Vuoi superare la prova costume? Vai dallo psicologo

Emanuel Mian, psicologo e psicoterapeuta fra i maggiori esperti di comportamento alimentare, ci spiega come riconoscere e vincere la fame nervosa e perché, prima di andare dal dietologo, sarebbe opportuno consultare un esperto in “trappole mentali”.

 

 

Questo articolo è tutto sbagliato. Anzi, questo articolo non dovrebbe proprio esistere. Il motivo è semplice. Qui vi parlo di un libro intitolato: “Fuga dalla Bilancia: 10 minuti al giorno per vincere la fame nervosa” di Emanuel Mian, edito da Feltrinelli. È un libro fatto di consigli e suggerimenti ma che ha anche una regola ferrea, quella del Fight Club: non si parla di questo libro. Quella che potrebbe sembrare un’eccellente trovata pubblicitaria, ovvero facciamo finta di mantenere il segreto così tutti ne parlano, è in realtà una necessità. Chi inizia un percorso introspettivo che indaga perché mangia male, troppo o troppo poco, deve concentrarsi su sé stesso. E deve tenere a bada i sabotatori, quelli cioè che ti dicono: “ma chi te lo fa fare, ma dai mangia, ma prendine solo un pezzettino, ma che vuoi che sia”. O peggio quelli che ti consigliano diete lampo, beveroni magici o digiuni selvaggi.

Attenzione, questo non è un libro contro le diete. La perdita di peso è governata da un’equazione: devo consumare più di quanto assumo. Devo cioè creare un deficit calorico e, allo stesso tempo, dare al corpo tutti i nutrienti per poter funzionare correttamente. Ma se andare dal dietologo sembra un processo universalmente accettato, chissà perché non si considera mai di fare una tappa prima dallo psicologo, specie se esperto in comportamento alimentare.

 

Ho fatto due chiacchiere con il Dott. Mian. Non gli chiederò del libro, anzi non dirò nemmeno che l’ho letto.

 

Sbaglio o sono ancora pochi quelli che per dimagrire contattano uno psicologo?

 

In realtà lo psicologo non serve a dimagrire, ma può aiutare se ci sono dei meccanismi, come le trappole di cui parlo nel libro, che impediscono di farlo. Lo psicologo può aiutare a sbloccare tutto ciò che impedisce il dimagrimento.

 

E attenzione, chi non riesce a dimagrire magari cade in una o più trappole, dipende dal contesto. Un buon terapeuta deve comprendere le dinamiche che ostacolano il raggiungimento di un peso ragionevole. Il lavoro che si fa con lo psicologo non è tanto quello di perdere peso, ma imparare a volersi bene o credere in sé stessi. La perdita di peso avviene comunque grazie a un deficit calorico, e per quello ci vogliono dietologi e nutrizionisti che personalizzino l’apporto dei nutrienti.

 

Prima però di iniziare un percorso dimagrante, chiediamoci perché falliamo nelle diete, o non crediamo in noi stessi. Quando falliamo non manteniamo le promesse che ci facciamo. Come possiamo imparare a fidarci di noi stessi se questo avviene? Il trucco dovrebbe essere: non dimagrire per volerci bene ma volerci bene, credere in noi stessi, mangiare adeguatamente e in modo bilanciato.  Il peso sulla bilancia inizierà a scendere di conseguenza.

 

Molte persone non riescono a mantenere il peso perché non hanno cambiato alcuni atteggiamenti o non hanno affrontato la relazione con chi sta loro accanto. Bisogna lavorare anche su questo e nel libro ho proprio scritto un capitolo ad hoc cui sono molto affezionato (il n.3)

 

Per andare dallo psicologo devo stare male? Posso contattarla per una chiacchierata o devo per forza intraprendere un percorso?

 

Non devi stare male per andare dallo psicologo. Diciamo che se sto “male” vado dallo psicoterapeuta, ovvero lo specialista che si occupa delle psicopatologie e che si occupa della terapia specifica per portare la persona a gestire le proprie risorse e uscire dalla problematica.

 

Inoltre, quando ti rivolgi a uno psicologo, non fai una chiacchierata. Certo può sembrare uno scambio, e non devi per forza intraprendere un percorso. Devi discutere con il professionista e decidere insieme. Ma è il professionista che deve capire e tenere conto delle esigenze della persona che ha davanti.

