Parole rosse / Di Roberto Placido
E’ proprio il caso di dirlo, è lo specchio dei tempi. La continua riduzione del personale, la superficialità e la minore attenzione ai particolari, l’affidarsi sempre di più all’automazione, in molti casi, fanno il resto. Dovevo capirlo ad inizio dicembre quando avevo avuto un segnale anticipatore. Per cambiare la batteria della Fiat 500L di mia moglie Alessandra andai da Angelo, l’elettrauto di Largo Borgaro a Torino, dove da molti anni, batteria a parte, nel mese di dicembre passo a prendere il calendario dell’anno nuovo. Un ricordo degli anni passati che affonda nella mia infanzia, di quando avevo sei-sette anni a Rionero in Vulture il mio paese natio, da garzone di Salone da Barbiere con i romantici calendari da tasca, profumati e con le donne, quasi, nude. Allora peccaminose, oggi sarebbero educande castigatissime. La prima occasione ci ritornerò con un articolo dedicato.
Tornando al calendario di Angelo l’elettrauto, cambiata la batteria, due battute sulla situazione politica ed economica e mi offre il calendario, uno di quelli anonimi con i giorni ed i numeri neri e le domeniche in rosso. Gli chiedo il “solito” calendario, quello del 2019 fa, ancora per pochi giorni, bella mostra nel mio garage, ma lui con grande imbarazzo mi risponde che quest’anno non li ha fatti. Alla mia domanda sul come mai ed alla battuta di uno dei clienti presenti, “sono tutti finocchi oramai”, politicamente scorretta ma normale in un quartiere popolare come Madonna di Campagna, mi rispose: non li prendevano più, si vergognano. Così con un po’ di tristezza prendo l’auto e vado via. Dimenticato il fatto a metà di questo mese vado all’ufficio de La Stampa per rinnovare l’abbonamento al quotidiano. Intestato a mio nome in realtà è per mia Madre. A quasi novantadue anni le sono rimaste poche certezze nella vita, a parte i figli ed i nipoti, il suo essere comunista, cattolica, juventina, sigh!, e lettrice de La Stampa. Oramai non solo informazione ma compagnia quotidiana immancabile al mattino, al Bar sotto casa, con cappuccino, croissant e il “suo” giornale. Dopo avere pagato prendo uno dei calendari distribuiti gratuitamente.
Lo faccio con piacere avendo il logo e la sigla di una delle ”istituzioni” de La Stampa e di Torino e cioè di Specchio dei Tempi. Vado da mia Madre, la informo che per il giornale è tutto a posto e gli lascio il calendario. Anzi glie lo sistemo al suo posto in cucina ed il pensiero va ai calendari dei decenni passati, Frate Indovino, il Barbanera. Questo di Specchio dei Tempi, un po’ meno fantasioso e colorato ma funzionale, lineare, con ai lati il mese precedente e quello successivo. Il giorno dopo passo a salutarla e mi dice: vabbè che sono vecchia e sto perdendo la memoria, ma non sono ancora rincoglionita! Le chiedo lumi e mi indica il calendario. Mi avvicino allo stesso ed incomincio a leggerlo con attenzione per scoprire, sempre più incredulo, che diversi giorni di quasi tutti i mesi , si salvano solo giugno e dicembre, erano sbagliati. Si inizia subito male a gennaio dove da venerdì 3 si passa a mercoledì 4 e giovedì 5 e di seguito fino a domenica 15 per riprendere, correttamente, giovedì 16 e ricadere il 19 con giovedì invece che domenica. Il mese di gennaio finisce poi il 30, lunedì, quando invece termina il 31 venerdì. E così più o meno gli altri mesi con il massimo a Febbraio, errori a parte, dove il mese invece che 29 giorni arriva a 31, sabato.
Sperando che questo 2020 non sia anno bisesto anno funesto ma, non saprei come chiamarlo, il 2020, con febbraio con 31 giorni: che sia un anno speciale. Senza nulla togliere all’opera meritoria e straordinaria della Fondazione di Specchio dei Tempi, alla sua azione eccezionale a sostegno degli anziani, con le tredicesime, dei bisognosi ed in occasione di tragedie e calamità naturali , con la capacità di raccogliere la generosità dei torinesi e dei piemontesi ed in verità di tutto il paese, un errore così non me l’aspettavo. Usando i classici luoghi comuni, non ci sono più le stagioni di una volta, si stava meglio quando si stava peggio e così via ,… non ci sono più i calendari di una volta. Il piacere di fare gli auguri, però, rimane sempre lo stesso, Buon Anno a tutti.
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