IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Il Presidente della Repubblica Mattarella ha ritenuto di ribadire una netta condanna ad ogni discriminazione e intolleranza nella giornata internazionale contro l’omofobia.
Un giusto richiamo a tutti i cittadini in nome di quell’articolo 3 che è un cardine della nostra Costituzione. Potrebbe apparire persino un discorso scontato che, in un paese civile e democratico, non dovrebbe costituire oggetto di un intervento da parte del Capo dello Stato, ma certamente, al di là dell’omofobia, il discorso del presidente può evocare anche la condanna verso tante altre forme di intolleranza che stanno imbarbarendo il Paese. Il richiamo al rispetto personalmente lo ritengo doveroso e necessario, vedendo e toccando con mano la carica di odio che sta montando in Italia nei confronti di chi è considerato diverso non solo per le sue scelte sessuali. Il dibattito politico è avvelenato e il richiamo alla violenza verbale è una pratica sempre più abituale che va condannata con fermezza. Il lavoro prezioso del Governo Draghi non può essere disturbato dalle polemiche astiose che si leggono sui giornali e si sentono in televisione.
L’uso strumentale da parte di Michela M u r g i a delle parole del Presidente, usate disinvoltamente come un chiaro sostegno al ddl Zan ( propone, spero in modo provocatorio e paradossale, di inserire nel testo del disegno di legge le parole stesse del Presidente che sarebbero molto più dure di quelle usate nel suddetto ddl) rivela ancora una volta la figura a dir poco discutibile della scrittrice, alla ricerca di una costante visibilità mediatica, ottenuta ad ogni costo. Gettare nella mischia politica rovente il nome del Presidente rivela una mancanza totale del senso delle Istituzioni e del rispetto dovuto al Capo dello Stato. Uno strappo grossolano al galateo istituzionale verso il Quirinale che nessuno deve “usare” a scopi di parte. Nessuno ha infatti il diritto di strumentalizzare le parole del Presidente, specie nel corso di una discussione di un disegno di legge in Parlamento che si rivela delicata e difficile. Il magistero civile di Mattarella va ascoltato in ì doveroso e rispettoso silenzio perché il Capo dello Stato è e deve restare il supremo garante del gioco democratico, al disopra delle parti e delle polemiche contingenti.
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