 

Lo psicologo deve capire il problema, fare quello che si chiama “analisi della domanda”, e poi decidere se intraprendere un percorso. Bisogna capire quali soluzioni la persona ha tentato in passato e perché non hanno funzionato. Io cerco di capire che soluzioni i miei pazienti hanno cercato per risolvere un problema alimentare. Sono specializzato in disturbi legati al cibo e ho scritto questo libro che parla di fame nervosa proprio per aiutare quanti non riesco personalmente ad aiutare perché, per forza di cose, non posso essere ovunque.

 

Se ho capito bene, la fame nervosa non è considerata un disturbo alimentare come anoressia o bulimia. Ma può essere altrettanto pericolosa?

 

Si perché è più subdola. Molti mi chiedono la differenza tra fame nervosa e bulimia o Binge Eating (Sindrome da alimentazione incontrollata). Ebbene, la differenza sta nella frequenza. Se ho tanti episodi di fame nervosa ravvicinati nel tempo allora si può maggiormente sfociare in una probabile diagnosi di Binge Eating Disorder, ma ovviamente diagnosi e cura vanno gestiti in ambito clinico caso per caso.

 

Per quanto riguarda la fame nervosa, gli episodi in cui ci si abbuffa sono meno frequenti ma si tratta comunque di azioni spesso furtive. Si mangia anche se non si ha fame, magari di nascosto, per scappare da un’emozione o per noia, senso di vuoto o tristezza ma anche ansia e incertezza e subito dopo si è assaliti dai sensi di colpa. Ecco, pur non essendo in presenza di bulimia o Binge, tutto ciò deve far “drizzare le antenne”.

 

Smettere di fumare è più semplice che smettere di abbuffarsi. Perché puoi eliminare subito e completamente ciò che ti crea dipendenza, ovvero le sigarette. Ma se hai una dipendenza da cibo, se ti alimenti male e in modo incontrollato, non puoi curarti eliminando gli alimenti.

 

In più il cibo ci fa stare bene, ci fornisce l’energia per vivere. Ma se non riesci a fermarti quando sei sazio, devi capire cosa provoca certi comportamenti.  I motivi sono tanti. Ci sono persone che non riescono a fermarsi davanti a un quadratino di cioccolata che in pochi secondi diventa un’intera barretta divorata come se avessi inserito il pilota automatico. Non fai in tempo a renderti conto che l’hai divorata. Il cioccolato fa bene e ci fa star bene, ma se esagero ecco che capisco di aver perso il controllo e mi sento un fallito. A questo punto il peso aumenta e tu non sei più un individuo ma finisci per considerarti un numero sulla bilancia.

 

La fame nervosa può essere pericolosa non solo per quanto velocemente riempiamo lo stomaco o per la quantità di cibo. Il problema appare anche per le limitazioni sociali, quando una persona rinuncia a uscire con gli amici perché si sente gonfia, quando rinuncia a farsi abbracciare o a vestirsi in estate con abiti leggeri per la percezione di sentirsi “grassa”.

 

Così cadi in un loop senza fine: non esci per la vergogna, stai a casa, a casa ti annoi, mangi ed ecco che ti senti un fallito e alla prossima occasione decidi ancora una volta di stare a casa. Molte persone non parlano, stanno in silenzio e non sanno come spezzare quello che sembra un brutto incantesimo. È importante comunicare, trovare la forza di parlarne.

 

E poi si parla di disturbi alimentari “gravi” mai di semplice fame nervosa.

 

Non mi piace parlare di disturbi gravi e non gravi, ma riconosco che anche i giornalisti spesso parlano di grandi obesi, di persone affette da anoressia ma non di persone che si abbuffano e basta. Solo chi c’è passato ne parla. Io ho scritto un libro perché bisogna fare luce su abitudini silenti, limitanti e dunque pericolose tanto quanto altri disturbi più noti. Non immagini quanti leggono il mio libro e poi mi scrivono dicendomi che sembra parlare di loro e questo non può che farmi piacere.

 

 

La pandemia ha influito sui disturbi legati al cibo?

