LE IMPRESE ROSA DEL PIEMONTE STANNO PAGANDO: a fine dicembre – 712 imprese rosa
Daniela Biolatto (Presidente Donna Impresa Confartigianato Piemonte):
“Le imprese rosa del Piemonte hanno bisogno di essere sostenute sul piano finanziario, attraverso l’erogazione di ristori veloci ed appropriati, e sul piano del welfare”
L’imprenditoria femminile del Piemonte sta pagando l’impatto negativo dovuto al Covid-19.
A fine dicembre 2020, secondo gli ultimi dati forniti da Unioncamere, le imprese femminili con sede in Piemonte ammontavano a 95.879 unità, in diminuzione rispetto alle 96.591 di fine 2019 (-712 imprese rosa).
In Piemonte a trainare il lavoro indipendente femminile artigiano sono 16.796 titolari di imprese individuali artigiane (dato relativo al II trimestre 2019). Insieme a socie e collaboratrici operano nella nostra Regione 31.995 donne d’impresa. Inoltre, il 48% delle imprenditrici artigiane piemontesi ha tra i 48 ed i 72 anni.
A livello nazionale, la classifica provinciale vede in testa Milano, con 18.151 imprenditrici, secondo posto per Torino (15.769), seguita da Roma (14.829).
Nelle province del Piemonte dopo Torino, con 15.769 imprenditrici, troviamo Cuneo (4.935), Alessandria (3.203), Novara (2.732), Asti (1.547), Biella (1.409), Vercelli (1.256) e Verbania (1.144).
Un focus di Confartigianato Imprese sull’imprenditoria femminile mette in evidenza come quasi il 70% delle 31.995 donne d’impresa operino proprio nei settori più esposti alla “crisi coronavirus”.
L’imprenditoria femminile artigiana è caratterizzata soprattutto da piccolissime imprese, spesso a gestione familiare, che hanno più difficoltà di resilienza rispetto a quelle guidate dai colleghi uomini. I settori in cui operano maggiormente le imprese artigiane rosa, infatti, sono tra quelli maggiormente colpiti dalla pandemia: un terzo delle imprese artigiane rosa lavora nella moda, settore che ha patito più di altri la cessazione degli eventi soprattutto quelli legati alla filiera del matrimonio, un’altra importante fetta opera nel benessere (acconciature e centri estetici), che sono stati tra i primi a chiudere nel primo lockdown e gli ultimi a riaprire, un’altra importante fetta dell’ imprenditoriale femminile è legata al turismo, settore che ha subito una flessione del 90%.
“La causa della flessione di imprese rosa che ha caratterizzato l’anno pandemico – afferma Daniela Biolatto, Presidente Donna Impresa di Confartigianato Piemonte – è da ricercare anche nella scarsa attenzione che l’imprenditrice donna riceve in termini di welfare, sulla mancanza di investimenti che potrebbero giovare alle donne che lavorano, come ad esempio gli asili nido. In una parola l’imprenditoria femminile è costretta ancora oggi a fare dei veri e propri tour de force per poter coniugare il lavoro, la famiglia e i figli, che in questo anno di pandemia sono stati spesso seguiti da casa con la DAD. La crisi sanitaria ha messo in luce il problema atavico per le donne che fanno impresa, ossia la conciliazione vita-lavoro. Ma le difficoltà vanno ricercate anche sul fronte lavorativo, come ad esempio l’accesso al credito.”
A livello nazionale, secondo l’ultimo rapporto di Unioncamere, le imprese femminili si sono viste rifiutare l’8% delle domande di finanziamento rispetto al 4% delle imprese guidate da uomini.
“In questa fase le imprese rosa del Piemonte – conclude Biolatto – hanno bisogno di essere sostenute sia sul piano finanziario attraverso l’erogazione di ristori tanto veloci quanto appropriati, sia sul piano del welfare attraverso iniziative volte a migliorare la qualità della vita delle donne imprenditrici, come l’implementazione di servizi capaci di andare incontro alle esigenze al femminile. Voglio inoltre ricordare che l’investimento pubblico rivolto alle donne che lavorano ritorna sia in termini di PIL che in posti di lavoro che si creano”.
Le donne italiane sono anche tra le più intraprendenti d’Europa, ma il nostro Paese è agli ultimi posti nell’UE per l’occupazione femminile e le condizioni per conciliare lavoro e famiglia.
Le imprenditrici offrono un rilevante contributo alla ricchezza nazionale: si attesta, infatti, a 290,3 miliardi di euro il valore aggiunto prodotto dalle imprese guidate da donne. A questa cifra si aggiungono i 219,1 miliardi realizzato dalle lavoratrici dipendenti in imprese maschili. Se nelle attività indipendenti le donne italiane primeggiano in Europa, il nostro Paese rimane ultimo nell’UE per il tasso di occupazione femminile. Le imprenditrici devono fare i conti con un welfare che non aiuta le donne italiane a conciliare il lavoro con la cura della famiglia.
L’Osservatorio di Confartigianato Imprese mette in luce come la spesa pubblica italiana sia fortemente sbilanciata sul fronte delle pensioni e della spesa sanitaria per anziani mentre quella per le famiglie e i giovani si ferma a 26,9 miliardi, pari al 3,2% della spesa totale della PA (rispetto al 3,8% della media UE) e all’1,6% del Pil (rispetto all’1,7% della media UE). Percentuali che collocano l’Italia rispettivamente al 18° posto e al 15° posto tra i Paesi europei.
Tutto ciò si riflette sull’occupazione femminile e sulle condizioni per conciliare lavoro e famiglia: Confartigianato Imprese rileva infatti che il nostro Paese rimane ultimo nell’UE per il tasso di occupazione delle donne tra 15 e 64 anni: nel 2018 si attestava al 49,5% a fronte di una media del 63,3% nell’UE a 28. Fa peggio di noi soltanto la Grecia, con un tasso di occupazione delle donne tra 15 e 64 anni del 45,3%. Per giunta siamo ben lontani dal primato della Svezia (76%).
Per supplire alle carenze dei servizi pubblici, le donne si caricano di una notevole mole di impegni, tra cura della famiglia e attività domestiche, cui dedicano in media 3 ore e 45 minuti al giorno di lavoro non retribuito, pari ad un valore complessivo annuo di 100,2 miliardi di euro, di cui 18,5 miliardi attribuibile alle imprenditrici e 81,7 miliardi alle lavoratrici dipendenti. Il valore del lavoro non retribuito delle lavoratrici artigiane autonome è pari a 3,7 miliardi.
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