Rodari seppe “lavorare di fantasia”, diventando uno dei più grandi scrittori per l’infanzia di tutti i tempi. Alcuni anni fa Einaudi ha ripubblicato la sua “Scuola di Fantasia”, con l’introduzione di Mario Lodi, il grande pedagogista (morto nel 2014) che ha ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone aspetti e metodologie
Gianni Rodari nasceva ad Omegna il 23 ottobre 1920, in riva al Lago d’Orta dove i genitori, originari della Val Cuvia nel Varesotto, si erano trasferiti per lavoro. Nasceva in via Mazzini, una delle vie principali di Omegna, dove il padre, Giuseppe Rodari, fornaio, svolgeva la sua attività.
Così lo ricordava lo stesso Rodari: “La parola ‘forno’ vuol dire, per me, uno stanzone ingombro di sacchi, con un’impastatrice meccanica sulla sinistra, e di fronte le mattonelle bianche del forno, la sua bocca che si apre e si chiude, mio padre che impasta, modella, inforna, sforna. Per me e per mio fratello, che ne eravamo ghiotti, egli curava ogni giorno in special modo una dozzina di panini di semola doppio zero, che dovevano essere molto abbrustoliti. L’ultima immagine che conservo di mio padre è quella di un uomo che tenta invano di scaldarsi la schiena contro il suo forno. È fradicio e trema. È uscito sotto il temporale per aiutare un gattino rimasto isolato tra le pozzanghere. Morirà dopo sette giorni, di broncopolmonite. A quei tempi non c’era la penicillina“. Nonostante l’infanzia segnata da quel lutto, Rodari seppe “lavorare di fantasia”, diventando uno dei più grandi scrittori per l’infanzia di tutti i tempi.
Recentemente Einaudi ha ripubblicato la sua “Scuola di Fantasia”, con l’introduzione di Mario Lodi, il grande pedagogista che ha ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone aspetti e metodologie. I testi raccolti nelle due parti di questo libro (la prima, dedicata a bambini, genitori e professori; la seconda al rapporto tra bambini, libri e scrittori) rappresentano i contributi più significativi – risalenti agli anni dal 1966 al 1980 – di Gianni Rodari che ha espresso, in modo semplice e chiaro, le sue idee e le sue riflessioni sull’universo formativo, sul rapporto educativo adulti-bambini, sui processi e sulle finalità della formazione delle nuove generazioni. “Un bambino, ogni bambino, bisognerebbe accettarlo come un fatto nuovo, con il quale il mondo ricomincia ogni volta da capo”, scriveva Rodari, accompagnando le sue riflessioni con tante proposte concrete per restituire all’immaginazione, grazie al potere liberatorio della parola, lo spazio che le compete nella vita dei propri figli. Nella seconda parte del libro è particolarmente interessante la classifica che Rodari stila ( in nove punti) riferendosi ad alcuni discutibilissimi sistemi che possono far nascere nei bambini “ una nausea inestinguibile verso la carta stampata”. Lo scrittore omegnese li indicava “piuttosto alla buona , ma non senza convinzione“. Vale la pena di trascriverli ( e di farne tesoro).
1.Presentare il libro come una alternativa alla Tv (I bambini trovano divertente e utile rimanere davanti alla televisione, i cui meriti educativi superano gli immancabili demeriti e si ritiene che negare un’occupazione, sentita come piacevole, sia un modo per gettare sulla diversa attività proposta un’ombra di fastidio e di castigo)
2.Presentare il libro come una alternativa al fumetto (Non essendoci un rapporto di causa e effetto tra la passione per i fumetti e l’assenza di interesse per le buone letture, è evidente che tale interesse deve nascere da qualche altra parte, dove le radici dei fumetti non arrivano)
3.Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più (Non si può chiedere ai ragazzi di amare un passato che non è il loro)
4.Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni (Sono la società, la famiglia e la scuola a dover organizzare il tempo libero dei ragazzi, offrendo biblioteche ricche e invitanti…)
5. Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura (Dare la colpa ai bambini oltre che facile è comodo, perché serve a coprire le colpe proprie…Necessitano “divulgatori” di qualità, che sappiano suscitare la curiosità cognitiva dei ragazzi…)
6. Trasformare il libro in uno strumento di tortura (Determinati compiti assegnati dalla scuola, quali, per esempio: trascrivere pagine, riassumere, mandare a memoria, descrivere le illustrazioni, trasformano il libro in uno strumento di fatica, perché tali esercizi moltiplicano le difficoltà della lettura, anziché agevolarla e, così, non nasce il bisogno culturale della lettura)
7. Rifiutarsi di leggere al bambino (La voce di un genitore e dell’insegnante fa una funzione insostituibile. Necessitano pazienza e abilità: occorre saper leggere con espressione e con entusiasmo)
8. Non offrire una scelta sufficiente (È indispensabile l’allestimento di una bibliotechina personale, o collettiva, ricca e aggiornata)
9. Ordinare di leggere (La tecnica della lettura si può imparare “a scapaccioni”; ma l’amore per i buoni libri non è una tecnica, è qualcosa di più interiore e legato alla vita e non s’impara con le maniere drastiche e contestabilissime).
Che dire di più? L’immaginazione (o la fantasia, che è la stessa cosa) contribuisce in modo notevole a disinibire la mente, a farla uscire dagli schemi precostituiti, aprendo la strada alla creatività. Una grande lezione di quell’omegnese straordinario che fu il “maestro” Rodari.
Marco Travaglini
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