Difficile essere quel che non si è. La lezione di Pavese

Accadde in agosto 

LA MORTE DI CESARE PAVESE, 27 AGOSTO 1950

E Cesare perduto nella pioggia sta aspettando da
tre ore il suo amore, la ballerina. Quel Cesare è Cesare Pavese, studente liceale innamorato della cantante di avanspettacolo.

Sfido molti torinesi nel conoscere
il Cinema Alcione. Corso Regina angolo Porta Palazzo.

Oltre il film l’ avanspettacolo. Siamo tra le due guerre.

Un altro mondo. E il suo ritorno dal confino, accolto
dal suo Amico Sturani a Porta Nuova. “Come sta?”
“Si è sposata”. La donna dalla voce rauca.

Per coprire lei aveva fatto il confino in Calabria.
Non aveva avuto la forza fino in fondo preferendo
nascondersi e non fare il partigiano. Rimediando una sberla da mamma Pajetta che non gli aveva perdonato la sua vilta’ . Il figlio Gaspare ucciso a 17 anni, spronato da Pavese, diventato partigiano. O il suo ultimo amore per l’ attrice americana. Delusione cocente e preludio al suicidio. Con le donne non ha pace. Alla giovane Fernanda Pivano propone di sposarlo, senza successo. Cesare non è solo frustrazione, è anche ricerca della libertà.

Tesi di laurea su  Walt Whitman in una università
fascistizzata che considerava la letteratura americana una sottospecie.

Laureato a pieni voti. Si capisce la formazione
etica di Augusto Monti al liceo Massimo d’ Azeglio.
Infaticabile direttore letterario della casa Editrice
Einaudi. La spola tra Torino e Roma con Giulio
Einaudi che non lo pagava. Inventore dell’io narrante, immedesimarsi nel raccontare.

Conoscitore della psicologia femminile come in “Tra donne sole”. Dove chi racconta é una donna. Meticoloso. Sveglia alle 5 e tre ore di scrittura. Poi dalle 8, 30 in via Biancamano fino alle 10 di sera.

Altro pregio di Cesare: grande camminatore.
Conosceva tutte le vie di Torino e le sue colline.

Iscritto al Pci per 5 anni. Suicidandosi aveva messo
sul tavolino in bella mostra le 5 tessere. Lui che
diceva: non andiamo verso il popolo, noi siamo il
popolo. Lui che non aveva avuto la forza e il coraggio di essere partigiano ed in fondo si era fatto il confino solo per amore di una donna che non lo aveva amato.

Lui che si portava dietro il rimorso di quelle non
scelte. Davide Lajolo racconta di quella prima lunga
e notturna passeggiata per le colline torinesi. Partiti
da Corso Valdocco sede dell’ Unità.

Lapidario, Cesare: sono una vigna troppo concimata. 37 anni e l’ euforia della liberazione azzerata. Gli anni del dopoguerra estremamente prolifici.

I suoi romanzi tradotti in tutte le lingue,
persino in giapponese. Vuol significare una
universalità nel suo scrivere. Non doveva essere
semplice portare le colline di Langa e le quadrate
strade sabaude oltre gli oceani. Lui ci è riuscito.
Ci è riuscito, ma sempre con questo suo male di
vivere. Tutti ma proprio tutti della mia generazione l’hanno amato. E probabilmente Umberto Eco è stato con lui ingeneroso. Ha sostenuto: chi non ha amato Pavese in adolescenza o da liceale?

Formalmente un grande scrittore.

Sui contenuti, provinciale, e amato
quando si era giovani. Tanto giovani. Ingeneroso
ma concreto giudizio.

In Cesare Pavese qualcosa di radicalmente
incompiuto. Attorniato da intellettuali come Massimo Mila azionista e partigiano. Sopraffatto dal doloreper la morte di Leone Ginzburg, con la
sua imperizia ed impreparazione aveva trovato la
morte sulle montagne del Pinerolese. O
Bolaffi giovanissimo partigiano e dopo adepto della
casa Editrice Einaudi.

Pavese si era costruito dei raffronti da dove ne è uscito sconfitto. Come l’ incontro con il suo ultimo amore sul set di Riso Amaro. Anche qui sconfitto nel confronto con Raf Vallone. Partigiano, affermato giocatore dicalcio. Giornalista dell’ Unità, dunque comunista. In Pavese, diciamocela fino in fondo, ci si riconosce in questo eterno cercare di essere e poi arrendersi a quello che realmente si è.

Gli ardenti ardori giovanili, quando il dover cambiare il mondo era un imperativo categorico. Ma chi nasce tondo non muore quadrato. Il suicidio ha fatto il resto.

Ha suggellato tragicamente questa sua impotenza
esistenziale. Questa sua, in fondo, incapacità
di vivere. Ottimo romanziere. Qualche dubbio
sull’ essere un esempio. Un punto di riferimento
esistenziale. Ha saputo rappresentare in mondo
che non c’ è più e soprattutto che non può e (forse)
che non deve ritornare.

 

Patrizio Tosetto

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