Al Carignano, repliche sino al 21 luglio
Per il secondo finale di stagione, lodevolissimo quanto piacevole appuntamento al Carignano. Ovvero quel Prato inglese che vede, al riparo delle calure estive, la sala riporre in magazzino buona parte delle poltrone di platea e venir occupata da un soffice manto verde che quest’anno ospita La bisbetica domata e Otello (fino al 21 luglio, a sere alterne), emblemi dei versanti divertente e tragico del mondo shakespeariano, e altresì si prende il merito di formare pressoché un corpo unico tra scena e spettatore. Non solo per gli ammiccamenti e per i piccoli dialoghi che qualche attore instaura con qualcuno tra il pubblico, gli a parte come se fossero dirette confessioni, ma pure per quel coinvolgimento assai più concreto che si viene a creare, di partecipazione e di sentimenti condivisi.
In una sorta di soffocante bric-à-brac che invade le sponde, e non soltanto, del nuovo esteso palcoscenico, poltrone scalcagnate, letti, coperte polverose, bambole, altarini, slot machine, seggiole, fiori di carta, cassette per l’acqua a fare da sedili, lampade e lampadari (le scene sono di Gregorio Zurla, i costumi di Alessio Rosati), il primo titolo vede la guida di Elena Gigliotti, che agguanta con una buona dose di dinamismo il caratteraccio di Caterina e la sua sfrontatezza – laddove Alice Spisa si fa in quattro per l’energia che butta nel personaggio, senza risparmio -, la voglia di libertà e la resa ai modi rudi di Petruccio, non tanto innamorato pazzo quanto più sbruffone assai simile ai montanari di 7 spose per 7 fratelli – con il difetto in Damien Escudier di non lasciar avvertire le tappe dei suoi mutamenti, di burbero matricolato prima e di caramelloso poi –, per sfilacciare il tutto con brani musicali e balletti che devono aver dato un gran da fare alla coreografa Claudia Monti. È chiaro che “l’essenza e lo spirito del Bardo” non vengono traditi, ma la sensazione è quella di vedere del tutto appannata la centralità della vicenda. Ben altrimenti corposo Otello, affidato alla regia di Marco Lorenzi, una Venezia che si confonde con le postazioni per il trucco degli attori, una scritta sul fondo ad indicare il cuore della tragedia, “io non sono quello che sembro”, un biglietto da visita che denuncia l’essere e l’apparire e che offre le subdole credenziali di Iago come quelle disperate del Moro.
E poi Cipro, che è una grande scritta luminosa (le scene ancora di Gregorio Zurla, i costumi, azzeccatissimi tra l’attualità e le preziose stoffe rinascimentali, ancora di Alessio Rosati), dietro cui si consumano false amicizie e sospetti, tradimenti e brutali assassinii. L’innamoramento di una ragazza per il suo eroe e di questi per lei e per la sua purezza, l’infamia di quell’anima del male che è Iago, ebbro di ragionamenti e di crudeltà sussurrate all’orecchio, la povera Emilia trascinata in un gioco più grande di lei, Cassio e Roderigo…: sotto ogni azione, ogni meccanismo che porta al male, all’ombra di ogni personaggio rimane ben saldo il rispetto del testo, il cammino della tragicità avanza in un crescendo sempre condotto con grande padronanza, lo sfruttamento degli spazi è eccellente e la carneficina finale chiude un progetto che avrebbe potuto trovare a ragione un suo spazio nel cartellone principale dello Stabile torinese.
Con differenti mezzi e meriti, undici attori intorno ai trenta si dividono i ruoli nella doppia serata, mettendo in campo tutta la loro agile e spericolata giovinezza e dando la certezza di saper affrontare qualsiasi registro con un buon carico di padronanza. Escudier risolve positivamente il suo Otello, Camilla Nigro è Bianca e soprattutto una Desdemona perfetta nei sentimenti d’amore e nell’incredulità che l’accompagna al letto di morte, Barbara Mazzi è la Vedova e in primo luogo Emilia, Angelo Tronca uno Iago da tener d’occhio, freddo distruttore delle esistenze altrui, Marcello Spinetta, all’interno della Bisbetica, si gioca con straordinaria bravura tre ruoli, Alice Spisa si ritaglia ancora – e con grande estro – il breve ruolo di Bianca nella vicenda del Moro. Con i loro compagni a ricevere i tanti applausi che il pubblico del Carignano, divertito e attento, ha voluto loro tributare.
Elio Rabbione
Le foto degli spettacoli sono di Laila Pozzo; nell’ordine, due momenti della “Bisbetica domata” (Alice Spisa e Damien Escudier come Caterina e Petruccio) e due tratti dall’”Otello” (ancora Damien Escudier che è Otello, Angelo Tronca Iago e Camilla Nigro Desdemona; Camilla Nigro e Michele Schiano di Cola che è Cassio)
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