IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Un libercolo di tal Eric Gobetti (che intende minimizzare e persino giustificare le foibe) e adesso il solito, stantio manifesto di intellettuali, neppure troppo qualificati, volto a chiedere alle massime istituzioni italiane un ennesimo riconoscimento dei crimini di guerra commessi dall’Esercito italiano in Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale, appaiono due elementi di uno stesso, evidente disegno politico : quello di cercare di cancellare dal nostro calendario civile il Giorno del Ricordo, quel 10 febbraio (che sempre meno è oggi motivo di manifestazioni pubbliche), istituito nel 2004 per non dimenticare le foibe e l’esodo Giuliano – Dalmata e Fiumano
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Quaglieni con quella frase sfuggitagli dalla penna “violenza atroce di quelle genti” squalifica il suo argomentare. Non mi pare che Eric Gobetti neghi alcunché, ma reclami a ragion veduta lo studio degli eventi nelle loro cause e concause. Il Giorno del Ricordo dovrebbe servire, appunto, a ricordare, ma anche a capire, purché la ricerca non si fermi. Grazie a Gobetti e ad altri storici italiani, sloveni, croati, le vicende terribili del confine orientale italiano possono oggi meglio chiarirsi, a beneficio di una più ampia visione del periodo bellico. Anche lo sprezzante sostantivo “libercolo” con cui l’autore (o il rdattore, in linea con il pensiero dell’autore) liquida l’onesto volumetto di Gobetti tradisce l’intento di superare “il dramma di una storia lacerante”, non con lo studio e lo sforzo conoscitivo, ma “imbalsamando” le ben note sofferenze degli esuli e i tragici eventi bellici e postbellici: ci pare che qui si desideri “sterilizzare” quella storia rivestendola di tranquillizzanti momenti celebrativi. Ecco come qualcuno vorrebbe ridurre il 10 Febbraio a cerimonia d’apparato, tesa a ripulire la coscienza sporca degli italiani. I conti, insomma, non si chiudono: la storia va narrata di generaizone in generazione.
Piccola appendice: dare del nagazionista a Boris Pahor (senza, peraltro, citarne il nome) e implicitamente ad altri intellettuali appare come un poco simpatico esercizio dell’arte dell’insulto.