Focus internazionale / di Filippo Re
Porto Said, 17 novembre 1869: Alì Pascia, vicerè d’Egitto, apre con una solenne cerimonia il Canale di Suez. Quel giorno l’Africa divenne un’isola. Sono passati 150 anni da quando fu inaugurata una delle opere di ingegneria più audaci e grandiose della storia che separò due continenti e unì due mari, il Mediterraneo e il Mar Rosso collegando Suez e Port Said.
Da quel 17 novembre le navi commerciali non furono più costrette a circumnavigare l’Africa accorciando notevolmente i tempi di viaggio e di consegna delle merci. Mostre e convegni, ovunque nel mondo, ripercorrono, alla vigilia dell’anniversario, le tappe salienti della gigantesca opera della seconda metà dell’Ottocento. Tutto lodevole ma con una grave lacuna. Poco o nulla è emerso sul fondamentale contributo degli italiani alla realizzazione del Canale. Cavour, Negrelli, Paleocapa, dove li mettiamo? Ignorati o quasi nelle esposizioni allestite in varie città europee. Cavour comprese subito l’importanza economica e strategica dell’istmo nello scenario geopolitico mondiale. È vero che l’apporto maggiore è stato dato dai francesi ma come si può trascurare il ruolo determinante svolto da Cavour e dagli ingegneri Negrelli e Paleocapa? A realizzare l’opera sono stati i francesi della Compagnia del canale marittimo di Suez diretta da Ferdinand de Lesseps ma su progetto dell’ingegnere trentino Luigi Negrelli. Come dimenticare il sostegno dato da Cavour e dall’ingegner Pietro Paleocapa, responsabile della commissione scientifica incaricata dello scavo e grande esperto nelle infrastrutture di trasporto. Entrambi si impegnarono attivamente per far partire i cantieri dell’opera. Ministro dei lavori pubblici nel governo di Camillo Benso, conte di Cavour, Paleocapa contribuì allo sviluppo della rete stradale e ferroviaria del Regno di Sardegna e alla progettazione del traforo del Fréjus. Non fece in tempo a vedere l’apertura del canale di Suez: morì a Torino pochi mesi prima dell’inaugurazione e la città lo ricorda con una statua al centro di piazza Paleocapa (troppo spesso vittima di vandali e dell’incuria) e con un busto nell’atrio della vicina Porta Nuova. Nei lavori del canale, che a quel tempo era lungo 164 chilometri, largo 53 metri e profondo 8, furono impiegati migliaia di manovali (molti morirono per la fatica e le malattie) tra i quali molti cavatori e scalpellini piemontesi.
Ci vollero dieci anni di lavori per tagliare la terraferma tra Suez e Porto Said e unire il Mediterraneo all’Oceano Indiano evitando così il periplo del continente africano. Oggi il canale è molto diverso da quello inaugurato 150 anni fa. É lungo 193 chilometri, largo 220 metri, profondo una ventina di metri e permette il passaggio di grandi navi e petroliere. È talmente importante e centrale nella politica egiziana e negli equilibri mediterranei che il presidente Al Sisi lo ha raddoppiato in alcuni tratti trasformandolo in un’autostrada del mare. Nel 2015, dopo un anno di lavori, è stata aperta una seconda corsia di navigazione lunga 35 km, parallela allo storico canale, che consente ogni giorno il passaggio di quasi 100 navi, il doppio di prima, e nel solo 2015 ha infilato nelle casse dell’Egitto oltre 5 miliardi di dollari che tra qualche anno saliranno a 13 miliardi.
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE