I giorni del destino

Un quadro crudo e commovente della vita di un uomo sfrattato dalla propria abitazione, in concorso alla 39° edizione del Torino Film Festival

Paolo Poma è una di quelle tante persone che ogni giorno possiamo incontrare nelle strade o fingere di non vedere. Vive al Balon e cerca di campare vendendo oggetti al tipico mercato della zona. Spesso non sa dove dormire e la sua dipendenza dall’alcool è l’unica via di fuga che gli è rimasta da quella sofferenza che si porta dentro. Se lo incontrereste per strada probabilmente lo giudichereste senza nemmeno sapere che quell’uomo una volta aveva una casa e si era costruito una famiglia. La storia di Paolo potrebbe essere quella di ciascuno di noi, piccola o grande che sia la ferita che ci portiamo dentro. Ed è grazie alla documentazione della sua storia, attraverso gli occhi del regista, che veniamo condotti in un viaggio introspettivo personale ma, allo stesso tempo, comune alla condizione umana. Un viaggio fatto di ingiustizie, sofferenze, coraggio e speranze. Un viaggio alla ricerca di una rivincita nei confronti di un destino subito e di un’identità perduta, perchè se è vero che i fatti del passato non si possono cambiare è pur sempre vero che i ricordi del passato, racchiusi dentro di noi, si possono curare. Ed è da questo viaggio di cura che nasce la voglia del regista di vivere da vicino la vita di Paolo, di tuffarsi a capofitto in quel dolore per trovare una strada che lo conduca sempre più in profondità dentro di sé, alla ricerca del senso della sofferenza umana.
Anche il papà di Emanuele da giovane aveva vissuto il problema dell’emergenza abitativa e, sempre quello stesso papà, è riuscito a trasmettergli la passione per la filmografia non lasciandosi sfuggire nemmeno un solo attimo prezioso della sua vita: Emanuele era il protagonista indiscusso del papà che lo osservava da dietro quella videocamera della Sony che oggi lui stesso utilizza per documentare le storie e le vite dei suoi personaggi.
Ecco che la pellicola diventa uno strumento terapeutico per entrambi, protagonista e regista, alla ricerca di quel significato che possa riempire un vuoto che solo le ferite abbandoniche sanno egregiamente lasciare.
E’ possibile vedere il film “I giorni del destino” questo sabato 4 dicembre alle ore 16.15, presso il cinema Greenwich sito in Via Po, 30.
Per quest’anno, è possibile acquistare i biglietti esclusivamente online sul sito del TFF: https://biglietteria.torinofilmfest.org/biglietti/

 

Il regista
Emanuele Marini, marchigiano classe 91, è il regista del documentario “I giorni del destino” in concorso alla 39° edizione del TFF. Emanuele è il tipico esempio di chi, senza imparare il mestiere in modo accademico, riesce a farcela da solo contando sulle proprie risorse interiori e sul poprio talento.
E’ il 2010 quando Emanuele, finito il liceo, tenta il concorso al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma in qualità di aspirante regista. Il provino non va come lui vorrebbe: “forse ero ancora acerbo” dice lui riflettendoci e, spinto dalla curiosità, sceglie un percorso di studi che gli consenta di maturare come persona e di ampliare gli orizzonti della sua mente.

Si laurea in filosofia e inizia a prendere parte a diversi seminari cinematografici per formarsi come regista. E’ il 2014 quando Emanuele partecipa ad un workshop sul cinema documentario diretto dai fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio, i quali si appassionano del nascente progetto sulla storia di Paolo. Nel mentre, nel 2016 esce un suo cortometraggio dal titolo “Non chiudere gli occhi”, in cui racconta la storia e la tragica morte del nonno avvenuta nel 1961, quando il suo papà aveva appena 9 anni. Emanuele capisce presto quanto il cinema possa essere per lui un potente mezzo di introspezione e, allo stesso tempo, di condivisione con il mondo esterno e sente ancora di più quella spinta motivazionale che lo porterà a lavorare per ben sette anni alle riprese dei frammenti di vita del suo protagonista. Intanto, nell’intricarsi dei fili del destino, Emanuele partecipa ad un laboratorio di scrittura cinematografica, tenuto dallo sceneggiatore e produttore Alejandro De La Fuente, colui che diventerà anche il produttore di quel nascente documentario ora in concorso al Torino Film Festival.

Irene Cane

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