 

Tantissimo. Ha abbassato l’età e allargato la forbice di chi soffre di disturbi alimentari, che sono comunque disturbi con una forte componente legata all’ansia. La pandemia ha portato dubbi, incertezze, angosce. Ecco che le persone chiuse in casa sono andate a cercare riparo nel cibo, nell’alcool perché era ciò che poteva essere più gestibile in quel momento.

 

Anche stare tanto in famiglia non ha giovato. Pensa ai ragazzi così tanto a contatto coi genitori. Se sei un adolescente, sei in DAD, vedi i tuoi genitori che sono spaesati, impauriti ed incerti… ecco che inizi a buttarti sull’unica cosa che ti dà conforto: il cibo o magari il controllo ossessivo rispetto al corpo.

 

Dal mio osservatorio, mi occupo quasi esclusivamente di problemi legati al cibo e con la pandemia i pediatri ci hanno inviato bambini con diagnosi precoci che di solito emergono nell’adolescenza.  In poche parole, la pandemia ha amplificato e anticipato dinamiche che forse si sarebbero verificate più tardi o non verificate proprio. O magari sarebbero comparse con meno forza e veemenza.

 

Lei dice che una dieta è destinata a fallire se prima non cambio l’approccio nell’affrontarla. Ma quindi tutti possono dimagrire?

 

Dipende. Si può raggiungere un peso ragionevole se non ci sono altre patologie che ostacolano il dimagrimento. E questo sarà il medico a valutarlo.

Bisogna approcciare il dimagrimento da più punti di vista. Intanto devo farmi seguire da un esperto che mi prescriva una dieta sostenibile, ovvero un tipo di alimentazione che mi accompagnerà tutta la vita e che si modificherà negli anni ma che non sarà un perenne sacrificio; parlo di una dieta che mi aiuti ad affrontare squilibri/modifiche ormonali, cambi di stile di vita o periodi come la menopausa e l’andropausa.

 

L’approccio deve essere multidisciplinare, quindi diffidate da personal trainer che vi danno diete se non sono titolati a farlo, magari mascherati da “consigli nutrizionali”. Ma cercate anche nutrizionisti che abbiano esperienza comprovata e che non inneschino invece una corsa al dimagrimento peggiorando il quadro. Non si devono infatti escludere un alimento o alcuni macronutrienti come i carboidrati per lunghi periodi, tanto per fare un esempio.

Non si deve soffrire la fame e bisogna lavorare sul mindset ovvero sull’atteggiamento. Ecco, il mio libro non fornisce una dieta ma aiuta a capire qual è l’atteggiamento che mi porta a perdere peso e ad avere un rapporto sano col cibo.

 

Io aiuto chi si rivolge a me a capire perché vuole dimagrire. Non bisogna mai dire “voglio perdere peso” perché alla mente non piace perdere. E non bisogna nemmeno pensare di dimagrire per piacersi di più e volersi bene. Bisogna fare un cambio di rotta: prima iniziamo a volerci bene e poi arriverà il dimagrimento.

 

Aggiungo una cosa, anzi due. Bisogna anche studiare l’ambiente familiare e capire se ci sono le premesse per perdere peso. A volte non mi limito a curare una persona, prendo in carico l’intero nucleo familiare.

 

E l’ultima?

 

L’entusiasmo. Bisogna capire quanto desideri perdere peso per poi intraprendere un percorso con costanza ed entusiasmo.

 

 

Fuga dalla Bilancia, di Emanuel Mian si snoda tra riflessioni, chiarimenti e tecniche per affrontare la fame nervosa. Ed è un libro da assaporare lentamente e senza interferenze esterne, da qui il consiglio di non parlarne con nessuno. Alla fine, ma solo alla fine, se ti è stato d’aiuto, l’autore invita a consigliarlo ad amici e conoscenti. Se hai letto fino qui, puoi contattare il Dott. Mian che è molto attivo su Instagram o tramite il suo sito web, nonché un’area riservata con accesso esclusivo per chi ha letto il libro, dove ci sono approfondimenti ed aggiornamenti.

 

Io però non vi ho detto niente e voi non avete mai letto questo articolo.

Loredana Barozzino

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