La politica italiana continua ad oscillare e mai come in questo momento è chiamata a sciogliere un nodo apparentemente inestricabile ma comunque molto semplice. E cioè, si tratta di capire – soprattutto sul versante della sinistra e del centro sinistra – se si vuole continuare ad inseguire le mode, sempre in agguato ma incerte sul loro destino, o se, al contrario, si ha il coraggio e la volontà di riscoprire e riaggiornare le tradizionali culture politiche per condizionare e orientare le scelte politiche decisive per il bene del nostro paese. Un bivio di fronte al quale prima o poi occorrerà scegliere una strada. Netta e chiara. Sotto questo versante il dibattito attorno alla prospettiva del movimento/partito delle “sardine” e’ quantomai importante e significativo. Innanzitutto perché le sardine, collocandosi nel campo della sinistra e dell’estrema sinistra, sono un interlocutore essenziale di questo campo politico. In secondo luogo perché, almeno per il momento, rifiutano di darsi una organizzazione di partito, con un pensiero definito e una cultura politica di riferimento. Ma, prima o poi, e come tutti sanno, si tratta di nodi che andranno sciolti. Fuorche’ si pensi di svolgere un ruolo puramente testimoniale ma politicamente impotente, com’è concretamente capitato per altri movimenti di piazza di sinistra del passato. Dai girotondini al popolo viola e via discorrendo.
Ma, al di là di questo elemento, quello che mi preme sottolineare e’ la scelta di fondo che, almeno per le forze e i partiti di centro sinistra, sono chiamate a fare nei prossimi mesi. E cioè, per capirci meglio, dobbiamo continuare ad inseguire tutte le mode che di volta in volta dominano la scena pubblica oppure c’e’ ancora la forza e la volontà di di tradurre, nella società contemporanea e non solo nei desideri di alcuni nostalgici, le storiche culture politiche?. Riformiste e costituzionali? Questa è la domanda di fondo, almeno a mio parere, per non trasformare definitivamente la politica in una sorta di politica liquida in una società già di per se’ liquida e cronicamente frammentata. Certo, senza nostalgie e senza limitarsi sempre e solo a rimpiangere ciò che ci ha preceduto. Ma la questione non si può non porre anche perché noi veniamo da una lunga stagione dove ha prevalso, irresponsabilmente, la cultura “dell’anno zero”. Ovvero, la volontà di azzerare tutto ciò che era riconducibile al passato. Dal “vaffaday” di Grillo con insulti a destra e a manca con l’obiettivo, sbandierato e dichiarato per anni, di radere al suolo tutto ciò che sapeva anche solo lontanamente di passato alla “rottamazione” di Renzi che, per un preciso disegno di potere, perseguiva l’obiettivo di cacciare politicamente tutti coloro che ostacolavano il suo progetto. Per non parlare di tutti i tentativi, prevalentemente a sinistra, di cavalcare la piazza per delegittimare gli attori politici presenti in quel momento. E, su questo versante, molto dipenderà da come concretamente il Partito democratico reagirà. Sotto il profilo politico e anche sotto il profilo culturale. E cioè, sarà decisivo sapere se questo partito vorrà riaffermare sino in fondo la sua cifra “plurale” o se, al contrario, si ridurrà ad inseguire la vulgata delle mode che, come tutti ben spaiamo, sono sempre aleatorie ed effimere. Come la concreta esperienza ci ha insegnato in questi ultimi anni. Ed è proprio qui che si inserisce attivamente il capitolo delle culture politiche. A cominciare dalla tradizione popolare e cattolico democratica a quella della sinistra riformista e democratica; da quella liberal democratica a quella ambientalista. Insomma, tocchera’ ai partiti, a cominciare proprio dal Partito democratico ma non solo, assumere una iniziativa politica concreta e netta. E cioè, se il profilo e l’identità di un partito, e quindi anche di una coalizione, viene appaltata di fatto alla piazza e ai sussulti quotidiani dell’opinione pubblica oppure se, al contrario, saranno il frutto di una elaborazione e di un progetto che partono dalle culture politiche e non solo dagli slogan propagandistici e demagogici del momento. E’ una scelta politica che si deve fare. Al di là della propaganda e delle battute ad effetto. E anche al di là del mito della piazza urlante.
Giorgio Merlo
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