Caro Direttore, nel prossimo autunno noi torinesi andremo alle urne per rinnovare il Consiglio Comunale e scegliere il nuovo Sindaco.
Nella scheda elettorale ritroveremo lo Scudo-Crociato della Democrazia Cristiana, il partito che si ispira alla Dottrina sociale della Chiesa.
Se nella Chiesa, come sosteneva il cardinal Ruini, si è fatto strada “un pluralismo marcato”, non si può escludere, tra le altre, l’opzione a favore di chi assume come riferimento l’intero messaggio sociale del Cristianesimo.
Possono esserci forze politiche che, in misura maggiore o minore, accettano taluni aspetti della Dottrina sociale, ma solo la Democrazia Cristiana fa integralmente proprio il suo insegnamento, efficacemente sintetizzato nel Compendio, dove – a sostegno di un’ispirazione permanente e non episodica – l’autore maggiormente citato resta San Tommaso.
Questo rafforza la scelta a favore di una presenza pubblica non effimera ed ancillare, supportando la concezione del partito come occasione per una testimonianza integrale, non parziale.
Dal pluralismo delle scelte dei credenti si è passati repentinamente all’auspicio secondo cui “sta al singolo cattolico essere capace di portare avanti i valori fondamentali all’interno del partito”, senza che questa ulteriore metamorfosi abbia sortito i risultati attesi.
Affermava giustamente Luigi Sturzo: “La mia esperienza mi ha sempre provato che i cattolici che entrano in partiti strettamente politici, non solo perdono il senso dell’apostolato sociale che si trova nei partiti di ispirazione cristiana, ma si attaccano troppo agli aspetti materiali e utilitari della politica (…) questi cattolici diventano spesso una minoranza isolata in mezzo a una maggioranza troppo materialista e realista”.
La profonda crisi degli attuali partiti, dove i credenti non sono riusciti a diventare “sale e lievito”, ha portato all’immiserimento della vita pubblica italiana.
Essa si è allontanata dai fondamenti cristiani ed è ostaggio di modesti contendenti agnostici. La crescente denatalità minaccia l’estinzione del Paese e contribuisce a deprimere ulteriormente un’economia nazionale asfittica, priva di scelte innovative e coraggiose. Il tessuto sociale regista disgregazione e rancore, mentre lo slancio del volontariato, spesso di matrice cristiana, riesce con fatica a lenire ferite ed ingiustizie crescenti. Il degrado culturale, anche nei suoi fenomeni popolari, assume toni sempre più ostili, irridenti, di ostentata avversione nei confronti dei simboli, della sensibilità e della tradizione cristiana.
Gli appelli ad un indefinito rinascimento, fondati su presupposti deboli ed effimeri, cadono nel vuoto.
La consapevolezza di non riuscire a rappresentare adeguatamente il messaggio sociale del cristianesimo non può costituire un alibi per sottrarsi all’impegno politico, “la più alta forma di carità”, come affermava San Paolo VI.
L’impegno politico, non canalizzato in un partito organizzato e popolare, resta subalterno ad una visione padronale ed oligarchica della politica, supina e compiacente nei confronti del pensiero unico, estraneo ai veri bisogni popolari.
Come diceva il cardinal Bagnasco, introducendo l’incontro di Todi, il fondamento della presenza sociale e civile dei cristiani “è quel guardare fermamente al volto di Cristo che con la forza del suo Spirito sprigiona dinamismi virtuosi d’intelligenza e di dedizione. Qualora si sbiadisse questo primato, i cristiani sarebbero omologati alla cultura dominante e a interessi particolari”.
Riprendendo Luigi Amicone intendiamo cultura e politica non “supplementi d’anima pia”, ma “coscienza critica e sistematica della realtà. In pratica: scuole libere, opere di carità, giornali, musica, letteratura, scienza”. E non solo.
Questa premessa si collega strettamente al ruolo delle amministrazioni locali, soprattutto quelle dei grandi centri del Paese, dove i Consigli comunali rappresentano il luogo immediato dell’indirizzo della società e la sede delle scelte in materia di educazione infantile, assistenza sociale, ambiente, salute, sicurezza, programmazione, uso e promozione del territorio.
Anche a Torino.
Dove giudichiamo negativamente le scelte degli ultimi venticinque anni, coincidenti con l’assenza della Democrazia Cristiana.
Ad eccezione dell’effimera stagione dell’evento olimpico, per il quale la città ha pagato un conto salato e sproporzionato, riteniamo che una politica estranea all’ispirazione cristiana abbia avuto conseguenze pesanti e negative.
Scandite da una triste sequenza:
la deindustrializzazione che ha privato del lavoro i ceti più deboli, limitando le prospettive delle generazioni più giovani, avvalendosi addirittura della compiacenza dell’amministrazione comunale;
l’illusione determinata da modelli di sviluppo alternativi impraticabili o perseguibili molto marginalmente (turismo ed effimero);
la disattenzione nei confronti di quanto era rimasto (sistema fieristico, cultura e formazione di qualità);
il perseguimento degli interessi di una minoranza a discapito degli altri (Sistema Torino);
la disattenzione verso servizi e fiscalità favorevoli alle famiglie e la prevalenza dello statalismo sul privato sociale;
il passaggio dall’eccesso progettuale (mai concretizzato) al completo immobilismo;
l’estraneità, se non l’ostilità, nei confronti dei temi propri dell’etica cristiana (difesa della vita, attenzione ai più deboli, sostegno alle famiglie con figli e libertà di educazione).
In definitiva nell’ultimo quarto di secolo la politica locale ha favorito il declino della città, manifestando uno scarso senso del bene comune ed una preclusione alla sussidiarietà ed ai valori tipici dell’umanesimo cristiano.
Per questo riproponiamo la Democrazia Cristiana, rivolgendoci a quanti intendono scrivere insieme a noi una pagina nuova fondata sulla condivisione e sulla promozione di una presenza ispirata all’insegnamento sociale della Chiesa.
Esso costituisce il fondamento di un programma che, partendo dalla Storia della nostra comunità – di cui siamo stati protagonisti – attraverso la Solidarietà, la Sostenibilità, i Servizi e la Sicurezza, riesca ad attrarre Investimenti e Lavoro.
Un’ispirazione capace di animare numerosi e concreti progetti, in piena sintonia con quella cultura dell’ascoltare e del fare tipica dell’azione della Democrazia Cristiana.
La Dc torinese
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