- Il vicepresidente del Consiglio, Mauro Salizzoni, ha ricevuto a Palazzo Lascaris Lidia Maksymowicz, deportata con la madre quando era solo una bambina di pochi anni dai territori russi ad Auschwitz, protagonista del docufilm “70072: la bambina che non sapeva odiare”, prodotto dall’Associazione La Memoria Viva di Castellamonte, in collaborazione con il Club Turati del Canavese e il Comitato Resistenza e Costituzione. “Ricordo bene il dolore che ho provato nel visitare il campo di Auschwitz, il filo spinato, le baracche.
- Allora ero un giovane studente universitario, mi accompagnava un giovane medico polacco i cui genitori vennero uccisi in quel lager. Rimasi inorridito davanti alle montagne di occhiali e di oggetti personali, ognuno dei quali celava una tragedia personale. È stato un onore incontrarla questa mattina. Lidia è una testimone di libertà”, ha commentato Salizzoni ricevendo il fazzoletto dei deportati su cui Maksymowicz ha scritto il suo numero identificativo di prigioniera.
Il racconto del documentario prende spunto da un suo recente viaggio sui luoghi di Giovanni Paolo II in valle d’Aosta a Introd, in cui viene invitata a raccontare la sua storia a studenti e insegnanti canavesani di Castellamonte, e da lì si sviluppa la sua testimonianza della deportazione e dei campi di sterminio alternando immagini girate in Polonia, a Cracovia e Oswiecim, nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, con quelle in Italia fra Introd, il Parco Nazionale del Gran Paradiso e Castellamonte.
“Ad Auschwitz erano imprigionati circa 200 mila bambini, solo pochissimi sono in vita oggi – è il suo commosso ricordo – tutta la mia vita è stata segnata da questa esperienza. Sono grata al Piemonte che mi ha permesso di organizzare tutti gli incontri di questi giorni, nonostante la mia età continuo a raccontare la mia storia ai giovani di tutto il mondo che ho la fortuna di incontrare. Non possiamo dimenticare quello che è successo, chiedo a tutti di ricordare e fare in modo che quella tragedia non possa più ripetersi”.
“Ascoltare il racconto degli anni drammatici delle deportazioni e dei campi di sterminio direttamente da chi, come Lidia, li ha vissuti in prima persona e ne è testimonianza vivente, è un esperienza umana tra le più toccanti che ha il potere di trasformarci.
È un rinnovare e condividere con i sopravvissuti e con chi non ce l’ha fatta, quelle memorie e quel dolore, ma anche, dinanzi a queste sofferenze e atrocità, l’impegno a custodire questa memoria, a tramandarla ai più giovani, a portarla con sé nel proprio presente e nel progettare il proprio futuro sempre vigili e consapevoli che tutto ciò che hanno vissuto le vittime della Shoah non accada mai più e non venga mai dimenticato”, è la conclusione del presidente Stefano Allasia.fmalagnino