IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Il 2021 va volgendo ormai alla fine e così anche le celebrazioni dell’anno dantesco, in occasione dei 700 anni dalla morte del poeta.
Seguo professionalmente i mercati finanziari da quasi trent’anni ed ho avuto modo di assistere a molti “peccati” (sanzionabili dell’inferno o di una pausa in purgatorio) ma anche a qualche comportamento virtuoso (meritevole del paradiso) e, proprio in occasione di questa ricorrenza “poetica”, mi sono chiesto come ne avrebbe scritto Dante nella sua Commedia.
L’introduzione avrebbe potuto, utilizzando immodestamente la metrica dell’Alighieri, essere così:
“Ahi come il poeta raccontar mi tocca
Con le ossa ancor dolenti
Parole dure fuor di mia bocca
Ai poveri investitor: infelici genti
Non per voler ottenebrare
Le loro ben confuse menti
Ma per provarle a rischiarare
Con un verso incatenato
Mi son fatto impelagare
Nella selva oscura del mercato
A narrar senza pudor li fatti
Che i borselli han devastato
Lasciandoci, sfiniti dalla pugna, al suol disfatti.”
All’ Inferno, poi, Dante incontrerebbe oggi gli Speculatori e gli Avidi, puniti, immagino, nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio, insieme agli indovini, fraudolenti in quanto ebbero la folle pretesa di antivedere il futuro che in quanto tale è noto solo a Dio.
Sono coloro che investono cercando e creando le opportunità più redditizie con una condotta senza scrupoli e senza rispetto degli interessi altrui.
Trattano gli investimenti, insomma, come se fosse un gioco di azzardo (zara: dall’arabo az-zahr = dado).
In questo modo danneggiano sé stessi e gli altri perdendo denaro e facendolo perdere.
Corrono, certi della propria buona sorte, lungo un apparentemente facile cammino in discesa, sempre intenti a raccogliere e a accumulare trofei (come gatti a caccia di topi).
Non sanno che tutte le esagerazioni sono nocive e possono portare alla morte.
Pensano solo alla bisca e si prendono gioco del volere di Dio.
Non guardano la strada che stanno percorrendo ed alla fine precipitano, perdendo tutto quanto avevano raccolto.
E la bestia (termine utilizzato da Dante come massimo insulto nei confronti degli umani) impara così la lezione: è più semplice accumulare che conservare.
“A perdicollo correan disfatti,
Speculatori, avidi per conquistar trofei e riempir la giara,
La masnada sciolta, come a buscar li topi i gatti
Lungo la ripida china raccogliean monete, cosa più cara
Senza badar a tutto ciò che, esagerando, ammazza
Misura e cognizione assenti, ripetendo il gioco de la zara
Attenti solo alla fatal biscazza
Facendosi gabbo del divin volere
Finita la strada, dolente, nell’ orrido stramazza.
E la lezion alfin la bestia apprende: peggio gli averi accumular che mantenere.”
Proseguendo la scalata, guidato da Virgilio, nel Purgatorio Dante farebbe la conoscenza dei risparmiatori che si disinteressano colpevolmente della gestione del proprio denaro.
Costoro affidano i patrimoni a truffatori e disonesti (l’allusione dei versi al Guasco si riferisce agli ecclesiastici francesi conterranei di Clemente V, scandalosamente favoreggiati dal papa, che avevano fama di gente avida e malfida).
Proprio come chi affida le chiavi della propria cantina ad un ubriaco.
Possono solo sperare che li salvino le preghiere dei figli che sono rimasti, soli, a rispondere dei loro debiti e delle loro cattive scelte di investimento.
“Virgilio mi indicò, di fronte, la montagna,
Donde come pecorelle al pasco,
Pasturavan, biascicando lamentosa lagna,
Gli stolti che han lasciato al Guasco,
Distratti e senza discernimenti,
Sì come chi affida agli ebbri della cantina il fiasco,
Il proprio denaro, a disonesti e incompetenti,
E dalla infelice progenie divien la redenzione.
Quei che sopportan il fardello tristi e scontenti.
Infin la pena arriverà, lentamente, a consunzione.”
Arrivato al Paradiso ecco che il Poeta incontra, tra gli Spiriti pazienti nel VII Cielo (quello di Saturno), gli Investitori Pazienti.
Essi si muovono in modo ordinato, le loro borse sono assicurate alla cintura e chiuse con la ceralacca in quanto il loro denaro è investito senza fretta e si tratta di investimenti stabili nel tempo: non ci sono continue entrate ed uscite (per operazioni speculative).
Costoro non perdono mai la calma e meritano il Paradiso in quanto il loro obiettivo è quello di preservare, con il proprio, anche il bene del nostro pianeta datoci in custodia da Dio e lo fanno dal mattino a quando il giorno si spezza e diventa notte.
Essi sono intenti a seminare bene il denaro nei modi che piacciono al Creatore rendendolo così fruttifero e fertile come il giardino dell’Eden.
Dante, ammirato, vorrebbe lui stesso dare a questi il suo denaro da gestire.
Solo così i beni affidati alla fortuna, che altro non è che una delle intelligenze angeliche e ha il compito di governare e amministrare i beni del mondo in accordo con la volontà imperscrutabile di Dio, possono preservarsi e seguire il cammino da Lui voluto e dettato.
“Schiere ordinate di anime pazienti
Cinte di cuoio e d’osso sigillate borse a ceralacca
Gli occhi all’orizzonte fisi e attenti
Di chi non difetta calma quando altrui l’attacca
Accesi d’amor per lo bel pianeta
Dal mattino all’ora che il dì si fiacca
Ben seminando sì lucida e sì tonda moneta
Nel Suo fertile giardino
Fiducioso e ammirato vorria loro prestar la sua, il poeta
I ben che son commessi a la fortuna seguan lo divin cammino.”
Spero che i lettori mi vorranno perdonare per avere voluto scherzare con il più importante ed amato dei nostri poeti.
D’altronde, come scriveva Jules Renard: “Siamo sulla Terra per ridere. Non potremo più farlo in purgatorio o all’inferno. E in paradiso, beh, in paradiso sarebbe davvero sconveniente.”
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