Milano – Reale Mutua Basket Torino 65 -63: squadra sull’orlo di una crisi di nervi

Il basket visto a distanza

Una sconfitta senza attenuanti. Così come si ignora il vantaggio quando manca un forte giocatore avversario, così deve essere quando capita ai propri colori. Cappelletti resta a casa, fermato per le note ragioni del periodo assurdo in cui viviamo, e quindi largo alle seconde linee, che tali sono e tali restano. Torino ha perso all’ultimo secondo, e poteva vincere con l’ultimo tiro, ma la cosa più grave è che sta perdendo la testa, sia della classifica, ormai lontana, sia nella conduzione del gruppo.

Non ci si può affidare a Penna e Bushati per risalire la china, perché non è il loro compito e non è nelle loro capacità fare la differenza. Clarke è un’incognita, sembra quasi giocare con timore di sbagliare e quindi non agisce perché forse teme che al primo errore ci sia un urlo e al secondo ci sia la panchina, oppure, ancora peggio, pensi ad altro o ad andare via.
Pinkins sembra l’ombra di quello che era l’altr’anno. Da ottimo giocatore, sempre di “A2” si intenda, però concreto ed efficace si è trasformato in poco o nulla in ambito realizzativo e nascosto in gran parte della partita. Alibegovic segna anche da metà campo quando non è sotto pressione ma poi non riesce ad essere concreto nell’arco di tutta la partita.
Toscano è un’incognita ulteriore e da gran lottatore e tiratore di triple piazzate si sta trasformando in qualcosa di poco comprensibile.
L’unica nota positiva è solo Ousmane Diop, che è pronto per il salto verso una categoria più alta e con qualcuno in grado di valorizzarlo. Fisico e potenza sono nulla se il controllo è troppo esagerato. Potrebbe e dovrebbe schiacciare, tirare da tre, stoppare, tirare giù rimbalzi ma agisce facendo il “compitino” che gli permette comunque di dominare sempre avversari e garantire almeno 20 punti a partita. A briglia sciolta potrebbe diventare un ottimo giocatore.
E’ evidente che sembra un disastro, eppure si è perso solo all’ultimo secondo e senza il play titolare!!! Cosa vuol dire? Che il livello è talmente basso che con un minimo di sforzo in più, soprattutto nella ricerca di tranquillità e serenità che sembra ampiamente mancare, si potrebbe vincere facile.
E’ nella mentalità del perdente essere sempre arrabbiati, sempre irati e pronti ad avercela con qualcuno. Qui non si tratta se e come si possa fare qualcosa. E’ evidente che il difetto è nel manico, di chi da sempre gestisce livelli buoni ma non ottimi di basket e che non è in grado di fare il salto verso l’olimpo della mentalità eccelsa. Se tutti sono forti, se tutti sono bravi, se gli altri sono sempre meglio… insomma se non si valorizza il proprio talento ma lo si soggioga al contenimento degli avversari, la strada si fa dura.
Basket Torino ha la squadra migliore dell’A2, a me piace chiamarla così … . Non lo dimostra perché gioca contratta e quando arriva punto a punto perde. Altrimenti, quando vince, è un massacro a nostro favore con partite stravinte. E’ la testa a fare la differenza. Non si vince solo partendo dalla difesa, e una squadra come Torino con tanti attaccanti dovrebbe fare paura più che avere lei timore degli altri. E invece no, e si perde. Non solo nel punteggio, ma soprattutto nel cuore dei pochi e fedeli rimasti tifosi dei colori gialloblù della Torino del basket. Le sconfitte passano ma le delusioni restano.
Minuti di antibasket come quelli sofferti e vissuti ieri sarebbe bene auspicarsi di non vederli più. Solo a titolo di esempio si è visto concretizzare un punteggio da 47 – 40 per noi a 47 – 48 per loro e si può ipotizzare in un periodo di tempo molto breve, non certo una decina di azioni senza un canestro realizzato (almeno da una parte e qualcosina di più dall’altra). Sembra quasi far dubitare che ci si alleni in settimana per poi realizzare uno scempio del genere in partita. Ma è la tensione nervosa e la non tranquillità sicuramente la ragione principale di tale situazione.
E’ ora di dare una scossa: positiva energia per rilanciarsi oppure debàcle mentale e campionato mediocre. Ai “poster” l’ardua sentenza.

Paolo Michieletto

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