valori a cui vivono ancorati gli avi. Ed ogni personaggio sembra prigioniero di un preciso copione dal quale non riesce a fuggire.

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